Aversa. Di origine campana, fa il suo debutto nel campo musicale su diversi palchi internazionali. Si è formato attraverso vari corsi di specializzazione con grandi Maestri. Ha ricoperto il prestigioso ed ambito ruolo di direttore artistico del Festival Jommelli/Cimarosa. Conosciamo il Maestro Carmine Monaco.
Ha svolto un percorso musicale molto particolare. Ce lo descriva.
Negli anni ‘90 iniziai il Conservatorio, mai terminato perché la vittoria di diversi Concorsi di Canto mi portò al debutto dopo appena due anni di studio. E così ho preferito frequentare dei corsi di specializzazione all’Accademia Chigiana, a quella di Parma ed al Teatro dell’Opera di Roma. Esperienza, quest’ultima, che mi ha portato al debutto nel 1996, proprio ne “Il Matrimonio Segreto” di Cimarosa. Chiaramente ho continuato a perfezionare la mia tecnica con Paolo Silveri, Giuseppe Taddei, Alfredo Kraus e Katia Ricciarelli.
Ci descriva uno dei ricordi più belli che ha avuto a contatto con la musica e quali emozioni le ha suscitato?
In 25 anni di carriera i ricordi sono tanti. Tra quelli più cari potrei ricordare il mio debutto in un’opera di Wagner, “Die Feen”, nella prima esecuzione assoluta su un palcoscenico italiano. O forse il mio debutto in “Aida” a Seul, in Corea, davanti a 5000 spettatori. O ancora il mio debutto, nel 2019, in un’opera che amo tanto e che avevo sempre sognato di cantare: “L’Iris” di Pietro Mascagni. E se volessi far riferimento a ricordi che non riguardano le mie interpretazioni, potrei citare i bellissimi momenti passati a casa di artisti che hanno fatto la storia della lirica, come il già citato Giuseppe Taddei, il grande tenore Gianni Raimondi, il grande Paolo Montarsolo, e tanti altri. Si parlava di musica e loro cantavano per me e per gli altri convitati. Devo dire che sentire queste voci storiche a pochi passi da te è qualcosa che ti rimane profondamente nel cuore.
Cosa ha significato per lei ricoprire il ruolo di direttore artistico del Festival Jommelli/Cimarosa?
Essere chiamato per il ruolo di direttore artistico del Festival Jommelli/Cimarosa, carica che divido ben volentieri con il Maestro Piero Viti, mi ha riempito di orgoglio. Aversa è una città nella quale ho vissuto per diversi anni ed ho imparato ad amare la sua storia, le sue strade, la sua gente. E principalmente quella grande tradizione musicale che potenzialmente sarebbe potuta essere il volano per portare la fama della città normanna in tutto il mondo. Cosa che è accaduta per Pesaro, con Rossini, per Torre del lago, con Puccini e per Parma, con Verdi. Aversa è rimasta un po’ al palo, in tal senso, non essendo riuscita ad impostare una programmazione di azioni che l’avrebbe dovuta portare ad essere una terra di produzione musicale. Poca organizzazione, azioni poco coordinate, spreco di risorse e principalmente poca competenza per quanto attiene la conoscenza del mondo musicale nazionale ed internazionale. Spero che il nostro Festival inizi a muoversi in direzioni diametralmente opposte e che possano dirigersi verso collaborazioni con gli enti governativi centrali e con tutte quelle realtà musicali che si interessano del repertorio del nostro ‘700 napoletano. Siamo qui per questo.
Quali saranno i suoi prossimi progetti musicali?
In primis portare a termine il Festival nella maniera migliore possibile, magari creando un parco di artisti che possano collaborare stabilmente con le produzioni musicali future, in questa ottica si inserisce il Concorso di Canto Cimarosa. Per quanto attiene i miei progetti personali, c’è una collaborazione con un’importante Agenzia italiana, la BJM, per la quale lavorerò come promoter di direttori d’orchestra e compositori mentre la mia carriera artistica sta riprendendo dopo due anni di pandemia. Speriamo in un futuro florido per tutti.