Napoli. La voce diviene racconto ed evoca visioni, l’elemento visivo fa da contrappeso a quello verbale, in perfetto equilibrio. Questo è il cuore dell’arte del buon narratore e il luogo dove si giocano l’abilità e la pratica, ormai, trentennale di Marco Baliani, che torna sul palcoscenico del Teatro Nuovo di Napoli con due spettacoli in successione: “Kohlass”, in scena giovedì 27 febbraio, e “Una notte sbagliata”, in scena da venerdì 28 febbraio a domenica 1 marzo.
Gli spettacoli di Marco Baliani sono soliti tracciare storie che hanno al centro il bisogno insaziabile, nell’uomo, di “un posto nel mondo dove sentirsi nel giusto, nel diritto”, proprio secondo le parole di Michele Kohlhaas. La forza interiore di sfidare il destino, la paura e la vita, diventano elementi fondamentali delle scelte personali e del percorso di ognuno.
“Kohlhaas”, presentato da Trickster Teatro, è lo spettacolo che ha inaugurato un nuovo modo di fare teatro in Italia, e che ha dato il via alla grande stagione del teatro di narrazione. Uno spettacolo che, però, riprende una tradizione antica, quella del racconto orale. La storia di Kohlhaas è un fatto di cronaca realmente accaduto nella Germania del 1500, scritto da Heinrich von Kleist in pagine memorabili.
È la vicenda di un sopruso che, non risolto attraverso le vie del diritto, genera una spirale di violenze sempre più incontrollabili, sempre in nome di un ideale di giustizia naturale e terrena, fino a che il conflitto generatore dell’intera vicenda non si risolve tragicamente, lasciando intorno alla figura del protagonista un’ambigua aura di possibile eroe del suo tempo.
In “Una notte sbagliata”, presentata da Marche Teatro, Baliani porta in scena il corpo di un essere umano fragile, e in quella notte, definita sbagliata, diventa un capro espiatorio su cui accanirsi. Entrare e uscire dalle teste e dai corpi dei protagonisti notturni della vicenda, compreso un cane, diviene una gincana d’attore, tra continui cambi percettivi e linguistici, circondato da una rete di rimandi sonori e visivi.
Dopo il precedente spettacolo “Trincea”, ecco un’altra tappa di quello che Baliani ama definire teatro di post-narrazione. Una narrazione dove il linguaggio orale del racconto non riesce più a dispiegarsi in modo lineare, ma si frantuma, produce loop verbali in cui il Tempo oscilla, attraverso flussi di parole che prendono strade divaricanti e cercano di circoscrivere l’accadimento di quella “notte sbagliata”.
Non è la cronaca di uno dei tanti episodi di accanimento contro la diversità, di cui sempre più spesso siamo testimoni. Quella manciata di minuti, che tanto durerebbe nel Reale il puro accadere dell’evento, si amplifica e diviene big bang di quell’universo di periferia, si espande nelle teste dei partecipanti all’evento, compreso il cane, risucchiando come un buco nero anche chi è vicino ai cuori e alle coscienze di chi sta agendo.