Napoli. Presso la Galleria Al Blu di Prussia di Napoli, dal 25 marzo al 30 settembre, sarà possibile visitare la mostra di Matteo Pugliese intitolata “Custodi di Fuoco” a cura di Maria Savarese.
La galleria si allarga in un compiacente e metafisico gioco di specchi e, fra le opere di Matteo Pugliese, la tenacia della forza fisica s’impone, progetta d’avanzare oltre ogni limite e sembra scivolare sulle onde armoniche dell’universo. Tutta la potenza di una spiritualità mai persa, riemersa dall’informe cui sembra avere abdicato da tempo, vince ogni resistenza e si materializza dal piano, mentre la terza dimensione l’invita ad esprimersi, determinata, in ogni guizzo dei muscoli che si inturgidiscono nello sforzo, complice una materia grezza, trattata con amore e rigore. Ingiunge silenzio, rispetto, per il momento dell’atto sacro del rendersi libero da vincoli coercitivi, irriguardosi e blasfemi.
È come assistere al miracolo della vita che dirompe, come in un parto, e si mostra fiera di se stessa. Nessuno potrà più calpestare, ignorare, irridere un’umanità tanto forte, forse anche tanto inconsapevolmente cosciente della scintilla di divino che le conferisce autorevolezza e le consegna lo scettro di una potestas caduta in disuso.
La materia matrigna da cui affrancarsi è, al contempo, maieuta di una libertà inimmaginabile sotto altri cieli. Solo la forza di una catena che stringe può fare emergere in noi la potenza mortificata, insabbiata da un quotidiano tanto più perverso quanto più tecnologicamente evoluto. Leggo la materia delle opere Extra Moenia come “verbo” che si protende alla sintesi di corpo e anima, in una dialettica elegante e potente insieme nell’affrancarsi dalla prigionia.
Ma, ancor di più, mi emoziona, in “Aurus”, la presa di coscienza di una vittoria compiuta. Non più la rabbia, il dolore, il terrore di soccombere, ma una fronte alta, le mani aperte verso l’altro, un’espressione quasi rassicurante. La battaglia diventa, così, non l’apoteosi di una solitudine dolorosa e invincibile insieme, ma azione che cela una coralità di intenti. La possibilità di salvarsi tutti.
Lo spazio che ci accompagna alle opere “Extra Moenia” si snoda fra le ali dei Custodi e degli Scarabei. Quella che mi è sembrata, d’impatto, un’azzardata combinazione ha poi svelato, intanto che le distanze, fra noi, si accorciavano, la sottile trama che, ai miei occhi, si infittiva. La dignitosa, potente, strutturata – di abiti, colori ed ornamenti – figura del Custode, declinato in colori e fogge di opulenta bellezza, in che rapporto era con lo stridor di denti di qualche opera più in là? Cosa viene prima? Il Samurai con la sua autorevole compostezza sconvolta, poi, dal tumulto che contraddistingue il vivere umano, oppure il contrario? E dal tumulto delle passioni e della ribellione ad un immobilismo politically correct, giunti infine a riveder le stelle, si può approdare alla mirabile imperturbabilità di un Custode?
Qual è la corsia di marcia di una ri-nascita, di una resurrezione? Il pezzo mancante, lo svincolo, si cela, forse, nelle forme di una bellezza un po’ inquietante, degli elegantissimi Scarabei che si affrontano con i Custodi. Sarà un caso che nell’antico Egitto il nome dello scarabeo, a loro sacro, fosse Kheperer, simile a quello del dio Khepri, Sole che nasce dalla Terra?
E in questa comunione feconda fra una materialità mai scissa dalla spiritualità più incisiva, alleanza inusitata secondo i clichè più stantii, sembra manifestarsi l’armonia di una corrispondenza d’amorosi sensi e si diventa tutt’uno, a volte, con l’opera che hai di fronte.
Quella è la volta che Arte e Uomo si riconoscono ed è sublime.
Un incantevole presentazione che invita alla partecipazione e attivamente coinvolge il lato emotivo del visitatore
Un’incantevole presentazione che invita alla partecipazione e attivamente coinvolge il lato emotivo del visitatore
Ottimo articolo!
Difficile descrivere così bene una sensazione, un’emozione! Questo coinvolgente articolo è capace di trasportarci con la sola forza delle parole all’interno della mostra, incuriosendo il lettore e accompagnando il visitatore. La forza, quella della materia che dirompe nello spazio espositivo e quella espressiva che, in modo magistrale, ci invita a guardare oltre le apparenze e a riflettere, perdendosi nella bellezza dell’arte.