Sanremo. La 74esima edizione del Festival di Sanremo si è appena conclusa con la vittoria di Angelina Mango con “La noia”. L’attenzione del festival si è sempre concentrata sugli artisti in gara e il teatro Ariston, protagonisti indiscussi. Un luogo sacro è l’area dedicata alla stampa, altro vero polmone del festival. La kermesse può vantare due sale stampa: l’Ariston Roof e la Lucio Dalla al Palafiori (Casa Sanremo). Quest’ultimo è un luogo che ha un ruolo per certi versi determinante, lì si respira la vera aria della kermesse ove vengono riportati gli umori, le dicerie e le voci di corridoio nel pieno rispetto dei ruoli. I giornalisti hanno sempre svolto un ruolo di prim’ordine. Ogni anno la sala ospita giornalisti di ogni testata provenienti da tutta Italia. Tra queste figure c’è anche Salvatore Battaglia, giornalista, manager, talent scout, speaker radiofonico che ha dedicato la sua vita alla musica e agli artisti. Con lui abbiamo condiviso la settimana sanremese, chiacchierando prevalentemente di musica in tutte le sue forme.
Ciao Salvatore, il Festival si è appena concluso. Quali sono le tue impressioni?
Ciao, direi che “Il Festival” si è appena concluso, perché dai dati e le statistiche si evince che è stato il festival con i maggiori ascolti di tutti i tempi e anche l’affluenza di pubblico nella città dei fiori è stata ben al di sopra di un 30% rispetto alle altre edizioni, nonostante nel fine settimana il tempo non sia stato molto clemente. Dal mio punto di vista è stata davvero l’edizione che ha definitivamente dato una svolta a questa kermesse che da 74 anni incolla al teleschermo milioni di persone e che canalizza tutta l’informazione su di sé per un periodo ben superiore alla durata del festival stesso. Un’edizione che rispecchia quali sono i gusti musicali di un Italia che canta, che ascolta e che segue la musica. Quindi bisogna dare atto che il direttore e conduttore, Amadeus, ha colto le sensazioni del pubblico e le ha portate sul palco dell’Ariston e la conferma, oltre ai dati di ascolto, ci viene anche dal televoto che mai come in questa edizione è stato così utilizzato. Insomma, definirei il 74esimo Festival di Sanremo come fantastico, e forse irraggiungibile per i direttori che verranno.
Com’è andata quest’anno in sala stampa?
Sono oramai 15 anni che frequento la Sala Stampa del Festival a Sanremo e come sempre è un piacere essere presente. Ogni anno ci si incontra con le varie realtà che compongono il mondo musicale quali radio, tv, webzine, giornali e freelance, si scambiano pensieri, idee e progetti con i colleghi che si incontrano, ma la cosa che fa più piacere e conoscere volti nuovi di giovani che si affacciano su questo mondo così affascinante ma anche così complesso. Molti di loro abbandoneranno di sicuro perché oggi è quasi impossibile vivere di notizie, in particolare di quelle che parlano di musica, ma ci saranno, me lo auguro, alcuni di loro che sposeranno in pieno la causa e anche a costo di sacrifici cercheranno di portare avanti l’informazione riguardante la musica che il più delle volte non è solo gossip.
Chi è davvero Salvatore Battaglia?
Domanda molto complessa questa che mi hai posto ma allo stesso tempo si può racchiudere in una sola parola: sognatore! Proprio così, sono un sognatore e potrei riempire tutte le pagine di questo giornale raccontando quella che è stata la mia vita sino ad oggi, ma credo che a nessuno interessi tutto ciò quindi mi limito a descriverti di cosa mi occupo ormai da una vita. Cerco, in mezzo alla miriade di persone che ogni giorno caricano sulle piattaforme digitali i loro brani, i loro lavori, i loro sogni, gli artisti che non sono i cantanti in sé, non sono gli interpreti, ma sono coloro che creano e amano ciò che suonano e cantano, sono quelle persone che vivono di musica senza cercare riflettori o chissà cosa, ma semplicemente vogliono diffondere le loro creazioni cercando di emozionare l’ascoltatore. In poche parole, sono un talent scout, personaggio raro oramai. Recensisco e promuovo musica e musicisti dal mio canale Youtube “Stare In Radio” da più di 13 anni. Il format è nato molto tempo prima nelle radio del Sud Italia quando ancora si parlava poco di musica emergente e indipendente e lo porto avanti con un discreto successo tra gli addetti ai lavori. Scrivo anche di musica per diverse testate e nel 2023 sono stato anche eletto nel direttivo di AGIMP (Associazione giornalistica di critici musicali con sede a Milano). Produco e promuovo oltre che dirigere un contest siciliano (Music Indie Contest) figlio di Stare In Radio, dove ospitiamo e promuoviamo in giro per le piazze siciliane la musica emergente e d’autore con il sostegno dei vari comuni che ci ospitano. Ed è per questo e per tanto altro che all’inizio della risposta mi sono definito un sognatore, uno che crede ancora nel valore della musica, quella vera, cantata e suonate e che ti entra nell’anima.
Hai un canale YouTube che si chiama “Stare In Radio” di cosa si tratta?
Si, vero, ho aperto il canale di “Stare In Radio” molti anni fa, e il canale è nato dopo averlo lanciato in una radio messinese ma che all’epoca aveva respiro regionale ,e quindi, era molto ascoltata tanto che abbiamo ospitato migliaia di artisti nazionali conosciuti e sconosciuti. Dico abbiamo perché il format nacque in collaborazione con l’amico di sempre Tanino Pisano e insieme affrontammo enormi difficoltà e contrarietà per il format in quanto ritenuto poco radiofonico, proprio perché interamente dedicato alla musica emergente e quindi sconosciuta, ma l’intento era ed è proprio quello di portare alla luce decine e decine di artisti che meriterebbero la ribalta nazionale. Una sfida che ancora oggi mi trova coinvolto nel combattere contro gli stereotipi diffusi nel nostro beneamato Paese, ma credo fermamente che si debba andare in questa direzione anche se a volte diventa disarmante in quanto trovi artisti che non credono in se stessi. Quindi, tanto lavoro ancora da fare ma noi ci siamo e continueremo ad esserci con l’aiuto di tutti coloro che credono in questa realtà, magari seguendo il canale e aiutando tutti gli ospiti ad avere più visibilità.
Sei anche un talent scout, da cosa giudichi un artista se ha le qualità?
Essere un talent scout non è cosa semplice da spiegare e ancor meno stabilire delle regole precise. Il giudizio è chiaramente soggettivo e cambia di volta in volta. Sono scelte dettate dal tuo istinto maturato in tanti ma tanti anni di attività, di ascolti, di musica, di concerti, di letture, di interviste; insomma, decidere di seguire o segnalare ora questo o quell’altro artista dipende da molti fattori che vanno da quello umano e personale a quello artistico. Non è un lavoro che puoi studiare in una università, seguendo un master o un corso serale, semplicemente è una passione che vivi per strada e tra migliaia di dischi e stream, tra live pub e concerti, ma anche dopo solo un ascolto, ti rendi conto che dietro a quei tre minuti di musica c’è qualcosa di più, quindi decidi di scoprirlo e inizi a frequentare l’artista, a parlarci e a capire se le tue sensazioni erano giuste oppure ti sei sbagliato.
Hai avuto la fortuna di lavorare anche all’estero con artisti stranieri. Qual è la differenza tra quando si tratta di musica? In cosa siamo bravi noi e in cosa loro?
L’Italia è il paese del bel canto e della musica, così ci vedono gli altri, ma il divario è enorme nella fruizione e nella produzione piuttosto che nel rispetto dell’artista che sceglie la musica come scopo di vita e come lavoro. Ecco credo che il punto sia proprio questo, in Italia se ti chiedono cosa fai per vivere e rispondi che fai musica storcono il naso, perché di musica non si vive e quindi sei etichettato come una sorta di saltimbanco che allieta le serate per quattro soldi. All’estero, per quanto riguarda la mia esperienza, la situazione è diversa, non tanto dal lato economico ma quanto per il rispetto che la gente ha verso chi fa musica e cerca di vivere di essa.
Vorrei un tuo giudizio sulla musica di oggi? Un pregio e un difetto.
Domanda molto complessa questa che hai posto, perché la musica come molti altri settori nel tempo ha subito una trasformazione o un’evoluzione e dovremmo in qualche modo accettare questa realtà, per molti nuova e inaccettabile, fatta di elettronica che ha scalzato via il tanto amato analogico. Ma anche in questo cambiamento troviamo delle cose interessanti e godibili, altre lo sono meno, e altre ancora davvero inascoltabili, perché fare abuso dell’elettronica nella musica storpia quello che è la vera essenza della musica stessa, mentre un uso più parsimonioso può portare qualcosa in più a quella che era l’idea inziale della composizione e quindi può abbellirla. Certo che non possiamo continuare a confrontarci con quello che è stato negli anni ‘70/’80/’90, non porterebbe a nulla ma solo a spaccature, credo che la musica debba continuare la propria evoluzione tenendo in considerazione i grandi musicisti andati e ricordando tutto quello che ci hanno lasciato in eredità.
Come vedi la musica tra 10 anni e che evoluzione avrà?
Difficile a dirsi ma quello che posso sicuramente affermare e che la musica si avvarrà sempre di più dell’elettronica e quindi dell’IA, mi auguro solo che non se ne faccia un cattivo uso perché danneggerebbe in maniera definitiva una forma d’arte eccelsa e inimitabile inventata dall’uomo e dalle sue sensazioni, che una macchina, seppur super intelligente, non potrà mai eguagliare. Confido proprio in quegli artisti di cui ho parlato spesso in questa intervista, affinché tengano sempre alta la formazione e l’amore per la musica. Se questo verrà messo in pratica, l’IA sarà solo un componente di un’orchestra ma non la sostituirà mai.
Che futuro avrà il festival di Sanremo tra 10 anni? Come te lo immagini?
Credo e spero che il Festival possa durare ancora a lungo e 10 anni non sono poi così tanti quindi penso che ci sarà ancora l’84esima edizione. Probabilmente sarà diversa da come l’abbiamo appena vissuta, magari avrà una location diversa dall’Ariston, come se ne parla ormai da anni, ma penso che esisterà ancora in quanto il Festival è anche un grande business per gli addetti ai lavori e anche per le varie realtà commerciali di tutta la zona, quindi non si tratta solo di musica ma anche e soprattutto di un evento che muove migliaia e migliaia di persone che a loro volta generano un gran movimento di lavoro e di denaro. Si, sono convinto che ci sarà ancora il Festival tra dieci anni.