Genova. Carlo Denei è un cabarettista, autore televisivo e cantautore italiano. Le sue prime performances sono quasi esclusivamente radiofoniche. Nel 1978 esordisce a Radio Cosmo 78, una piccola radio libera genovese, portando racconti comici e canzoni modificate. Negli anni successivi continua a partecipare a programmi radiofonici in piccole radio libere. In seguito fonda il gruppo comico-musicale Fai-da-te, con Paolo Congiu, Alberto Mazzolino e Gianfranco Ghiglieri, presenta e canta le sue canzoni comico-demenziali. Nel 1988 arriva secondo col suo gruppo in un festival per dilettanti condotto da Claudio Nocera, in arte Rufus, che qualche tempo dopo lo arruolerà nei Cavalli Marci. Con Denei abbiamo fatto una bella chiacchierata ed è stata l’occasione per farci raccontare tratti della sua lunghissima carriere nel mondo dello spettacolo.
1) Ha iniziato il suo percorso nel mondo dello spettacolo con i Cavalli Marci. Cosa ha significato per lei quel periodo, che ricordi ha?
Con i Cavalli Marci ho avuto la fortuna di trovarmi, come si dice, nel posto giusto al momento giusto. Fino ad allora io facevo solo canzoni demenziali e mi esibivo nei locali col mio gruppo che si chiamava Fai-da-te (era il 1987 e allora locali ce n’erano parecchi). Poi nel 1996 entrai nel neonato gruppo e Claudio Rufus Nocera mi insegnò il mestiere di monologhista. In pochi mesi divenni il primo monologhista del gruppo. Scherzando, io sostenevo che il mio ruolo servisse principalmente per dar modo al gruppo di cambiare i costumi e prepararsi al medley successivo.
Quel periodo, davvero indimenticabile, è quello che ha dato una svolta importante alla mia vita e alla mia carriera: un anno dopo il mio primo spettacolo con i Cavalli Marci mi licenziai dalla Telecom (dove lavoravo da vent’anni!) per andare a fare il comico di professione. Quando facevo il tecnico erano in molti a dirmi di cambiare lavoro: beh, lo avevo fatto.
2) Dal 2005 il suo ruolo è quello di autore per “Striscia la Notizia”. Com’è nata questa collaborazione con Antonio Ricci?
Ricci mi conosceva da molto tempo perché spesso veniva a vedere gli spettacoli dei Cavalli Marci. Nel 2004 il gruppo era sciolto ed io facevo serate e provini. Venni scritturato per “Arrivano i nostri”, un programma di Adriano Bonfanti e Gigi Reggi che andava in onda il sabato sera su Canale 5. Alla fine della produzione Bonfanti mi chiese se potesse interessarmi collaborare con Striscia; Ezio Greggio avrebbe voluto fare un monologo satirico in apertura di trasmissione. Così iniziai a collaborare da casa ma solo il primo anno. Dal settembre del 2005 lasciai il cabaret professionistico per andare fisicamente a “Striscia la Notizia” e ci rimasi fino alla fine del 2018.
3) Nel corso della sua carriera si è dedicato a radio, televisione e teatro. Come cambia il modo di fare cabaret e satira in questi casi?
Nei primi due casi, televisione e radio, in genere non hai un pubblico oppure se ce l’hai è finto, mentre a teatro oppure nel cabaret la gente c’è, e per me è fondamentale. Non ho mai amato la telecamera e la telecamera non ama me. Lo dimostra il fatto che, mentre con i Cavalli Marci sul palco risultavo spesso uno dei più efficaci, quando facemmo “Ciro il figlio di Target” fui quello più penalizzato. Avevo dei figuranti, pubblico “finto”, e invece di guardare la gente dovevo guardare una luce rossa. Senza contare che, in caso di errore o problema tecnico, dovevo ripetere il monologo. A quel punto i figuranti che già avevano sentito le battute dovevano ridere ed applaudire per finta. Un martirio.
Poi è chiaro che in un teatro o in un cabaret puoi dire e fare quello che ti pare (entro certi limiti, ovvio), mentre in tv, se oggi non c’è una vera e propria censura, c’è sempre il rischio di prenderti qualche denuncia.
4) Com’è cambiato il pubblico da quando ha iniziato la sua carriera ad oggi? È diventato più esigente oppure è rimasto sempre lo stesso?
Il pubblico secondo ha sempre voglia di ridere di svagarsi. Anche se con Ezio Greggio scrivevo battute di satira politica, a teatro e in cabaret ho continuato con la mia satira di costume. Racconto fatti che mi accadono e che possono accadere a chiunque. Sono l’uomo medio, che diventa, parlando di dita della mano, mignolo di fronte a certe situazioni paradossali e apparentemente insuperabili. A volte racconto fatti incredibili spiegando che sono veri e aggiungendo che spesso la realtà supera il cabaret.
Certo, il pubblico cambia; oggi è più istruito e quindi più esigente. Non a caso oggi al cinema si producono meno cine-panettoni o commedie sexy all’italiana rispetto a una volta.
Comunque la gente ama la metafora e ama impegnarsi ridendo, oggi come ieri. Nella “Lisistrata”, che è una commedia di Aristofane del 400 a.C., la protagonista è una donna ateniese, Lisistrata appunto. Stufa della guerra tra Sparta e Atene che tiene lontani gli uomini dalle loro famiglie, decide insieme alle donne spartane di fare uno sciopero del sesso che durerà finché gli uomini non firmeranno la pace. Un argomento tragico che diviene brillante e che, col passare dei secoli, è rimasto, purtroppo per l’uomo, di grande attualità.
5) Dopo tutti questi anni c’è qualcosa che ancora non ha fatto? Che progetti ha per il futuro?
Non avevo ancora fatto, e lo sto facendo con entusiasmo, il dialettale. Anche se nella vita non parlo genovese, so farlo. Sono nato e cresciuto con mio nonno materno che mi parlava solo genovese. Lui morì quando io avevo ancora quattro anni ma ormai aveva lasciato il segno.
Insieme al mio collega Stefano Lasagna portiamo in giro per la Liguria la commedia intitolata “Pe rîe se peu moî” che in italiano è “Per ridere si può morire”. È un giallo comico ricco di battute che funziona molto bene. Da pochi mesi è uscito il mio libro “Amori laterali”, un libro-disco che, come un vecchio vinile, ha il lato A e il lato B, che si può leggere, vedere ed ascoltare. Infatti, disseminati nel volume ci sono 20 QR-code con canzoni (stavolta serie) e filmati vecchi e nuovi della mia carriera di comico. Senza contare che insieme a mio figlio Cristiano e allo sceneggiatore Giovanni Robbiano sto provando a realizzare una serie tv che forse vedrete presto. La location è su una nave. Speriamo che il progetto vada in porto.