“Fernando Botero: la grande mostra”, a Palazzo Bonaparte le opere dell’artista colombiano

Roma. Fino al 19 gennaio 2025 è possibile ammirare a Palazzo Bonaparte le opere più importanti di Fernando Botero in una bella e curata retrospettiva dal titolo “Fernando Botero: la grande mostra”.
Organizzata da Arthemisia, con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Lazio e del Comune di Roma, in collaborazione con la Fernando Botero Foundation, l’esposizione è stata curata da Lina Botero, figlia dell’artista, e da Cristina Carrillo de Albornoz, critica d’arte e curatrice indipendente per numerosi musei prestigiosi e grande esperta del maestro, è sua ad esempio la realizzazione del Museo Botero di Bogotà, così come è sua la prima monografia pubblicata in Cina su Botero.
Non è un caso che l’inaugurazione sia avvenuta a un anno esatto dalla scomparsa dell’artista, il 15 settembre del 2023, quasi a volere dare un seguito alla sua storia e alla sua creatività, nel rispetto del testamento morale lasciato ai figli: continuare attraverso le mostre.
È riduttivo definirla semplicemente mostra perché è un percorso allegro e colorato lungo 60 anni, volto a mostrare e spiegare la nascita e il significato di uno stile unico e facilmente riconoscibile, consentendo così allo spettatore di comprendere e apprezzare meglio le opere, attraverso più di 120 tra dipinti, acquarelli, carboncini e sculture.
Divisa in 11 sezioni, raggruppa le opere per temi trattati, ad esempio il circo, gli omaggi, la violenza, o per la tecnica adoperata: ad esempio acquerelli, pastelli, carboncino.
Ricordiamo la prima Sezione dal titolo “Versioni”: ci sono le ricreazioni delle opere realizzate a suo modo, che sono differenti da quelle originali dei grandi maestri che aveva studiato e che gli avevano plasmato la vita e il lavoro, perché “per creare un mondo unico bisogna essere esposti alla grande arte”.
Si inizia con un “Omaggio a Mantegna” del 1958, olio su tela, esposto qui per la prima volta e recuperato in maniera quasi casuale perché venduto poco prima di settembre 2024 da Christie’s, e solo così si è riuscito a capire dove fosse e a chiederlo in prestito per allestire l’antologia.
Nonostante il titolo dell’opera, però, Botero non replica ma realizza una sintesi tra la tradizione e l’innovazione, trovando uno stile unico, con un bilanciamento tra l’aspetto emotivo e quello fisico.
È il quadro con il quale vinse il primo premio al Salone Nazionale di Pittura della Colombia e che ha rappresentato l’inizio di quella voluta ricerca sul volume durata decenni.
Ecco allora rappresentati in maniera corpulenta e con colori accesi e contrastanti i membri della Corte dei Gonzaga, ritratti nel momento in cui Ludovico riceve una lettera dal segretario Marsilio Andreasi.
Seguono “La Menina” – anche questo esposto qui per la prima volta – che rimanda a Diego Velázquez, “El Diptico” ispirato a Piero della Francesca, “El Matrimonio Arnolfini”, col qual si rifà a Jan van Eyck, “La Fornarina”, che vuole essere una citazione di Raffaello, “El retrato de los Burgueses” con cui riprende Rubens.
La Terza Sezione è dedicata ai “Disegni” perché per Botero alla base del gesto creativo c’era sempre il disegno che, sebbene preparatorio per un’altra opera, per la sua bellezza può essere considerata un’opera a sé stante.
Molto bella la Quarta Sezione in cui la sua “Natura Morta” si connota per i colori accessi che richiamano le origini colombiane dell’artista e l’abbondanza dei volumi a evidenziare come non è tanto importante quello che si ripresenta, ma il come lo si fa, perché il modo diventa un elemento distintivo del pittore.
Ecco allora che probabilmente i volumi erano espressione del suo approccio ironico e giocoso alla vita, perché attento più che alla forma alle emozioni che le persone e le cose sono in grado di trasmettere tramite il colore.
Molto simpatica la Sezione Sesta dedicata a “La religione. Oltre le convenzioni” in cui abbiamo “Vescovo al Bagno” e “Nostra Signora di Columbia”.
La Settima è intitolata “Il circo” con le opere forse più famose dell’artista colombiano, con i trapezisti, i pagliacci, i contorsionisti e gli elefanti, gli animali del circo per antonomasia, tema scelto perché “lì nulla è eccessivo e ogni cosa è possibile”.
E nonostante fosse convinto che l’arte dovesse evidenziare gli aspetti positivi della vita e nobilitare l’uomo piuttosto che sminuirlo, e avesse come scopo di produrre piacere, egli non è rimasto indifferente di fronte alla violenza, ritenendo che un’altra funzione dell’arte fosse la testimonianza. Ecco allora alcuni dipinti nella Sezione Nona che raffigurano gli orrori di Abu Ghraib con i prigionieri legati e imbavagliati, ammassati, dipinti volti a mostrare tutta la violenza che ha animato il governo Bush.
Particolare menzione all’istallazione che fa immergere il visitatore nelle opere di Botero attraverso la loro proiezione continua a suon di musica, in una stanza tappezzata di specchi.
Quella a Palazzo Bonaparte di Roma è davvero una rara occasione per comprendere il valore di questo grande artista, anche perché i colori nella loro pienezza e bellezza si possono apprezzare solo da vicino.

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