Scandiano. In provincia di Reggio Emilia troviamo una bellissima cittadina di nome Scandiano, nota per essere stata la città del Boiardo. All’interno della città troviamo bellissime architetture storiche di immenso valore, obelischi, statue, castelli, chiese. Ma quello che risalta all’occhio è una immensa struttura nel centro storico denominata il Baluardo del Boiardo. In origine il castello, voluto dai Da Fogliano, aveva essenzialmente funzioni di difesa militare. I Thiene, succeduti ai Boiardo nel 1565, continuarono l’opera di abbellimento della Rocca; infine, nei secoli XVII e XVIII, i Bentivoglio prima e i duchi d’Este poi la trasformarono in palazzo monumentale Al suo interno si trovano moltissime opere del poliedrico artista Nicolò dell’Abate.
I dipinti murali realizzati da Nicolò dell’Abate per il conte Giulio Boiardo, tra il 1540 e il 1543, si credevano tutti prelevati, con la tecnica dello “stacco” e dello “strappo”, tra la seconda metà del ‘700 e la prima metà dell’800. Soltanto nel 2003, col ritrovamento di una serie di suggestivi “Paesaggi”, nella Rocca di Scandiano è stata svelata un’importante testimonianza dell’intervento di questo protagonista del Manierismo europeo. Opere nascoste per secoli, al di sotto di strati di scialbo, nelle lunette dell’antica Sala del Paradiso, dalla cui volta, tra la fine del 1847 e l’inizio del 1848, furono asportate “a strappo” le pitture murali di Nicolò, trasferite come dipinti da collezione nella Galleria del duca Francesco V d’Austria Este, all’interno del Palazzo Ducale di Modena, e ora conservate nella Galleria Estense, insieme a quelle prelevate “a massello” sul finire del ‘700 dal duca Francesco III d’Este, in gran parte provenienti dal Camerino dell’Eneide.
Oltre ad esporre tutte le testimonianze pittoriche e decorative provenienti da questo storico edificio, è possibile notare gli interventi di restauro recentemente effettuati sui brani di pittura ritrovati, così come quelli architettonici ancora in corso, senza dimenticare la centralità dell’intervento scandianese di Nicolò attraverso una sezione sulla storia letteraria ispirata ai temi epici dell’”Orlando innamorato” e alla fortuna cinquecentesca del poema; una sezione musicale, con l’esposizione di strumenti musicali antichi in rapporto alle raffigurazioni musicali nella pittura di Nicolò dell’Abate; una sezione sugli interventi di trasformazione architettonica dell’edificio, con l’esposizione di piante, mappe e progetti; e infine la sezione sulla fortuna ottocentesca delle pitture murali scandianesi di Nicolò, ben documentata dagli scritti di Giambattista Venturi e dalle loro traduzioni incisorie.
Proprio per il conte Giulio Boiardo, tra i suoi primi illustri committenti, Nicolò spalanca sulle pareti della Rocca di Scandiano suggestioni letterarie, immaginarie sonorità e paesaggi dal rovente afflato elegiaco e dal largo respiro, in cui s’ambienta un caldo favoleggiare dal garbo cortese. Luoghi che definiscono un itinerario che congiunge coerentemente, in un contesto permeato di cultura umanistica, tematiche profane di sapore letterario ai circuiti esclusivi di una committenza aristocratica che coltiva il sogno di una civiltà neocavalleresca e neofeudale.
In simile contesto prende forma la decorazione della Rocca del Boiardo, tra il 1540 e 1543, con le pitture murali del “Camerino dell’Eneide”, della Sala del Paradiso e di altre nel cortile andate perdute.
Nonostante i notevoli rischi di perdite e distruzioni che la tecnica dello stacco “a massello” comportava, prevedendo il prelievo dell’intonaco dipinto assieme al supporto murario, con conseguenti gravi danni per la struttura edilizia, a partire dagli anni 70 del ‘700, anche nel ducato estense sono numerosi e particolarmente significativi gli interventi di questo tipo.
La perdita dei cento più prestigiosi capolavori della Galleria Estense, che con la nota “vendita di Dresda” del 1746 erano stati ceduti dal duca Francesco III d’Este all’elettore Augusto III di Sassonia, re di Polonia, aveva infatti spinto il duca a cercare opere di rinomati artisti con cui incrementare la depauperata raccolta familiare, ma erano ormai poche le tavole e le tele in grado di dare lustro alla collezione che ancora potevano essere reperite e acquisite sul territorio.
L’attenzione del duca, quindi, venne a posarsi su alcuni cicli decorativi, realizzati su muro all’interno di edifici le cui cattive condizioni non potevano che favorire i suoi intenti, permettendo di velare il reale scopo collezionistico del loro trasferimento dietro l’apparente urgenza di un irrinunciabile provvedimento conservativo a loro tutela. E proprio la Rocca di Scandiano divenne il primo scenario di una serie di imprese volte al trasferimento di decorazioni murali nel Palazzo Ducale di Modena.
Infatti, per salvare le decorazioni del “Camerino dell’Eneide”, nel 1772 si decise di “segare i muri e trasportare le pitture ove fosse di piacere di Sua Altezza Serenissima”. La Camera Ducale diede così avvio allo stacco dei dipinti del Camerino, a cui seguirono, l’anno successivo, quelli nella corte e in un altro ambiente annesso, dal quale furono forse tratti i dipinti con “Scene di storia romana” o con gli episodi della “Storia di Prasildo, Iroldo e Tisbina”, conosciuta anche come “Storia del ramo d’oro” dell’”Orlando innamorato”, esposti in questa sala.
All’inizio dell’800 Antonio Boccolari prelevò altri lacerti, operando per primo nella Rocca con la tecnica dello “strappo”, che prevedeva il solo prelievo del tonachino, evitando, così, di dovere estrarre l’intera porzione di muro a supporto del dipinto. La medesima tecnica che il restauratore Giovanni Rizzoli di Pieve di Cento, tra il 1847 e il 1848, adopererà per prelevare il “Convito degli dei per le nozze di Amore e Psiche” e i “Suonatori” dalla volta della Sala del Paradiso.