Palermo. È intitolato “I Lumière di Sicilia” e come sottotitolo riporta “ascesa e tramonto dei Pionieri del Cinematografo Siciliano”, il libro circoscritto da un disegno di un’Isola a tre punte formata da un contorno di una pellicola cinematografica; una singolare denominazione che Sergio Ruffino, regista e sceneggiatore palermitano, autore di lavori e progetti aventi in comune il recupero e la valorizzazione della memoria storica della Sicilia, racconta di avere ideato fin dall’anno 2017. L’opera è un saggio che – come suggerisce lo stesso titolo – ripercorre in 168 pagine la “saga” di coloro che portarono il Cinematografo in Sicilia, e che – dopo una prima fase primordiale che riguardava unicamente la proiezione delle pellicole girate – iniziarono a creare le primordiali “Case di Produzione” e dunque a produrre cinema: da principio metraggi di breve durata e documentari e di lì a poco tempo anche film a soggetto. La narrazione inizia con il capitolo “È arrivato il Cinematografo!” che racconta proprio l’arrivo dei primi apparecchi che anticiparono il Cinematografo Lumière. Si prosegue con colui che fu il primo regista e produttore operante sul capoluogo siciliano, Raffaello Lucarelli, personaggio trattato già anni prima da storici decani, e talvolta considerato toscano ma in realtà proveniente da Gualdo Tadino in Umbria, comune peraltro citato in alcuni documenti notarili riguardanti la fondazione di una società cinematografica a Palermo da parte del cineasta assieme alla Famiglia Florio (documenti già riportati dallo storico Orazio Cancila anni addietro nella sua opera “I Florio: storia di una dinastia imprenditoriale”). Dopo la Lucarelli Film e le Industrie Cinematografiche Lucarelli seguirono tante altre realtà isolane che sfornavano film a ritmo continuo, tra l’entusiasmo per il “nuovo mezzo di cui tutti parlano” e la volontà di coniugare l’arte (quella che più avanti verrà definita quale “settima arte”) e l’imprenditorialità. Ma il fermento culturale portò anche alla creazione della Accademia per artisti Cinematografici a Palermo per opera del fiorentino Paolo Azzurri, che aveva fondato anche la Azzurri Film e poi avviato la pubblicazione della rivista “L’arte del Silenzio”. Nel libro si parla anche di alcuni protagonisti della scena attoriale siciliana di punta del muto (come Angelo Musco, Giovanni Grasso, Febo Mari e Pina Menichelli) e delle prime riviste cinematografiche che si occupavano di articoli e recensioni; e poi ancora il “caso”della perdita di quel film che a detta di tanti storici anticipò il Neorealismo (“Sperduti nel Buio” di Nino Martoglio) e l’incredibile storia del messinese Giovanni Rappazzo che per primo inventò la “pellicola a impressione contemporanea di immagine e suoni”. Quindi il periodo del Fascismo in Sicilia e l’arrivo del sonoro che soppiantò il cinema muto precedente a cavallo di due Guerre Mondiali, e poi storie legate ad ultimi “pionieri” fino alla fine degli anni ’50. La mancanza di quasi tutte le opere realizzate dalle case di produzione prima della Seconda Guerra Mondiale, in particolare del cinema muto siciliano, è anche una forte linea narrativa di “perdita di memoria” (e delle pellicole, tra incuria e incidenti di percorso) che fa da denominatore comune in quasi tutti i capitoli del libro; capitoli che raccontano appunto l’ascesa e poi la via del tramonto di questi protagonisti.