Londra. L’International Federation of the Phonographic Industry (IFPI) ha recentemente pubblicato il Global Music Report 2021, contenente un’analisi dell’andamento del music business a livello mondiale nell’anno appena trascorso.
A dispetto della difficile situazione economica globale, condizionata dalla pandemia tuttora in corso, il mercato musicale ha prodotto ricavi pari a 21,6 miliardi di dollari, con un aumento del 7,4% rispetto al 2019.
Le misure di distanziamento sociale applicate su scala mondiale hanno pesantemente influito sulla distribuzione degli introiti all’interno dei diversi comparti. A fare le spese delle chiusure generalizzate è stato principalmente il segmento dei diritti connessi (broadcasting ed utilizzo in locali pubblici) che, dopo oltre un decennio di crescita costante, ha ottenuto una raccolta di 2,3 miliardi di dollari, registrando un decremento del 10,1% su base annua.
Hanno chiuso con segno negativo anche download ed altri impieghi digitali (-15,7%), vendita di supporti fisici (-5,3%) e diritti di sincronizzazione (-9,4%), questi ultimi fortemente penalizzati dai ritardi nelle produzioni cinematografiche e televisive.
Unico settore a sorridere è quello dello streaming con ben 13,4 miliardi di raccolta complessiva (62,1% del totale) in crescita del 19,9%. In tale ambito, prosegue l’avanzata dei servizi a pagamento (+18,5%) che rappresentano ormai circa la metà degli incassi totali.
La classifica globale degli artisti 2020 è guidata dalla boy band sudcoreana BTS (che ha piazzato ben tre titoli nella Top 10 degli album più venduti), seguita da Taylor Swift e Drake.
A livello geografico, gli Stati Uniti si confermano come primo mercato mondiale, seguiti, nei primi cinque posti, da Giappone, Regno Unito, Germania e Francia. La crescita maggiore si è riscontrata in America Latina (+15,9%) il cui mercato è guidato dal Brasile (+28,3%).
Per quanto concerne l’Italia, i dati forniti da SCF segnalano introiti per complessivi 258 milioni di euro, in leggera crescita rispetto all’anno precedente (+1,44%). Anche nel nostro Paese c’è stata un’ottima performance dello streaming in abbonamento (+29,77%, con una raccolta di 104 milioni di euro). All’estremo opposto si collocano i diritti connessi che perdono circa 18 milioni di euro (-31%).