Napoli. Nel cuore di Napoli, lungo la pulsante via Toledo percorsa quotidianamente da centinaia di persone, sorge Palazzo Zevallos Stigliano, monumentale edificio risalente al XVII secolo nato come palazzo nobiliare per poi assurgere a sede bancaria e, infine, diventare museo aperto a tutti gli amanti del bello nelle sue molteplici forme.
Lo scorso 5 dicembre è stata inaugurata al suo interno, e sarà visibile fino al prossimo 19 aprile, l’esposizione dal titolo “David e Caravaggio. La crudeltà della natura, il profumo dell’ideale” che si propone di scandagliare uno dei periodi della storia caravaggesca di minore interesse da parte della critica. La mostra, curata da Fernando Mazzocca, è stata realizzata grazie alla sinergia dell’Institut Français di Napoli con il Museo di Capodimonte e con istituzioni culturali italiane e internazionali, come il Petit Palais di Parigi e il Fine Arts Museum di San Francisco, che hanno gentilmente concesso prestiti di rilievo.
Il fulcro da cui si originano e dove convergono le opere è costituito dal “Martirio di Sant’Orsola” del Merisi, ultima opera del maestro e, pertanto, gemma assoluta della sua copiosa produzione artistica. Senza addentrarci nell’analisi dettagliata del dipinto, ci preme evidenziare quanto esso sia lontano dalla spiritualità che un simile soggetto richiederebbe e quanto si caratterizzi, invece, per la prepotente carnalità propria dei lavori di Caravaggio. Il gioco di chiaroscuri ed il forte contrasto sottolineano la drammaticità della scena che vede contrapporsi il pentimento di Attila per aver scagliato la freccia e la dolorosa rassegnazione della santa, pronta a sacrificare la propria vita.
La mostra parte da una copia della “Deposizione nel sepolcro” di Caravaggio, abitualmente conservata presso la basilica di San Francesco di Paola a Napoli: la copia venne eseguita nella prima metà dell’Ottocento da Tommaso De Vivo quando il dipinto originale ritornò a Roma e venne acquisito dalla collezione vaticana. Il capolavoro valse a Caravaggio la rara ammirazione dei pittori francesi che si recavano a Roma in epoca neoclassica per arricchire la loro formazione. Uno di questi fu proprio Jacques – Louis David, pittore che nelle proprie opere si lasciò influenzare sovente dalle suggestioni caravaggesche. Se Merisi dipinse la deposizione, David realizzò “La morte di Marat”, quadro ispirato dalla brutale uccisione del politico francese per mano di una fanatica di nome Charlotte Corday. A Palazzo Zevallos è possibile ammirare una delle quattro pregevoli copie realizzate dagli allievi di David sotto la sua direzione: una replica che non offusca minimamente la drammaticità della scena riprodotta.
Presenti, inoltre, alcuni significativi lavori di David – esponente tra i più illustri del Neoclassicismo in pittura – come la “Buona Ventura” – altro dipinto in parallelo con l’omonimo caravaggesco conservato presso i Musei Capitolini – e “La morte di Seneca”. All’interno delle sale di Palazzo Zevallos Stigliano, unica sede al Sud delle Gallerie Italia, trova inoltre posto una ricchissima collezione dedicata al Seicento partenopeo tra cui possiamo annoverare il “San Giorgio” di Francesco Guarini e “Sansone e Dalila” di Artemisia Gentileschi, pittrice profondamente legata alla scuola caravaggesca le cui coraggiose eroine rispecchiano la vergognosa storia di abusi che ferirono la sua intera esistenza.
Di pari importanza la produzione pittorica barocca di Luca Giordano tra cui occorre menzionare il “Ratto di Elena” e le numerose nature morte – tratto caratteristico della collezione di Palazzo Zevallos – ad opera di Paolo Porpora e Giuseppe Recco. Suggestive anche le ariose vedute di Napoli attribuite a Gaspar van Wittel, in assoluto uno dei pionieri del genere. Notevoli i lavori degli appartenenti alla Scuola di Posillipo, eredi degli artisti che avevano usufruito del Grand Tour, così come i quadri dedicati alla bellezza femminile del XIX secolo, il trionfo della sensualità tipicamente partenopea: volti di rara perfezione e occhi che sembrano oltrepassare la tela per indagare l’animo del visitatore.
Menzione doverosa per la pittura prospettica con un occhio di riguardo per le riproduzioni di via Toledo e della Villa Comunale.
La visita si conclude con le poderose sculture di Vincenzo Gemito, artista sfortunato a causa dei gravi problemi psichici che purtroppo vessarono la sua vita e particolarmente vicino agli emarginati: i bronzi, le terrecotte e i disegni di Gemito appartenevano alla ricca collezione dell’avvocato Gabriele Consolazio.
Palazzo Zevallos Stigliano è probabilmente una delle mete meno inflazionate quando si sceglie di esplorare Napoli, perché la città di Partenope è una fucina di bellezze naturali e artistiche e il tempo per apprezzarle tutte non sembra mai bastare, ma noi riteniamo che sia una tappa meritevole che, di certo, vi lascerà senza fiato.