Verona. L’ambiente in cui viviamo, l’ambiente che abitiamo, l’ambiente che sentiamo, l’ambiente naturale che si ribella all’eccessiva ingerenza umana e che l’uomo cerca sempre più di controllare e connotare. Il paesaggio, rappresentato attraverso gli occhi dell’uomo, si fa espressione di un mondo interiore. Questa la lettura proposta dalla mostra “FUORI, nella terra dell’uomo”, a cura dell’artista Pietro Ruffo, collettiva che ha saputo riunire dopo oltre dieci anni due importanti collezioni storiche, quella di Fondazione Cariverona e quella del gruppo UniCredit, e che dal 14 ottobre al 22 gennaio 2023 abiterà le sale di Palazzo Pellegrini, sede della Fondazione Cariverona nel cuore storico di Verona.
L’esposizione, appositamente ideata per la sezione “Art & The City” del Vip Program di ArtVerona, celebre fiera d’arte moderna e contemporanea proposta nella città scaligera, giunta alla sua 17esima edizione (14-16 ottobre), è un progetto di Fondazione Cariverona e UniCredit in collaborazione con Urbs Picta, con la direzione artistica di Jessica Bianchera e Will Davis.
La proposta espositiva, che vede in mostra i lavori di 27 artisti di diverse provenienze geografiche, così come tecniche, stili ed epoche, è un invito a guardare la Terra con uno sguardo nuovo, sia per misurarci con essa che per riscoprire noi stessi, come esortava a fare già nel 1939 il celebre autore del “Piccolo Principe” Antoine de Saint-Exupery nel suo romanzo “Terra degli uomini”, da cui il titolo della mostra prende ispirazione.
In questo mondo antropico e antropizzato il paesaggio oggetto delle oltre 30 opere esposte sembra essere una proiezione della mente dell’uomo, piuttosto che un luogo fisico reale. L’ambiente rappresentato, infatti, propone sempre il punto di vista umano, che stia nel gioco della visione tra riflessi, proiezioni e rimandi; nel taglio prospettico, volto a ingabbiare lo spazio potenzialmente infinito; in una mappa, che incasella nel foglio un territorio molto vasto e plurimi punti di vista, oppure in frammenti di architetture che nel loro riposizionarsi nello spazio creano nuove ambientazioni. La mostra può, quindi, essere intesa come una grande apertura da cui ci si affaccia per guardare il mondo esterno. Il visitatore si immergerà in resti di architetture, ammirerà panorami, si sporgerà da terrazze e finestre, sbircerà nelle case d’altri, tra le inferriate, aprendo le vetrate e leggendo in trasparenza cosa si cela dietro i paraventi, fino a ritrovare anche Verona stessa, creando così un cortocircuito della visione all’interno dell’itinerario artistico.
Il percorso espositivo, presentato attraverso la lente dell’artista-curatore Pietro Ruffo, si apre proprio con una sua opera altamente scenografica e concepita site-specific per l’occasione: “Fuori (2022)”, una sorta di enorme sipario in voile, leggero ed etereo, su cui è riportata una foresta primordiale, archetipo del paesaggio naturale dal quale l’umanità proviene. Solo attraversando l’opera, questa membrana che filtra il dentro e il fuori, che “misura” l’ambiente con la sua carta millimetrata e lo contiene tra il colonnato del palazzo, sarà possibile accedere alla mostra; un ingresso obbligato che porta il visitatore a entrare nel messaggio dell’esposizione. Le opere che seguono raccontano tutte del rapporto tra interno ed esterno, non solo in modo fisico, ma anche metaforico, riferendosi alla sfera intima del sentire emozionale e mentale, come “Stanza (2008)” di Elia Cantori, sfera di cemento che simboleggia il racchiudere in sé tutti i paesaggi che abbiamo incamerato con le nostre esperienze, oppure “Icona (n.1) (1972)” di Giorgio Olivieri, archetipo della casa.
L’umanità è sempre una presenza costante nel punto di vista dei lavori esposti, ma non con la sua presenza fisica, bensì con lo sguardo che mette in campo. La rappresentazione umana, quindi, è solo evocata: a volte si spinge a delineare silhouette o ombre singolari come in “Casablanca, presenzassenza (1987”) di Franco Fontana, altre è richiamata da forme antropomorfe, come i manichini protagonisti della porcellana “Il consolatore (1968)” di Giorgio de Chirico, con la sola eccezione dell’olio su tela “Il Banchetto di Didone (1540-1542 circa)” di Bonifacio Veronese, unica opera non contemporanea in mostra, che riproduce figure umane impegnate in relazioni sociali. Ma l’eccezione conferma la regola, si dice. Infatti, l’opera riprende il tema dello sguardo dall’interno delle mura domestiche che, giocoforza, si riflette nel paesaggio. Un interno che rappresenta tutti i possibili interni della città marina che compare sullo sfondo del dipinto, ma anche delle nostre case di oggi da cui osserviamo e diamo significato al mondo “fuori”. Il tema della presenza umana, pressoché mai esplicita, chiama dunque in causa l’osservatore, che diventa protagonista di tutti questi ambienti cercando di scoprire il fuori dal dentro e viceversa, come in “Bella coppia Pulcinelle (parte 2) (2003)” di Pizzi Cannella o in “Finestra nel vuoto (anni Ottanta del XX secolo)” di Mario Schifano, dove il dentro e il fuori sembrano fondersi; ogni lavoro si fa, così, specchio di un paesaggio interiore.
Afferma Pietro Ruffo: «In questi anni il tema dell’antropocene e del paesaggio antropizzato è molto presente nella ricerca di geologi, antropologi, ambientalisti e viene esplorato ampiamente da parte degli artisti. Ogni centimetro dell’ambiente che ci circonda sembra sia stato addomesticato e viviamo una costante alterità fra noi e la natura, che si ribella mettendo a dura prova la nostra esistenza, a tal punto da tenerci chiusi in casa. La percezione del paesaggio, allora, si trasforma e l’arte ne è testimone: un paesaggio non più ospitale viene idealizzato e diventa un riflesso interiore, come se il vero paesaggio antropico fosse quello che creiamo nel nostro subconscio, all’interno delle confortevoli mura domestiche. La selezione delle opere, dapprima concentrata sulla rappresentazione del paesaggio, è diventata, quindi, una sorta di catalogo di stati d’animo e di paesaggi interni, rendendo questa mostra molto intima, in grado di parlare in modo diverso a ciascun visitatore».
Proseguono Jessica Bianchera e Will Davis: «La mostra si configura come uno spazio intimo e immersivo in cui le opere si trasformano in un dispositivo della visione, per accedere al quale bisogna attraversare la scenografica tenda tra le colonne del portico, appositamente concepita da Pietro Ruffo. L’opera è una foresta primordiale, l’immagine più profonda nel nostro subconscio, l’habitat ancestrale che ricopriva la terra cinquantacinque milioni di anni fa quando ha avuto origine l’avventura dell’uomo nel mondo, “il giardino dell’Eden” dal quale è stato espulso».
«Il percorso di valorizzazione della collezione di Fondazione Cariverona si arricchisce oggi di nuovi, e per certi versi inaspettati, significati: riusciamo con il progetto “FUORI, nella terra dell’uomo” a porre in relazione le nostre opere con l’obiettivo strategico triennale di “Protezione, Cura dell’Ambiente e Valorizzazione dei Territori” su cui molto stiamo investendo – evidenzia Alessandro Mazzucco, Presidente di Fondazione Cariverona – e, nel contempo, rimettiamo in dialogo le due collezioni Unicredit- Cariverona sviluppando un progetto comune aperto al territorio, in un dialogo costante che ci vede collaborare in diversi ambiti e settori con l’obiettivo comune di portare sviluppo economico, sociale e culturale con uno sguardo attento ai percorsi di valorizzazione delle giovani generazioni».
Andrea Orcel, AD e Responsabile Italia di UniCredit dichiara: «La cultura è una parte determinante del nostro sviluppo come società. Forma i nostri pensieri e le nostre convinzioni, il modo in cui interagiamo gli uni con gli altri e come cresciamo collettivamente. Per questo motivo di fondamentale importanza, siamo convinti che arte e cultura debbano essere accessibili a tutti, pertanto sono lieto che UniCredit si adoperi per garantire che ciò avvenga in ogni Paese in cui opera. La collaborazione con Fondazione Cariverona, alla base del progetto “FUORI, nella terra dell’uomo”, è l’ultima dimostrazione del nostro impegno in questo senso e nella conservazione del patrimonio artistico della nostra società a beneficio di tutti. Questo, insieme al sostegno finanziario che forniamo, ci consente di adempiere al ruolo sociale delle banche e di sprigionare il potenziale delle comunità europee. Invito chiunque abbia la possibilità di vedere tale mostra a farlo e a condividerlo con i propri amici e familiari, in particolare con i giovani che non hanno mai visto opere di questo tipo».