Verona. È un veronese ancora giovane ma già illustre per esperienza e riconoscimenti internazionali il maestro Matteo Valbusa, che ha diretto in pochi anni diverse produzioni operistiche, svariati concerti sinfonico-corali e che con le realtà corali vanta un’affinità di lunga data. Il suo debutto sull’ambito palcoscenico veronese del teatro Filarmonico avviene proprio alla guida del Coro dell’Arena di Verona con la partecipazione solistica di Manuela Schenale, Antonella D’Amico e Alessandra Andreetti, in un programma composito che parte dall’aureo neoclassicismo di Rossini e affronta tutti i grandi dell’Ottocento nelle loro diverse correnti, influenze, evoluzioni, sfaccettature, con pagine note ed altre chicche poco conosciute.
Del cigno di Pesaro viene eseguito il brillante finale de “Il Viaggio a Reims”, capolavoro sconosciuto per oltre un secolo fino al 1984, quando è stato rappresentato nella città natale di Rossini per la prima volta da Claudio Abbado, con la regia di Luca Ronconi e un cast stellare. Quasi contemporaneo è “Il Pirata” di Vincenzo Bellini, suo primo grande successo e biglietto da visita per la Scala: di questo poco rappresentato gioiello romantico viene eseguito il primo coro dei pirati di cui fa parte il protagonista Gualtiero. La prima parte del concerto comprende quindi le pagine d’assieme del grande dittico verista “Cavalleria rusticana” e “Pagliacci”, rispettivamente di Pietro Mascagni e Ruggero Leoncavallo, nate ambedue nell’ultima decade del XIX secolo. Entrambe le opere, usualmente rappresentate assieme, costituiranno l’apertura del prossimo 98° Arena di Verona Opera Festival 2020 in una nuova produzione.
Anche la successiva scena dell’”Orgia” inaugurale da “Amleto” è un’anticipazione della prossima stagione lirica 2020 al Teatro Filarmonico: la più celebre tragedia di Shakespeare infatti venne trasformata in un’opera in quattro atti dai giovani amici e compagni di studi Arrigo Boito (librettista) e Franco Faccio (direttore e compositore), entrambi veneti ma destinati al successo mondiale. L’”Amleto” di Faccio, frutto maturo di letteratura e musica scapigliata non ebbe troppo successo tra il 1865 e il 1871, e dovette attendere di fatto l’edizione critica del 2014 per essere conosciuta dal grande pubblico, per cui comunque rimane una rarità: nel 2020 sarà rappresentata per la prima volta in forma scenica a Verona, città natale del suo sfortunato ma talentuoso autore. Sempre con i versi di Boito ascoltiamo il coro “Fuoco di gioia”, da “Otello”, prima collaborazione del dotto letterato col sommo Verdi (1887). Del genio delle “Roncole” quindi viene eseguita la celebre preghiera che chiude l’atto II de “La Forza del destino”, “La vergine degli angeli”, e il brillante richiamo alla battaglia del “Rataplan” del finale III. Il programma si conclude sempre nel segno di Boito, librettista e compositore, con la pagina del Sabba infernale dal suo Mefistofele, banco di prova di tutti i grandi bassi, tenori e soprani anche all’Arena di Verona, dove fu portato in scena anche da artisti come Renata Tebaldi, Giuseppe Di Stefano, Maria Callas, Giulio Neri, Carlo Bergonzi, Nicolai Ghiaurov.