Roma. Le aspettative non sono state tradite per questa 29esima edizione del Concerto del 1° maggio di Roma. Non è un caso che venga definito il “concertone”. È un pezzo di storia nella cultura dei concerti italiani, sia per i temi che tratta sia per gli artisti che si esibiscono su quel palco. In quasi 30 anni ha ricevuto qualsiasi tipo critica, ma il suo binomio di musica dal vivo e diritti dei lavoratori è stato vincente tanto da essere riproposto in altre città d’Italia come, ad esempio, il Concerto del primo maggio di Taranto.
Però, diciamoci la verità, se dici primo maggio dici Roma e Piazza San Giovanni. È un marchio di fabbrica che non passa mai di moda, un po’ come il vino che migliora con gli anni. Ha sempre rappresentato un ottimo trampolino di lancio per le band emergenti e un’ottima vetrina per i big della musica italiana e straniera.
Ogni anno, per gli organizzatori, la vera sfida è migliorarsi. La società I-company e Massimo Bonelli nel ruolo di direttore artistico sono riusciti nell’intento, offrendo uno spettacolo al passo con i tempi senza snaturare la tradizione e la storia di questo live. La scaletta possiamo esprimerla in due parole: opportunità e crescita, entrambe rivolte alle band emergenti e ai vincitori del contest 1M Next. Dare una opportunità è fondamentale ma la crescita lo è ancora di più perché solo con il sacrificio e la dedizione i sogni si possono realizzare, e, per molti artisti, aver calcato questo palco è un ottimo punto di partenza. Anche i big non hanno tradito le attese a cominciare da Omar Pedrini e Manuel Agnelli passando per i Subsonica e i Negrita fino ad Achille Lauro e Francesco Motta, quest’ultimi non più una sorpresa ma una certezza. Infine, Noel Gallagher ha offerto una performance degna della sua storia negli Oasis Ci ha regalato emozioni forti prima con “Wonderwall” e poi con “All you need is love” dei Beatles. Nonostante il cielo uggioso la voglia del pubblico di essere presente in un pomeriggio come questo non è mancata. Le generazioni cambiano e poco importa se non pogano più come negli anni ‘90. Oggi preferiscono avere un ricordo di questa giornata condividendo un selfie sui social. È il loro modo di esprimere le emozioni e in fondo è più giusto così.
Aver vissuto questa esperienza mi ha permesso di vivere questo concerto dietro le quinte, nel backstage, una prospettiva nuova rispetto alle tante volte in cui l’ho seguito in tv o da semplice spettatore in mezzo alla folla. Oltre alla costante presenza di bravissimi tecnici e addetti ai lavori, sempre pronti a non far mancare mai niente, ho avuto modo di poter condividere questa esperienza con molti operatori del settore e liberi professionisti. Ho respirato una solidarietà ed una voglia di fare che hanno come scopo quello di trovare soluzioni per migliorare la categoria dei musicisti, soprattutto come lavoratori, aiutandosi l’un l’altro. In una parola “condivisione”. Grande verità quella espressa da una scritta gigante all’entrata di un noto meeting musicale italiano: “La musica è lavoro”. È un qualcosa che non dobbiamo mai dimenticare perché si prefigge di migliorare la qualità del lavoro di coloro che operano nel mondo dello spettacolo.
L’anno prossimo questo concerto compirà 30 anni: non so cosa ci riserverà di bello, ma di una cosa sono sicuro, dopo aver respirato l’atmosfera di questi due giorni voglio immaginare questa attesa ricordando i versi di una nota canzona italiana “Il meglio deve ancora venire”. E così sarà.
Ci vediamo il prossimo anno al Concertone del 1° maggio!