Bologna. Constanza Macras, coreografa argentina di base a Berlino e figura tra le più importanti del panorama della danza contemporanea, sempre attenta alle tematiche attuali e sociali, presenta al Teatro Arena del Sole di Bologna, un grande progetto performativo con bambini e giovani dai 5 ai 22 anni provenienti da una delle zone più difficili di Johannesburg. “Hillbrowfication – a part of SPACE TALES, future cities” porta in scena la realtà di Hillbrow, quartiere della città più popolosa del Sudafrica, dove la situazione dei migranti, la violenza e la xenofobia costituiscono aspetti durissimi e costanti della quotidianità.
Gli interpreti, coinvolti in un laboratorio all’Hillbrow Theatre Project (Outreach Foundation), hanno creato un linguaggio comune che dà voce alle loro percezioni e alle esperienze di violenza avvenute nel luogo in cui abitano. Attraverso i materiali prodotti durante questo periodo di lavoro, i partecipanti, sotto la guida di Constanza Macras, hanno immaginato la “Hillbrow del futuro”: come desiderano che si trasformi la città quando loro stessi saranno adulti, ragionando sulle utopie e le distopie della ghettizzazione e della gentrificazione, tematiche tra le più urgenti della nostra contemporaneità e che riguardano molte grandi metropoli.
Durante l’Apartheid, Hillbrow era l’area “riservata ai bianchi” ma negli anni ‘70 si è trasformata in “zona grigia”, in cui persone appartenenti a etnie diverse si sono riversate per trovarsi improvvisamente a convivere. Hillbrow ha così acquisito nel tempo uno spirito cosmopolita e progressista fino a diventare uno dei primi quartieri di insediamento delle comunità omosessuali di tutto il Sudafrica. Tuttavia, in seguito a un vero e proprio esodo dei residenti appartenenti alla classe media avvenuto nel corso degli anni ‘80 e al decadimento strutturale della maggior parte degli edifici, nel decennio successivo la zona si è trasformata in una baraccopoli. Oggi infatti Hillbrow è sovrappopolato, registra una notevole presenza di migranti e le condizioni di vita per gran parte degli abitanti sfiorano la povertà, il tasso di violenza e criminalità è estremamente elevato, così come è in aumento l’intolleranza e la paura per la delinquenza dilagante.
Lo spettacolo è parte di “SPACE TALES, future cities”, un progetto finalizzato allo scambio di pratiche creative e interdisciplinari tra artisti sudafricani e tedeschi, con l’obiettivo di indagare i fenomeni di esclusione, migrazione e xenofobia che derivano dall’organizzazione architettonica delle città.
La globalizzazione sta producendo negli anni processi di “esclusione interna” con il conseguente isolamento di gruppi in seno alla stessa realtà cittadina, come dimostra l’ideologia razzista dell’Apartheid, che si è tradotta concretamente in una meticolosa pianificazione spaziale e urbana. Ugualmente, l’intervento sugli spazi ha costituito una strategia cruciale per tutti i movimenti post-apartheid, nel tentativo di far rinascere una tolleranza interculturale per la salvaguardia dei diritti umani. Eppure le configurazioni urbane dei fenomeni di esclusione costituiscono un’eredità che identifica il paesaggio sudafricano: basti pensare alla ghettizzazione delle comunità nere e dei migranti nelle township di periferia, il confinamento dei ricchi (in maggioranza bianchi) dovuto al timore della criminalità e la frammentazione dei luoghi in base alle diverse etnie di appartenenza.
La piattaforma “SPACE TALES, future cities” crea così, attraverso una serie di collaborazioni artistiche, un dialogo trasversale per proporre realmente “architetture del futuro”, cercando di arginare il fenomeno della ghettizzazione attraverso l’arte, nello specifico attraverso la finzione che lo spettacolo mette in scena; intesa come un modo per sovvertire il presente. Un progetto che tenta quindi di intervenire concretamente sulle reali dinamiche urbane costituite, ripensando la circolazione dell’arte all’interno della dimensione cittadina.