Napoli. Al Teatro Bellini dal 26 novembre al I dicembre è possibile assistere a “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, regia di Paolo Valerio, una produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e della Goldenart Production realizzata nel 2023 in occasione dei 100 anni della pubblicazione del romanzo.
Protagonista è Alessandro Haber nei panni di Zeno Cosini che, ormai anziano, con una vistosa barba bianca, con indosso un abito grigio perla, si trascina aiutandosi con un bastone e ripercorre gli avvenimenti più significativi della propria esistenza.
Con il rumore in sottofondo della bora che avanza (musiche Oragravity) si apre il sipario ed ecco apparire un grande occhio sul fondo che ricorda quello surrealista di Salvador Dalì, una finestra sulle cose invisibili.
È messo lì a simboleggiare quello di Freud che osservava con attenzione i propri pazienti alla ricerca di indizi che giustificassero tratti comportamentali incomprensibili o inaccettabili, non classificati come fisiologici.
Sebbene Svevo critichi per bocca di Zeno la psicanalisi, è egli stesso poi a prendere in esame i legami transgenerazionali, nel suo caso quello turbolento col padre, per svelare al pari di Freud “la follia” della vita mediante una connessione tra le attività sue e di chi lo ha preceduto.
Fa emergere poi quel nuovo soggetto introdotto sempre da Freud, ossia la coscienza individuale. E per rendere bene quest’analisi interiore, l’ambiente è monocromatico, vi predomina il grigio: nei tendaggi, nella scenografia, negli abiti (scene e costumi sono di Marta Crisolini Malatesta), nei pochi oggetti presenti.
La dinamica portata in scena è propria della poetica enunciativa di Svevo narratore-personaggio: il narratore é Zeno Cosini ormai vecchio (Alessandro Haber) che sembra intrappolare il protagonista della storia – che può essere anche lo stesso Zeno Cosini giovane (Francesco Godina) – esaltando la sua negatività nel racconto e, dopo averlo enunciato, l’episodio viene rappresentato.
Gli altri personaggi (Alberto Fasoli, Valentina Violo, Stefano Scandaletti, Ester Galazzi, Emanuele Fortunati, Francesco Godina, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo), tutti già in scena, in penombra, di volta in volta avanzano dando vita a una serie di quadri raffiguranti episodi della vita di Zeno, con sullo sfondo proiettate immagini color seppia della città di Trieste (i video sono di Alessandro Papa).
Non c’é un distacco e una separazione tra Zeno narratore/coscienza e i personaggi che sono alimentati dai suoi ricordi, anzi spesso dialogano tra loro, confondendo e sovrapponendo volutamente i piani temporali.
Spesso è Zeno anziano a chiedere al giovane di essere lui stesso protagonista di quell’episodio perché particolarmente sentito, come quando doveva dichiararsi ad Ada.
La scena è spoglia, c’è una poltrona grigia sulla quale si accomoda Haber e poi sono portate in scena e fuori dagli altri attori delle sedie, che all’occorrenza diventano anche letto sul quale morirà il padre (buona interpretazione di Francesco Migliaccio e in generale degli altri attori).
Commuove e si commuove sul finale Haber dopo il lungo flusso di coscienza, nel quale non c’é una pretesa di verità, né tanto meno espressione di giudizio, ma la constatazione e accettazione della sua originalità.