Napoli. Al Ridotto del Teatro Mercadante dal 20 al 30 marzo “Il tempo delle stelle”, tratto dall’omonimo romanzo di Massimiliano Virgilio, suo è l’adattamento realizzato insieme alla regista Veronica Cruciani.
Protagonisti sono Lara (Romina Colbasso) assistente sociale e il suo compagno Giuseppe detto Geppe (Edoardo Sorgente) che, insieme da quasi 10 anni, alla soglia dei 33 anni l’una e 34 anni l’altro, iniziano a desiderare di avere un figlio.
Il tema affrontato è quello dell’infertilità sia come condizione medica, attraverso la descrizione della trafila della FIVET cui i due si sottopongono e dei relativi fallimenti, sia le conseguenze psicologiche che ne derivano, oltre all’incapacità di raggiungere quel ruolo sociale desiderato, nato dal confronto con le altre coppie di amici e conoscenti che, dopo un’adolescenza nei collettivi in cui consideravano la maternità come espressione del patriarcato, ora non fanno altro che “figliare” e pubblicizzare la propria maternità sui social.
È evidente nel testo l’intervento della Cruciani attenta all’uso della parola, riuscendo così a capovolgere il trend del romanzo in cui Virgilio utilizza uno stile che qualcuno ha definito “capace di fagocitare totalmente la narrazione”, prevalendo sul racconto e sui personaggi, ponendosi al centro di ogni cosa.
Mentre Virgilio ha un’attenzione spasmodica nell’utilizzare termini caduti in disuso, rendendo in questo modo la lettura farraginosa, con un incedere non sempre fluido e scorrevole, la Cruciani ricorre a termini di uso comune, funzionali a una narrazione quanto più lineare possibile, a tratti quasi scontata, in cui i personaggi sono al centro della storia.
La drammaturgia pare però più idonea a un prodotto audiovisivo come una situation comedy moderna che, abbandonando lo schema rigido di quelle classiche divise in episodi autoconcludenti, mostra in un tempo più lungo l’evoluzione della coppia.
E così, dall’essere coppia inizialmente perfetta in cui l’uno completa le frasi dell’altr, entrano in crisi profonda quando non riescono a soddisfare questo desiderio di maternità che pare solo di Lara e i due si accorgono in fondo di non essere diversi dagli altri, troppo concentrati sui propri bisogni fino a fare esaurire l’idea stessa di coppia.
Lo storytelling è basato sulla rappresentazione emotiva e sociale della vita quotidiana dei due protagonisti ai quali poi si aggiunge Fatima (Sharon Spasiano con una bella voce che intona a cappella), una ragazzina dai riccioli neri, affidata agli assistenti sociali perché il padre Victor è detenuto e Lara in un momento di disperazione vorrebbe sottrarla al padre e adottarla.
Non mancano alcune battute di Geppe che vogliono far scattare la risata nel pubblico e ci riescono, senza dovere ricorrere a quella registrata delle sit.
Nel personaggio di Lara si è notato un overacting, risultando così un recitato poco autentico con una risposta non sempre naturale e organica al dialogo fra sé, Geppe e il contesto, si è avvertita in particolare una mancata connessione con l’ambiente fuori di sé quando i due si sono lasciati e Geppe è tornato a casa a riprendere le proprie cose e l’ha trovata seduta sulla terra accanto alla pianta di limoni.
Geppe, invece, ha mantenuto la concentrazione nel processo di ascolto e risposta della donna, risultando sicuramente più credibile e portando lo spettatore a empatizzare con lui.
Forse bisognava lasciare che il dolore – che in quelle circostanze si manifesta col silenzio – parlasse da sé.
Crediti foto: Ivan Nocera.