Marcianise. Dal 7 novembre “Il ragazzo dai pantaloni rosa” è nella top tre degli incassi quotidiani presso l’UCI Cinemas Cinepolis del “Centro commerciale Campania”. Diretto da Margherita Ferri, il film è ispirato alla tragica vicenda di Andrea Spezzacatena, un ragazzo di 15 anni che nel 2012 si tolse la vita dopo aver subito ripetuti atti di bullismo e cyberbullismo. La pellicola si ispira al libro “Andrea oltre il pantalone rosa”, scritto dalla madre del ragazzo, Teresa Manes.
La colonna sonora è “Canta ancora” di Arisa, che nel film diventa la canzone simbolo del rapporto tra madre e figlio, e che ha contribuito a creare un coinvolgimento emotivo notevole in alcune scene.
Il film è stato presentato in anteprima lo scorso 22 ottobre alla “Festa del Cinema di Roma”, uno degli eventi cinematografici più prestigiosi in Italia, dove era presente anche la madre di Andrea, la quale ha rilasciato un’intervista in cui ha sottolineato l’importanza di “abbattere il muro del silenzio”.
Durante l’evento il cast è stato accolto con entusiasmo. Il protagonista, Samuele Carrino, ha saputo interpretare con intensità il ruolo di Andrea, un ragazzo tormentato dalla sofferenza. Claudia Pandolfi, nei panni di Teresa Manes, ha reso magistralmente il dolore di una madre che ha fatto della propria vita una battaglia contro il bullismo. Andrea Arru interpreta Christian, un compagno di scuola di Andrea e uno dei principali responsabili del suo tragico gesto; infine Sara Ciocca veste i panni di Sara, la migliore amica di Andrea.
La pellicola si concentra sul dolore di Andrea ma anche su quello di Teresa, una madre che si accorge troppo tardi della tragedia che sta vivendo il figlio. Un dolore che nasce in parte da un episodio apparentemente banale: il lavaggio sbagliato dei suoi jeans, che diventano rosa, ma che ad Andrea piacciono e che quindi continua a indossare, non sapendo che sarebbero diventati il pretesto per atti di violenza nei suoi confronti.
Andrea Spezzacatena era un ragazzo brillante, educato, studioso, bravissimo nel canto, tanto da far parte per un po’ di tempo di un coro che si esibiva davanti al Papa. L’essenza di Andrea si può percepire già da una delle prime scene del film, in cui sua mamma e sua nonna lo guardano giocare. Teresa osserva “Andrea è un ragazzino felice”, ma la nonna risponde “oppure vuole solo far felice gli altri?”. Questa semplice conversazione, apparentemente banale, è, in realtà, il focus della tragedia che poi si svilupperà. Nessuno, infatti, si è mai reso conto della sofferenza velata dietro gli occhi apparentemente sorridenti del ragazzo. Una sofferenza taciuta per non gravare sui genitori, già alle prese con un divorzio. Una sofferenza che cresce e diventa parte di Andrea, fino ad ucciderlo.
Questa scena, breve ma pregnante, mette in luce una delle tematiche centrali del film: il contrasto tra ciò che appare e ciò che si nasconde, tra il desiderio di compiacere gli altri e la profonda solitudine che può celarsi dietro un sorriso. Il film costruisce con delicatezza l’evolversi di un dramma che nessuno sembra voler vedere, ma che, una volta rivelato, diventa un grido di allarme.
Ad Andrea, probabilmente, sarebbe bastato anche solo un amico. Per tutta la pellicola, infatti, notiamo un rapporto tossico con un compagno di classe, Christian, che inizialmente lo sfrutta per i compiti, successivamente lo lega a sé, facendogli credere di essere amico, nonostante continuasse a prenderlo in giro ogni giorno, in maniera più o meno velata. E sarà proprio Christian a portare allo sfascio anche l’unico rapporto sano e felice di Andrea, quello con Sara, la sua più grande amica, con la quale ogni sabato si recava al cinema, compilando poi un quaderno per dare i voti ai film scelti dall’altro. Solo che Christian, come una calamita, attira tutti a sé, e sarà anche per colpa sua se, nel periodo di massima distruzione interiore di Andrea, neanche Sara lo potrà aiutare.
Ma gli atti che il bullo compie con il suo “branco” vengono risanati appena escono poche parole dalla bocca di Christian: “Lui è mio amico.”
Andrea non riesce a liberarsi da questa “gabbia” neanche dopo il passaggio dalle medie alle superiori, ritrovando sempre “lui”, il suo “amico”, che lo vessa e lo intrappola in un mondo di pregiudizi e pressioni, che raggiungono il culmine la sera del ballo della scuola, quando ciò che doveva essere un momento divertente tra amici diventa l’apice della violenza psicologica che Andrea è costretto a subire, umiliato davanti a tutti, solo per essersi fidato di persone a cui credeva di voler bene.
Nonostante tutto quello che continua a vivere ogni giorno, Andrea non parla, ma si chiude in sé, non confrontandosi con sua madre e non chiedendo aiuto. Né, tantomeno, qualcuno si accorge dell’animo ferito del ragazzo e del profilo facebook che è stato creato per deriderlo.
L’interpretazione di Samuele Carrino è magistrale, ci rende partecipi del dolore che interpreta, mostrandoci chiaramente i segni di una vita distrutta con il tempo. Anche Claudia Pandolfi recita perfettamente il ruolo della mamma di Andrea, una mamma legatissima al figlio, che amava più di qualsiasi altra cosa, che, però, non è riuscita a cogliere tutti i segnali, ritrovandosi a dover dire addio al capitolo della sua vita più bello, come lo descrive lei stessa.
E le due potenze attoriali le notiamo in particolar modo nell’ultima scena. La più bella, la più toccante, che strugge i cuori di ogni persona presente in sala.
Andrea, infatti, ha ormai deciso di porre fine alla sua vita, alla sua sofferenza, ma prima vuole salutare un mondo che non l’ha saputo proteggere, festeggiando il suo ultimo compleanno. Saluta l’amica, con la quale si riappacifica dopo tempo, alla quale consegna il quaderno dei film, dicendole che il prossimo film l’avrebbe scelto lui. Sapendo già, però, che un ultimo film non ci sarebbe stato. L’abbraccio tra i due è carico di emozione e lo spettatore lo vive amplificato, in quanto già consapevole di ciò che di lì a poco succederà.
La scena cambia, sono tutti radunati attorno ad un tavolo alle giostre, la mamma sta portando la torta a tavola. La canzoncina di auguri risuona lontana, rimbomba, facendoci percepire come Andrea stesse vivendo quel momento. Andrea sorride, con il suo pantalone rosa, è felice, perché “tornare bambini è bello, a quando era tutto più semplice”.
La musica in sottofondo accompagna il momento di tensione emotiva, l’attenzione viene posta sui sorrisi rilassati di tutti, sul fratello, sui nonni, poi sull’abbraccio compiaciuto di un padre fiero di suo figlio.
“La mia ultima giornata sulla terra è stata serena. Dopo tanto tempo, ero di nuovo felice”
Poi i protagonisti della scena diventano Andrea e la madre. La musica, che fino a qual momento era stata solo di accompagnamento, esplode quando i due si abbracciano, facendoci percepire la forza del sentimento e il dolore di un figlio che avrebbe voluto stringere la madre a sé per sempre, e di una madre che aveva improvvisamente capito.
Grazie alla musica, a quell’abbraccio partecipa anche il pubblico, che si lascia andare a un pianto di tristezza, consapevolezza e responsabilità. Perché tutti noi siamo colpevoli della morte di Andrea.
Il film si chiude con un’immagine di Teresa, distrutta dal dolore, mentre scrive il libro per il figlio, con occhi pieni di rimpianto. La sua lotta contro il silenzio, contro l’indifferenza, è il grido di speranza che emerge dal buio della tragedia. Le sue parole non sono solo un omaggio ad Andrea ma anche un monito per il mondo: “Le parole sono come dei vasi di fiori che cadono dai balconi, se sei fortunato li schivi e vai avanti sulla tua strada, ma se invece sei un po’ più, diciamo, lento, ti centrano in pieno, e ti uccidono”.
“Il ragazzo dai pantaloni rosa” ci consegna la storia di Andrea, una vita spezzata dal bullismo e dall’indifferenza, che è stata la migliore amica di Andrea per troppo tempo, ma soprattutto ci invita a non dimenticare mai il potere delle parole. In un mondo che troppo spesso ignora il dolore altrui, Andrea si è battuto da solo per non far trionfare l’odio ma la sua lotta non è stata ascoltata. Andrea, infatti, non ha mai pensato di far vincere i bulli, ha continuato ad indossare i pantaloni rosa proprio per non farli trionfare, ma è sempre stato l’unico contro un mondo di pregiudizi e violenze. La sua morte è il risultato di un silenzio assordante che ha coperto la sua sofferenza. Questo film non è solo un racconto, è una chiamata a prendere coscienza delle nostre responsabilità: ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo possono fare la differenza. Non dobbiamo più aspettare che sia troppo tardi per tendere una mano. Che il sacrificio di Andrea sia il nostro punto di partenza per cambiare, per non rimanere mai più indifferenti.