Caserta. Il 15 ottobre, alla Libreria Giunti di Caserta, si è tenuto un incontro con Dora Barletta che, accompagnata nel dialogo da Michele Casella, ha raccontato il suo libro, l’inedito “Della Ratta, Cappella”.
Dora Barletta, oltre ad essere una docente del liceo “Pietro Giannone” di Caserta, come Michele Casella, è anche un’abile scrittrice che, attraverso le sue parole, rende il lettore partecipe di ciò che gli racconta; “concretizza la sua curiosità”, condensandola in ogni sua opera, esprimendo al meglio la sua passione verso la scrittura e, nel caso di questo inedito, dell’architettura.
Presenti all’incontro molti degli alunni della scrittrice e docente, ai quali trasmette l’amore per ciò che insegna e per ciò che lei stessa ama; nel pubblico anche il proprietario della Cappella – protagonista del libro – il Dottor Giordano, che è stato fondamentale per la stesura del racconto.
“Della Ratta, Cappella” è un libro che ha come scopo quello di ripristinare un piccolo gioiello di Caserta, che per troppo tempo non è stato valorizzato per colpa di una società troppo impegnata a concentrarsi sulle grandi cose e sull’apparenza per accorgersi di dettagli affascinanti e nascosti della città. Il focus del libro è proprio la Cappella appartenente a i Della Ratta, eretta nel 1680, situata nel Vicolo Francesco della Ratta a Caserta e che versa in uno stato di quasi totale abbandono. L’ambiente, infatti, con il tempo, è diventato non agibile. Si tratta di un bene in decadenza.
La scrittrice ci prende per mano e ci porta con lei alla riscoperta di una ricchezza del territorio. “Ti sembra di stare lì con una telecamera dietro di lei” dice Michele Casella, che dialoga, a turno, con la Dora “esploratrice” e con la Dora “narratrice”; il libro è un viaggio nei sentimenti dell’autrice, sentimenti che condividiamo anche noi, poiché veniamo catapultati nel suo mondo, facendo nostra sia la felicità e la meraviglia davanti a un traguardo e una scoperta, sia la rabbia davanti all’indifferenza e alla poca valorizzazione della ricchezza della città. Proprio per questo motivo, per l’alternarsi di sentimenti fortemente positivi e negativi, Michele Casella afferma che la lettura di questo libro è un continuo ricevere “carezze e pugni”.
“Incredibile quanto un nascosto gioiello della nostra città possa farsi sentire e gridare di essere studiato, recuperato. Insomma di trovare nuovamente posto tra noi” scrive la Barletta nel suo libro, per poi raccontarci, durante l’incontro, la dinamica che l’ha portata a incrociarsi con la storia di questa Cappella. Ringrazia, infatti, non solo il dottor Edoardo Giordano ma anche Tina Merola, la quale le avrebbe inviato una petizione di un movimento cittadino interessato al ripristino del luogo. Questo ha fatto scaturire la “curiositas” per quel gioiellino dimenticato per troppo tempo.
Pur essendo articolato, il libro è scritto in maniera semplice, per far in modo che possa essere letto anche dai non esperti. Allegate al libro sono presenti delle foto che meglio ci fanno capire lo stato in cui versa il luogo e il potenziale che quest’ultimo avrebbe se fosse sfruttato. Dora Barletta ci racconta della magnificenza degli stucchi, dell’affresco rovinato di San Michele, della navata centrale, dei simboli esoterici presenti al suo interno, della statua di San Francesco posta all’ingresso, in decadenza anch’essa.
Casella vede nel libro “Della Ratta, Cappella” anche un monito importante, soprattutto per i giovani, quello di non fermarsi mai alle prime difficoltà, ma di perseguire determinati le proprie ambizioni, i propri desideri, i propri sogni. Proprio come Dora Barletta fa durante la stesura di questo libro, che sviluppa in itinere alla fase di studio e scoperta. Entrare in una cappella non agibile, infatti, oltre a essere pericoloso, non è facile, e quel “finalmente entro” che l’autrice riporta nel libro nel momento in cui riesce effettivamente a metter piede nella Cappella racchiude tutto il lavoro e il sacrificio compiuto per arrivare a quel risultato. Un po’ come “Indiana Jones”, Dora Barletta va alla scoperta di una cultura dimenticata, arrampicandosi e facendosi strada all’interno della chiesetta, che nasconde segreti e meraviglie.
La prima fase di questo percorso di esplorazione e poi di scrittura, ci racconta la scrittrice, è stata quella dello “sbirciare”, dalla porta di ingresso chiusa male, l’interno della Cappella, ascoltando così per la prima volta il suo grido di aiuto. La seconda fase è stata quella dell’archivio, probabilmente la più importante, in quanto non esiste studio senza archivio. È necessario per coordinare il lavoro, per mettere al proprio posto tutti i tasselli, portando avanti la ricerca in modo scientifico: il racconto popolare, le supposizioni, finiscono, ma una certezza a un’ipotesi la danno solo i documenti. Il terzo momento è stato quello dell’esplorazione, tramite un passaggio laterale della struttura.
L’emozione più grande per la scrittrice, però, è stata la scoperta di un’epigrafe, ossia un’iscrizione su pietra, da cui è riuscita a risalire al nome di chi l’ha fatta ereggere, quando e per quali ragioni. Anche il lavoro sull’epigrafe è lungo e necessita di attenzione e cura, va prima pulita la pietra, interpretata la scrittura e poi tradotta. Nell’ epigrafe è scritto che nella Cappella sono presenti i resti della famiglia del ramo comitale di Della Ratta di Caserta, e che il fondatore della cappella fu Sebastiano della Ratta. Il figlio, Lorenzo, si fece seppellire anche lui in questo luogo per non separarsi dal padre, e il nipote, Pasquale, “per non lasciare nell’oblio questi uomini illustri” fece erigere l’epigrafe.
Michele Casella chiude l’incontro ponendo una domanda significativa: perché scrivere un libro su questo luogo dimenticato, perché questa esigenza di regalarlo a tutti noi? Perché questo sogno di riscoperta e cura?
Dora Barletta risponde dicendo di avere un desiderio: il desiderio di trasmettere l’importanza delle radici, perché senza di esse una città è destinata a scomparire. Ed è proprio la radice storica che ci consente di guardare al futuro.
La Cappella chiede di essere tutelata, era il volere del proprietario, e ora deve essere un volere di noi cittadini. Il sogno deriva dal credere fortemente nella potenza nei libri, nella forza delle parole e in ciò che esse possano riuscire a fare: il libro serve per focalizzare l’attenzione su un problema su cui è necessario ed è bene agire. L’autrice, del resto, è già riuscita, con altri suoi libri, a dare attenzione a problemi di questo tipo riguardanti chiese di Maddaloni. Salvare dalla decadenza l’arte e la storia di una città, e quindi del nostro Paese, non può essere una scelta, deve essere un dovere. Il recupero parte dalla conoscenza. E la conoscenza può e deve partire da questo libro. Il fine ultimo è quello di restaurare non solo la Cappella ma anche un’identità culturale ormai in decadenza, perché vivere a contatto con le nostre radici, facendo in modo che non vengano distrutte dal tempo e dalla dimenticanza, è un nostro diritto.
“Finché la nostra città non rispetterà i propri beni culturali non rispetterà sé stessa, e finché non rispetterà sé stessa non sarà in grado di definirsi città” conclude Dora Barletta.