Reggio Calabria. I Bronzi di Riace hanno infiammato l’opinione pubblica a partire dal loro ritrovamento avvenuto il 16 agosto 1972 sul fondo del Mar Ionio nel territorio di Riace Marina. La denuncia ufficiale, sporta dal sub romano Stefano Mariottini, avvenne il giorno successivo alla scoperta sollevando i primi sospetti: dal momento del rinvenimento fino al recupero vero e proprio delle opere d’arte, infatti, alcune parti importanti dei Bronzi sarebbero state trafugate con il fine di venderle, ci riferiamo in modo particolare agli elmi e agli scudi di cui senza dubbio i Bronzi erano provvisti in epoca antica. Un’inchiesta giornalistica del 2007 ha cercato di far luce sull’accaduto gettando il seme per le indagini effettuate dal Ministero per i Beni Culturali e la Procura di Locri in sinergia con i Carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale di Cosenza.
Ma come sono giunti fino a noi questi due eroi guerrieri avvolti da una coltre di mistero? Qual è la loro origine?
È probabile che il viaggio delle due statue abbia avuto inizio migliaia di anni fa come ospiti di un veliero che cercava di districarsi tra le onde di un mare in tempesta, ovvero lo Ionio. Presumibilmente una parte consistente dei bagagli a bordo sarà finita in mare ma di certo nel novero dei beni presenti i Bronzi avevano un pregio particolare. Naturalmente, ricostruire l’iter del veliero è impossibile anche se nel corso dei secoli la mente umana ha lavorato di fantasia elargendo le ipotesi più interessanti. L’unica certezza è data appunto dal naufragio verificatosi a poche centinaia di metri dal luogo del ritrovamento. È probabile che il carico più pesante, costituito appunto dai Bronzi, venne gettato in mare: si ipotizza una sorta di offerta votiva per ingraziarsi la benevolenza delle divinità nel disperato tentativo dell’equipaggio di salvarsi la vita.
La maestosa bellezza dinanzi a cui ci si trova quando si ammirano i Bronzi tiene conto dell’opera nella sua interezza ma è giusto concentrarsi, seppur velocemente, su alcuni dettagli per così dire tecnici. Solitamente si tende a denominarli come A e B ma anche come il Giovane e il Vecchio facendo leva appunto sulle loro caratteristiche fisiognomiche. Le pose e la gestualità appaiono analoghe in entrambi ma osservandoli con maggiore attenzione si notano delle differenze. La statura del Giovane è di 1,98 cm mentre quella del Vecchio è di 1,97 cm. Il loro peso al momento del ritrovamento si aggirava intorno ai 400 kg mentre ora, in seguito allo svuotamento interno, si aggira intorno ai 160 kg. Lo schema figurativo delle statue è simile e grazie alla posizione dei loro arti si viene a creare una sorta di struttura incrociata definita “chiastica” in scultura.
Ciò che appare più sbalorditivo a noi contemporanei è sicuramente la raffinatezza scultorea oltre ad un’approfondita conoscenza dell’anatomia umana nonostante si stia parlando di circa 2500 anni fa.
Senza soffermarsi eccessivamente sui dettagli fisici, è bene sottolineare che i copricapi e la capigliatura stessa di entrambe le statue denotano in modo inequivocabile le loro origini greche, con chiari rimandi allo stile e al gusto del periodo aureo della civiltà classica: il V secolo a.C. Lo stesso procedimento utilizzato per realizzare le statue bronzee è rimasto pressoché invariato nel corso dei secoli come conferma il modello realizzato tramite tecnica diretta o indiretta, la differenza sostanziale era data dalla base di partenza che poteva essere l’argilla o la cera.
Ignoto appare anche l’autore dei due capolavori greci così come lo scopo che portò alla loro realizzazione: attraverso indagini filologiche ma anche mediante l’archeometria si è tentato di interrogare le statue nella speranza che le analisi potessero ottenere qualche risposta. Ed effettivamente qualche riscontro c’è stato. Si tratterebbe di due fratelli – qualcuno ha ipotizzato che fossero riproduzioni fedeli di Castore e Polluce – ma l’età “anagrafica” dei due sarebbe differente – circa 30 anni di differenza – pur essendo entrambi figli del V secolo a.C.
Lo stile scultoreo palesa delle diversità, tendenzialmente si pensa che l’autore sia il medesimo ma si propende anche per una differente paternità. Di certo l’ipotesi più affascinante è quella che affida al celeberrimo Fidia la realizzazione del Giovane mentre Policleto di Argo figurerebbe come il padre del Vecchio.
Il ritorno alla luce dei due “fratelli” è stato l’inizio di un’avventura che ha portato in primis ad un accurato restauro protrattosi fino al 1978 e solo nel 1980 i Bronzi sono stati finalmente esposti al pubblico per poi fare ritorno a Reggio Calabria nel 1981. Attualmente le due opere sono visitabili presso il Museo Archeologico della città e nel corso del tempo sono state sottoposte ad altri periodici restauri, l’ultimo conclusosi nel 2011.
Sebbene siano trascorsi 50 anni dal loro ritorno alla luce, la fama dei Bronzi continua ad alimentarsi e in occasione dell’importante compleanno la città di Reggio Calabria ha posto in essere pregevoli iniziative che proseguiranno fino al prossimo dicembre.
Il 50esimo anniversario ha voluto tener conto del rapporto simbiotico venutosi a creare tra i Bronzi e la Calabria e proprio questa ragione l’occasione è stata propizia per effettuare una serie di celebrazioni che tenessero anche conto del nuovo ruolo della Regione in tema di sostenibilità e innovazione.
Il Museo Archeologico Nazionale ha realizzato un percorso per immagini che recano la firma di Luigi Spina con la curatela affidata a Carmelo Malacrino ma anche il cinema ha scelto di ricordare questo anniversario attraverso attività che vedono il coinvolgimento della Calabria Film Commission in sinergia con altri enti.
Nel mese di ottobre Rai Cultura dedicherà una puntata speciale dell’ottava serie di “Viaggio nella Bellezza” mentre su Rai Play a dicembre, e in prima serata su Rai3, andrà in onda una puntata speciale del programma “Ossi di Seppia”.
Anche la riqualificazione urbanistica avrà come protagonisti i Bronzi in un dialogo attualissimo oltre ad approfondimenti scientifici come il convegno dal titolo “I Bronzi di Riace: 50 anni di studi e di ricerche”, un evento unico nel suo genere che riunirà numerosi ricercatori nazionali e internazionali che hanno cercato di far luce sul mistero dei Bronzi di Riace. Spazio, infine, al teatro classico nel Castello Aragonese di Reggio Calabria, nel Parco Archeologico di Locri e nella Villa Romana di Casignana dove i grandi interpreti italiani presteranno la voce a letture immortali.
L’evento celebrativo “Bronzi50 1972-2022” è promosso dalla Regione Calabria in collaborazione con il Segretariato Regionale per la Calabria del Ministero della Cultura, il Comune di Reggio Calabria ed il Comune di Riace, la Direzione Regionale Musei Calabria, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia, l’Università della Calabria, Unioncamere Calabria e l’Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria.
Una celebrazione corale dedicata ad un unicum dell’archeologia a cui si uniranno doverosamente anche altre città italiane per omaggiare due eroi ancora ricchi di mistero i cui occhi hanno catturato secoli di storia.
Crediti foto: HF4 Comunicazione.