Roma. Un curriculum vitae, quello di Maurizio Roi, che annovera incarichi che spaziano dalla politica alla cultura, è stato infatti consigliere comunale, sindaco e vicesindaco di Bagnacavallo, sua città natale, per poi ricoprire il ruolo di Presidente di ATER, Associazione Teatrale Emilia Romagna e Presidente dell’Associazione “Arturo Toscanini” di Parma, solo per citare alcuni dei percorsi intrapresi nel tempo. Percorsi contraddistinti sempre da una grande sensibilità e dalla volontà di valorizzare in modo particolare quegli ambiti meno noti al grande pubblico, nella convinzione che l’ottima riuscita di un progetto si avvale necessariamente della giusta sinergia tra il centro e le aree periferiche.
Abbiamo raggiunto virtualmente Maurizio Roi per farci raccontare nel dettaglio le sfide entusiasmanti che lo hanno interessato in questi ultimi anni, prima come Sovrintendente del Teatro “Carlo Felice” e ora come Presidente di Left Wing, e per conoscere, più da vicino, la tipologia di lavoro che si cela dietro realtà importanti che danno lustro al nostro Paese.
Lei è stato Sovrintendente di una realtà prestigiosa come il Teatro “Carlo Felice” di Genova e durante il suo mandato ha lavorato spesso in una direzione, ovvero ampliare i rapporti tra il centro della città e la periferia affinché tutti i cittadini potessero sentirsi parte della cultura, ponendo in essere una serie di iniziative che avvicinassero concretamente il pubblico ad un centro nevralgico come è, appunto, il Massimo genovese.
Alla luce di questa esperienza, il suo bilancio qual è?
Assolutamente positivo. Io sono stato chiamato al “Carlo Felice” in una situazione d’emergenza, che nei primi mesi si caratterizzava quasi come un commissariamento. Crisi economica, disgregazione dell’organizzazione, crollo della credibilità del teatro e del pubblico e conflitti sindacali e tra i lavoratori. Questo lo scenario.
Il primo problema era riconquistare credibilità e ricostruire il ruolo del teatro nella città e nel suo territorio.
Il Teatro non è solo un luogo dove si ospitano spettacoli più o meno belli, è “un progetto per la città”, un servizio pubblico, un volano dello sviluppo e della qualità di un luogo. Da un lato abbiamo lavorato sul prestigio e la qualità, dall’altro sull’abbattere ogni barriera culturale oltre che materiale per l’accesso al teatro. Ospitare eventi di varia natura ha avvicinato chi non è avvezzo al teatro, ricordo dopo pochi mesi lo stupore dei giornali perché avevamo ospitato nel Foyer una serata DJ organizzata da un’associazione di giovani. Organizzare il trasporto pubblico, in città e dalle valli attorno a Genova con l’aiuto dell’azienda dei trasporti, è stata una novità, come – anche se sembra paradossale – creare l’abitudine di andare eleganti all’inaugurazione della stagione e alla prima (si era talmente persa l’abitudine che alla mia prima inaugurazione ero il solo in smoking). Mai dimenticare che l’abito fa il monaco e anche la circostanza. Vestirsi bene in certi contesti è persino più importante per i ceti meno abbienti e per i giovani e definisce l’importanza di ciò che si fa. Le periferie vanno riqualificate, ma chi ci vive desidera anche andare nel centro della città storica e viverla. È una questione di equità. Quando ho terminato il mio mandato, il teatro non era solo risanato ma aveva riconquistato il suo prestigio e disegnato il suo ruolo in città.
È Direttore generale del “Lerici Music Festival”, una kermesse che sin dalle origini, nel 2017, si è contraddistinta per la grande apertura nei confronti di artisti ed intellettuali di fama internazionale. Può raccontarci qualche dettaglio e qualche curiosità a proposito dell’edizione di quest’anno, conclusasi agli inizi di agosto?
Lerici è un Festival molto giovane, nato nelle piazze dello splendido paese cuore del Golfo dei Poeti. Con questa edizione possiamo dire di avere terminato la fase di costruzione, trovando la sede principale a Villa Marigola, splendida villa antica con uno dei più bei giardini storici italiani. Il profilo del festival è costruito attorno alla storia di un luogo che è stato scelto da tanti intellettuali, artisti, imprenditori come sede dell’anima. Per questo abbiamo lavorato per costruire un legame permanente con un vasto gruppo d’artisti che si esibiscono diverse volte durante la manifestazione, oltre ad invitare ogni anno nuovi amici. Siamo un festival e come tale facciamo progetti più che semplicemente spettacoli. L’altra originalità è che il Festival si propone di trovare dai donatori la maggioranza delle proprie risorse. Non è solo un bisogno, è una scelta. Vogliamo contribuire a creare la cultura del mecenatismo e del sostegno diffuso alla cultura e all’investimento nell’arte, come espressione della responsabilità sociale delle imprese e delle persone. Lavoriamo alla comunità degli amici del “Lerici Music Festival” e delle attività che attorno ad esso svilupperemo. Il festival ha da sempre un profilo internazionale e molto attento ai temi principali della contemporaneità. Una sezione è dedicata all’economia circolare in collaborazione con Opera FOR Peace.
Si è appena conclusa l’ottava festa di Left Wing, associazione fondata nei primi anni Duemila che si occupa di politiche culturali, con un occhio sempre rivolto all’attualità, e che ha anche una rivista omonima: qual è il bilancio complessivo?
Il bilancio dell’ottava festa è molto buono, a partire dal luogo dove l’abbiamo organizzata. Essere in un parco pubblico frequentato normalmente da mamme, anziani e bambini è stato un arricchimento. La cosa che però mi piace sottolineare è stata la quantità di persone, professionisti, politici, esponenti di associazioni o semplicemente persone coinvolte o attive sui temi di cui ci siamo occupati. Certo, il lavoro fatto in questi anni ha costruito la nostra credibilità e ci dice anche che le energie in questo paese ci sono se si vogliono ascoltare davvero. Non abbiamo fatto alcun dibattito, solo tavoli di discussione, anche molto operativi, su leggi, temi o iniziative su cui i parlamentari che fanno riferimento all’Associazione hanno lavorato e lavoreranno senza perdere il contatto con chi ci ha voluto dare una mano. Non si vedono molte cose simili in giro e noi ne siamo orgogliosi.
C’è un progetto che sogna di attuare nell’imminente futuro?
Si, uscire dalla pandemia e rilanciare la radio, la rivista, i convegni ed i seminari di approfondimento in giro per l’Italia. Vogliamo crescere e cerchiamo energie.