Giornate FAI di Primavera, Caserta riscopre il suo passato con il Palazzo al Boschetto

Caserta. Il 22 e il 23 marzo si sono svolte in tutta Italia le “Giornate FAI di Primavera”, una delle iniziative a maggior impatto culturale del nostro Paese da ormai 33 anni. Queste giornate sono finalizzate alla riscoperta di beni culturali degradati, piccoli gioiellini d’arte o di archeologia dimenticati o poco conosciuti, per cercare di far ritornare in auge pezzi della nostra storia dando loro nuova vita.

Quest’anno sono stati aperti 750 luoghi in 400 città, accogliendo complessivamente circa 400.000 visitatori che hanno dedicato un weekend a tour culturali aventi come tappe palazzi, ville, chiese, teatri ma anche borghi e parchi, di solito chiusi al pubblico o aperti ma non vissuti.

Tra le città protagoniste c’è stata Caserta, conosciuta da tutti per il Palazzo Reale, patrimonio dell’UNESCO dal valore storico e culturale inestimabile; tuttavia Caserta cela altri tesori spesso ignorati. La città, infatti, avrebbe un potenziale artistico ancora maggiore se solo questo fosse sfruttato, e le Giornate FAI l’hanno voluto dimostrare tramite l’apertura anche del “Palazzo al Boschetto”, un edificio storico adiacente alla Reggia davanti al quale tutti i casertani passano quotidianamente, senza conoscerne la storia e l’importanza.

Dal 1509 al 1634, Caserta divenne la sede della corte degli Acquaviva d’Aragona, che portarono un’importante spinta edilizia alla città; nel 1601, sotto Andrea Matteo Acquaviva, infatti, fu costruito questo palazzo che fungeva da residenza privata e luogo di alienazione per i reali. Successivamente passò ai Caetani di Sermoneta, che successero agli Acquaviva, e poi ai Borbone che ne modificarono l’aspetto.

Al suo interno, affreschi ancora visibili raccontano gli interessi eclettici del principe, che spaziavano dall’astrologia alla medicina, dall’alchimia alla botanica, facendo del palazzo un vero crocevia di saperi. L’astronomia è presente già nella pianta dell’edificio stesso, poiché trapezoidale e irregolare e sembra ricalcare la costellazione di Ercole.

A guidare il tour in questa residenza dimenticata, attraverso dipinti fiamminghi e allegorie, sono stati alcuni alunni del Liceo Classico “Pietro Giannone” di Caserta che hanno vestito i panni di “cicerone”, accompagnando numerosi gruppi di persone alla scoperta del “Palazzo al Boschetto”, lasciandoli entusiasti sia delle spiegazioni sia del nuovo luogo esplorato.

Coinvolgendo le scuole, il messaggio delle Giornate FAI si rafforza ancora di più: il rinnovamento culturale è nelle mani dei giovani, che hanno il compito di costruire un futuro in cui il patrimonio artistico del nostro Paese non debba più essere salvato dall’oblio ma costantemente valorizzato.

Per molti ragazzi volontari questa esperienza è stata una rivelazione e il loro entusiasmo ha dimostrato che l’interesse per il patrimonio culturale non è svanito, deve essere solo alimentato. Studiare la storia di un palazzo sconosciuto, esplorarne i dettagli nascosti e constatarne l’abbandono ha suscitato nei giovani emozioni contrastanti: curiosità e stupore nello scoprirne i meandri, delusione e rabbia nel costatarne l’abbandono. Proprio questi sentimenti hanno alimentato il desiderio di cambiamento, la volontà di fare qualcosa per rendere tutti partecipi della bellezza ancora celata nell’ombra, dietro le mura un po’ malandate del Palazzo al Boschetto.

I volontari hanno raccontato la storia dell’edificio, le sue varie “cessioni” e le diverse funzioni che ha ricoperto nel tempo, per poi soffermarsi sulla sua antica bellezza, in parte perduta. Alcuni affreschi nelle stanze si sono mantenuti abbastanza bene, creando un contrasto con l’esterno, mentre altri avrebbero bisogno di un importante restauro.

Ogni dipinto, ogni immagine nelle varie sale rappresenta qualcosa: allegorie, metafore, simbolismi a volte oscuri ai nostri occhi. Si intrecciano elementi di culture diverse, miti biblici e personaggi della mitologia greca, animali e mostri, puttini e figure umane. Questo incontro tra elementi apparentemente opposti è particolarmente evidente nelle “grottesche”, un tipo di decorazione pittorica che mescola simboli esoterici con motivi geometrici: l’oscuro che incontra la perfezione, figure dai colori vividi che si stagliano su sfondi bianchi.

Le sale si susseguono comunicando tra loro attraverso le storie che raccontano: l’“Atrio delle Scienze e delle Virtù”, una sorta di introduzione al simbolismo dell’intero palazzo; la “Sala di Ercole”, i cui affreschi esaltano le fatiche dell’eroe; la “Sala di Giuditta e Oloferne”, la più intrisa di riferimenti alchemici, dove il mito biblico viene reinterpretato come metafora della creazione della pietra filosofale, in particolare della sua prima fase, il nigredo; la “Sala del Tempo”, dominata dalla figura di Crono con una clessidra e un serpente, simbolo della ciclicità della natura, affrescata dal pittore fiammingo Agostino Pussè; la “Sala della Giustizia e di Susanna e i Vecchioni”, in cui il tema del trionfo della giustizia è enfatizzato dalla presenza della dea Dike con bilancia e spada, simboli delle virtù celesti; infine, la “Sala del Paradiso Terrestre”, con al centro della volta un affresco raffigurante Adamo ed Eva, circondato da quattro vedute immaginarie di ville con giardini all’italiana.

All’esterno il protagonista, un tempo, era un grottone con fontane e statue, uno degli elementi più scenografici insieme al loggiato affrescato del primo piano che ad oggi è scomparso. Il cuore del complesso era, però, il Boschetto: 35 ettari che seguivano uno schema astrologico, vie che si incontravano tra loro e generavano una simbiosi tra natura e artificio, tramite alberi che si sposavano con le numerose statue presenti. Era presente anche un labirinto, simbolo di perdizione e purificazione dell’uomo, associabile allo stesso significato che si dà alla Divina Commedia di Dante Alighieri.

Purtroppo, oggi restano solo poche tracce di questo passato, come alcune statue superstiti, tra cui un pastore con il flauto, Atlante e una sfinge, ora conservate nel Giardino Inglese della Reggia. Parte del Boschetto, infatti, è stato inglobato dal Palazzo Reale insieme alla” Castelluccia”, un tempo chiamata “Torre Pernesta”, con pianta ottagonale e costruita come Torre degli Otto Venti, per funzione sia difensiva sia di svago per la corte e, in particolare, per Francesca Pernestain, una nobile boema sposata con il principe in seconde nozze; Collicini la trasformò poi nell’attuale “Castelluccia”, non modificandone tanto la struttura, poiché lasciò sia il fossato attorno sia il giardino ricco di fontane e statue, quanto la funzionalità: divenne il luogo in cui Ferdinando di Borbone andava ad allenarsi con le armi.

Finito il giro ogni visitatore ha potuto lasciare un’offerta alla fondazione, per contribuire alla riqualifica del luogo appena visitato, da cui non si può far a meno di essere colpiti.

Le Giornate FAI accendono una luce sulle bellezze nascoste del nostro Paese, puntando un riflettore su edifici e monumenti come il Palazzo al Boschetto, che non deve essere solo un reperto del passato ma anche un’opportunità per il futuro.

Una volta spenti i riflettori c’è il rischio che tutto torni nell’ombra, in quell’oblio che queste giornate vogliono rischiarare: la vera sfida inizia quando i cancelli si chiudono, le persone tornano entusiaste a casa e i ragazzi immagazzinano l’esperienza e le nozioni acquisite, ed è proprio da questa gioia nel riscoprire la cultura che si deve ripartire.

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