Milano. La Corte Suprema degli Stati Uniti è in lutto. È morta Ruth Bader Ginsburg, seconda donna ad accedere alla Corte Suprema e ben nota, nel mondo intero, per le sue battaglie sulla discriminazione di genere. La sua fama è stata definitivamente sancita nel 2018 con il film “Alla corte di Ruth – RBG” legittimamente celebrativo della protagonista ed anche candidato al premio Oscar per il miglior documentario.
Ruth Bader Ginsburg era, oltre che una costituzionalista, una processualcivilista e proprio procedura civile ha insegnato alla Rutgers University negli anni dal 1963 al 1972. Recentemente, durante una ricerca nell’ambito della quale mi occupavo di fishing expedition o, per dirla all’italiana, di prova esplorativa, tema al quale ho dedicato il mio ultimo libro, intitolato non a caso, “La Pesca di frodo”, mi sono imbattuta in un suo provvedimento del 2015 nel caso Yates v. United States, che, coinvolgendo un commerciante di pesce, è diventato particolarmente famoso in quanto “terreno fertile” per la citata metafora della fishing expedition; la curiosità di saperne di più su questa giudice mi ha indotto a fare qualche ricerca sulla sua vita e sulle sue pubblicazioni, pur non essendomi mai occupata di temi quali quelli da lei normalmente affrontati; ho così scoperto, tra il resto, quanto fosse importante il rilievo che Ruth Bader Ginsburg attribuiva alla comparazione tra ordinamenti giuridici. Illuminanti sono le parole dalla stessa pronunciate nel 2005 nell’ambito di una lecture all’Emmanuel College di Cambridge (UK): “the U.S. judicial system will be the poorer… if we do not both share our experience with, and learn from, legal systems with values and a commitment to democracy similar to our own” e ancora “we should approach foreign legal materials with sensitivity to our differences and imperfect understanding, but imperfection, I believe, should not lead us to abandon the effort to learn what we can from the experience and wisdom foreign sources may convey. Comparative sideglances can sometimes aid us in deciding not only what we should do, but what we should not do” (“A Decent Respect to the Opinions of [Human]kind”: The Value of a Comparative Perspective in Constitutional Adjudication, in FIU L. Rev. 27, 2006). Da queste parole emerge ancora una volta l’immenso valore di questa donna non solo quale instancabile paladina dei diritti umani e delle battaglie contro le discriminazioni di genere, ma anche come indubbia sostenitrice di un concetto di cultura giuridica aperto alla comparazione e allo scambio che oggi fortunatamente sembra essere la regola, ma che per lungo tempo è stata invece rinnegata.