Focus sulle arti performative con “In prospettiva. Dialoghi sul teatro”

Bologna. Nato dalla collaborazione tra Emilia Romagna Teatro Fondazione e il Dipartimento delle Arti-La Soffitta dell’Università di Bologna, con la curatela di Gerardo Guccini, Claudio Longhi e Rossella Mazzaglia, il progetto “In prospettiva. Dialoghi sul teatro” prevede una serie di incontri che danno voce ad artisti, studiosi, operatori del mondo dello spettacolo dal vivo per interrogarsi sul ruolo delle arti performative in un periodo di così grandi cambiamenti.

L’iniziativa si articola in specifici cicli tematici, basati su nodi concettuali che oggi evidenziano particolari criticità, come la relazione Corpo-Mondo, oggetto della prima serie di dialoghi, o quelle tra Traccia e Memoria, Ecosistema produttivo e Ambientale, Spettatorialità e Partecipazione.
I protagonisti del primo ciclo, dedicato alla relazione Corpo-Mondo, sono: il collettivo belga FC Bergman (in dialogo con la regista Lisa Ferlazzo Natoli); la coreografa Cristina Kristal Rizzo (in dialogo con il critico e ricercatore Fabio Acca); l’attrice, regista e drammaturga Chiara Guidi (in dialogo con i docenti Gerardo Guccini ed Enrico Pitozzi); il regista scozzese Matthew Lenton (in dialogo con il Dramaturg Sergio Lo Gatto); il coreografo Virgilio Sieni (in dialogo con il critico e ricercatore Lorenzo Donati e con la docente Rossella Mazzaglia).

Il progetto prenderà avvio il 29 giugno: i colloqui saranno trasmessi a cadenza settimanale il lunedì alle ore 21.00 sui canali Facebook di ERT e del DAMSLab-La Soffitta e successivamente archiviati e accessibili sulla piattaforma Youtube di ERT e sul sito del Dipartimento delle Arti. I dialoghi in lingua straniera saranno sottotitolati in italiano.

Con la diffusione dell’emergenza da Coronavirus, il corso del tempo ha subito una profonda incrinatura e nuove frontiere del reale si sono palesate. Nel mondo modificato (e da modificare) che ci ritroviamo ad abitare, contraddistinto dall’oscillazione tra una situazione pandemica e una post-pandemica, quali sono la situazione e il destino del teatro e della danza? E che tipo di istanze e strumenti possono provenire dalle arti performative, tra esigenze estetiche, concrete prassi creative e urgenze sociali?

Muovendo da questi interrogativi, “In prospettiva. Dialoghi sul teatro” vuole essere un’occasione per ascoltare il pensiero, le proposte, le suggestioni, i desideri di alcune delle figure più interessanti dell’universo teatrale italiano e internazionale. Tra le altre voci che interverranno: Marco Martinelli, Gabriele Vacis, Armando Punzo, Michele Di Stefano, Gabriel Calderón, Arthur Nauzyciel, Lisandro Rodriguez, Silvia Gribaudi, Davide Enia.

Attraverso la composita alternanza di testimonianze individuali o di gruppo – nel segno di una dialettica che coniuga locale e globale, personale e collettivo, passione e professione – si rifletterà sui linguaggi, temi e modelli di fruizione specificamente teatrali in relazione alle istanze emergenti nel mondo d’oggi. Così facendo, si mira a scoprire e delineare il senso d’una realtà plurale, che chiama in causa anche l’idea di Europa quale progetto conoscitivo e insieme di identità diverse e complesse.
Si inizia dalla densa e stratificata nozione di Corpo-Mondo. In questo caso, il riferimento non è tanto a un’idea di “corpo” o di “mondo”, quanto alla relazione tra i due termini (in che maniera il concetto di corpo chiama in causa quello di mondo e viceversa, sul piano dell’immaginario e delle pratiche) e a come la percezione di tale relazione può essere mutata a seguito dell’emergenza da Coronavirus.
La scelta del corpo, come soglia da cui partire, deriva dalla sua centralità nelle arti performative. Nella relazione con il secondo termine, molteplici sono gli spunti di riflessione che possono essere sviluppati: dal corpo biologico come corpo-confine, involucro chiuso separato dagli altri, al corpo come organismo animale, incubatore permeabile all’esterno, vulnerabile e contagioso; dal corpo in quanto luogo fisico isolato e solo (anche nel momento finale della vita) all’ubiquità circolare dei processi comunicativi in cui è immesso; dalle forme di contatto fisico ora annullate o drasticamente ridotte a quelle in rete, esponenzialmente amplificate; dalla separazione netta tra privato e pubblico nel mondo materiale (vissuti, l’uno, come luogo di sicurezza, l’altro, come luogo di pericolo) alla vertiginosa ibridazione tra privato e pubblico nel mondo digitale.

Al fondo di tutto, il nodo centrale riguarda le forme di resistenza, di mimesi, di resilienza o contrasto che l’arte post-pandemica può esprimere nella costruzione del corpo in scena, che è già proiezione di mondi possibili.

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