Roma. Giordano Sangiorgi, deus ex machina del MEI (Meeting delle Etichette Indipendenti), è considerato a ragione un punto di riferimento per la scena della musica indipendente italiana. In vista delle prossime elezioni per il rinnovo dell’Assemblea dei delegati del Nuovo IMAIE, lo abbiamo raggiunto telefonicamente per parlare della sua candidatura nella lista “La Squadra per la Musica” e del ruolo del Nuovo IMAIE nella ripresa post-pandemia.
Ci puoi raccontare i passaggi salienti della tua formazione professionale in ambito musicale?
La mia carriera è iniziata come musicista in piccole band studentesche. In quell’ambito ho iniziato ad esibirmi nelle manifestazioni per i decreti delegati ed ho potuto constatare l’enorme capacità di coinvolgimento ed aggregazione della musica. Proseguendo nella gavetta sono arrivato a collaborare anche con musicisti ed autori di rilievo, tra i quali mi piace ricordare Carlo Lucarelli alla fine degli anni ’80 con la band dei Nuovi Turchi, una delle prime battle-band italiane, in occasione di Faenza Rock. Svolgendo un’intensa attività live ho anche iniziato ad interessarmi maggiormente all’aspetto organizzativo degli eventi. Come naturale proseguimento del mio percorso, alla metà degli anni ’90, dopo l’organizzazione di centinaia di concerti di musica indipendente ed emergente, ho creato il Meeting delle Etichette Indipendenti a Faenza che, dopo un iniziale avvio in una dimensione quasi territoriale, in pochi anni ha consolidato la propria posizione fino a diventare un palcoscenico di primo piano per l’intera scena della musica indipendente italiana, sdoganando di fatto la musica indipendente, che prima veniva considerata dai big della discografia e dei media come una sorta di “Serie B”. Una grande vittoria.
Nel corso della tua attività ormai quarantennale, ti sei mai trovato ad affrontare momenti di crisi paragonabili alla pandemia attualmente in corso?
Posso dirti che dal 2005 in poi, con l’avvento delle varie piattaforme che utilizzano i contenuti musicali riconoscendo agli aventi diritto royalties irrisorie (se non nulle), mi sono trovato a fronteggiare, al pari di tutti gli operatori indipendenti, i gravi problemi connessi alla drastica diminuzione degli introiti. In quel caso la musica indipendente è riuscita a reagire, mantenendo (ed anzi, ampliando) la propria quota di mercato di produzioni musicali (oltre il 40% oramai è totalmente indipendente) e rinnovando il mercato musicale del live. Purtroppo, l’attuale situazione è di gran lunga peggiore. Se non verranno adottate misure incisive ed organiche, lo shock determinato dal Covid ed i sostegni insufficienti rischiano di compromettere in maniera irreversibile gran parte della filiera legata alla musica indipendente.
Ritieni che il difficile momento determinato dall’emergenza Covid abbia fatto sorgere negli artisti una sorta di “coscienza di classe “che potrà essere proficuamente utilizzata per dare nuovo slancio al settore?
Sì, se vogliamo trovare un risvolto positivo nella situazione critica che stiamo vivendo, ritengo che la scena musicale si sia rinsaldata. Gli artisti, le imprese e i lavoratori hanno compreso la necessità di fare fronte comune per ottenere una disciplina organica del settore e maggiori tutele per gli operatori più piccoli e più fragili. Avevamo evidenziato queste tematiche sin dai primi anni ’90 quando in Francia fu approvata la Legge sulla Musica grazie al Ministro Jack Lang. Se anche in Italia ci fossimo dotati di un simile strumento legislativo la crisi non ci avrebbe trovati sguarniti ed avremmo potuto beneficiare di garanzie analoghe a quelle previste per altri settori dell’economia tutelati e riconosciuti. Gli operatori del settore sono ormai tutti concordi nel ritenere che un intervento normativo in tal senso è ormai imprescindibile.
Veniamo alle prossime elezioni del Nuovo IMAIE, cosa ti ha spinto a cimentarti nella competizione elettorale con “La Squadra per la musica”?
Sicuramente la pandemia ha costituito una molla determinante perché ha reso ancor più evidente la necessità di avere una rappresentanza diretta, in tutte le sedi istituzionali, da parte di artisti e operatori abituati a lavorare sul campo, che conoscono i problemi del settore e possono fornire i giusti input.
La vostra lista ha elaborato un programma elettorale sintetizzato in 20 punti, quali sono i profili di discontinuità che vorreste proporre rispetto alle precedenti gestioni?
Uno degli elementi di novità dei quali siamo fautori con la nostra lista è certamente costituito dall’ingresso di esponenti provenienti da tutte le realtà della musica indipendente e da tutti i generi musicali, riconoscendoli così tutti. Non bisogna dimenticare che la scena indipendente è la fucina di una proposta artistica estremamente variegata e di altissimo livello. Senza la musica indipendente e senza il MEI – e tanti altri eventi come il MEI – non ci sarebbe neppure il Festival di Sanremo, che ormai da alcuni anni attinge a piene mani dal nostro bacino, portando alla ribalta artisti di valore e innovativi con brani di grande successo. In quest’ottica il Nuovo IMAIE dovrà giocare un ruolo di grande importanza nella ripresa, sia sostenendo i festival di qualità che valorizzano i nuovi artisti e fungono da piattaforme di lancio della nuova musica, sia riconoscendo borse di studio agli artisti emergenti affinché possano studiare e migliorarsi ogni giorno.
Secondo i dati forniti da SCF, nel nostro Paese, l’andamento del mercato della musica registrata nel 2020 è stato particolarmente deludente per quanto concerne i diritti connessi (-31% in Italia a fronte di un -10,1% a livello mondiale). In che modo il Nuovo IMAIE potrà operare per cercare di correre ai ripari?
I dati che arrivano sono ancor più preoccupanti se pensiamo che a pagare queste perdite saranno sicuramente gli artisti e le produzioni più piccole e meno tutelate. Non è un caso che proprio in questi giorni una importante major abbia annunciato un aumento del fatturato a dispetto della crisi globale che stiamo vivendo. Le major hanno un accesso privilegiato ai grandi broadcaster per la diffusione della loro musica (di contro, si calcola che l’80% della musica indipendente non passi in questi canali) e con investimenti promozionali riescono a direzionare anche il mercato dello streaming verso di loro: in questo modo riescono a realizzare guadagni anche nei periodi in cui l’attività live è ferma. Gli artisti indipendenti, invece, usano lo streaming o il passaggio in piccole radio o televisioni (che spesso sfuggono al monitoraggio delle collecting) principalmente come vetrina per l’attività live, a margine della quale, accanto al cachet della serata ed agli introiti sul diritto d’autore, possono guadagnare vendendo ai fan il proprio merchandise ed i dischi su supporto fisico. In buona sostanza, con il blocco pressoché totale dei live per oltre un anno, sono venute meno contemporaneamente le tre principali fonti di sostentamento della musica indipendente (compensi dei live, merchandising e vendita dei supporti fisici, diritti d’autore). Ciò ha fatto avvertire, da un lato, la necessità di una ripartenza immediata di tutta la musica dal vivo e non solo di quella privilegiata dei grandi della musica classica, e, dall’altro, ancor di più, l’esigenza di una migliore raccolta dei diritti connessi e di una successiva ripartizione più equa e capillare della quale possano beneficiare anche i più piccoli, andando ad integrare le altre fonti di guadagno di cui parlavo poc’anzi. Anche su questo terreno è evidente che il Nuovo IMAIE dovrà trovarsi in prima linea, se necessario anche ingaggiando battaglie importanti, insieme al Governo e ad altri colleghi, contro i giganti del web per un equo compenso a favore di tutti i musicisti rappresentati dal Nuovo IMAIE. Solo in questo modo sarà possibile incrementare quei guadagni che, fino ad ora, sono stati irrisori a fronte degli introiti continuamente in crescita per i big mondiali del settore digitale (che in genere vengono fatturati anche fuori dal nostro Paese, senza alcun beneficio in termini di investimenti per la ricerca).