Tricase. “Istantanee” è l’ultimo libro pubblicato da Terra Somnia Editore, una raccolta di racconti della pittrice romana Caterina de Mari. O meglio, una “collana di fulmini” come ha scritto Patrizia Rinaldi, che ne ha curato la prefazione. Sono infatti storie di violenza sottaciuta, latente, come un cancro solitario che si insinua nel corpo di una persona, minandone alla radice la sua vitalità. Protagoniste di queste storie sono le donne: mogli, figlie, compagne, donne predestinate alla sofferenza senza sconti di pena.
Caterina de Mari esordisce nella narrativa con una prosa asciutta, concreta, che non lascia spazio a zone di comfort. Il lettore è messo sin da subito con le spalle al muro: andare a fondo significa infrangersi con la realtà, molto spesso dolorosa, che abita queste vite. Ci sono donne che vivono recluse negli spazi angusti di una convivenza andata a male, ma anche mogli stanche, perse nella metafisica aspaziale della loro vita decadente. Inermi, violate, smarrite, in procinto di compiere l’ultimo passo che le divide dal baratro, che come per magia, diviene metafora di salvezza, di liberazione definitiva.
“Ora o mai più, continuavo a ripetermi mentre le mie gambe non riuscivano a stare ferme. Passi lenti ma decisi lo precedettero ed ecco che comparve sempre con quell’aria sicura di chi sa di avere in mano la situazione. Lui il gatto, io il topo”. Sullo sfondo la tensione pulsa nella mente del lettore, si fa strada l’idea di qualsiasi espediente pur di spazzare via il labirinto degli abusi e riprendersi, con fierezza, la dignità violata.
La pena infinita di queste donne è la nostra, lo squarcio insito nelle loro esistenze si tramuta nella crepa che riflette la potente luce della vita, l’umana urgenza di salvarsi. Accanto ad esse ce ne sono altre, che nel trauma di un abbandono ritrovano l’impetuosa forza dell’andare avanti, cancellando ogni traccia del passaggio con dei secchi di “Vernice”.
“Istantanee” di Caterina de Mari è quindi un libro scomodo, un libro che può risultare indigesto, perché intriso di quei frammenti, che le cronache quotidiane, spesso, ci catapultano addosso gratuitamente. Amori infranti, madri annichilite, spose bambine costrette a non tradire la consuetudine indegna di chi decide per loro, finché morte non li separi; figlie ignare della barbarie che di lì a poco sarà praticata, per non sopportare il marchio di un popolo come conseguenza. Per non essere considerate impure per sposarsi. Ma anche storie di famiglia, che dal passato tornano nella vita della protagonista, con la pretesa di chiarire una vita sbagliata.
Sessantanove pagine di verità, ventuno racconti accolti nella collana fuoripista, un contenitore di espressioni artistiche tra le più varie, la cui sostanza – dicono gli editori – rappresenta un valore culturale da diffondere.
Progetto grafico e copertina a cura di PLAM Creative Studio.