Lecce. Se c’è una regione che ha intuito sin da subito il potere della musica questa è senza dubbio la Puglia. E non parlo degli ultimi dieci anni caratterizzati dalla nascita di enti che ne hanno capito il potenziale. Mi riferisco ad una corrente di pensiero che si è sviluppata in un qualcosa di molto più profondo fatto di tradizione e sperimentazione, passando dalla raggamuffin e dalla dancehall reggae originarie del Salento, combinati ritmi giamaicani e sonorità locali, come l’uso del dialetto salentino e le ballate di pizzica e tarantella. Questo mix è stata la vera chiave che ha dato uno stimolo non solo musicale ma anche sociale. In un mondo come quello dello spettacolo in cui tutto viaggia alla velocità della luce, il filo conduttore capace di tenere unita questa consapevolezza è l’appartenenza alle proprie radici. Antonio Ferdinando Blasi, in arte “Nandu Popu”, con la sua esperienza trentennale nei Sud Sound System è stato ed è tuttora uno dei testimoni ed interpreti più autorevoli. Oggi ha deciso di mettersi in gioco come candidato della lista “La Squadra per la musica” nelle elezioni del Nuovo IMAIE portando questi valori.
Ferdinando, c’è un verso della canzone “le radici ca tieni” che dice “Se nu te scierri mai de le radici ca tieni – Rispetti puru quiddre de li paisi luntani – Se nu te scierri mai de du ede ca ssa ieni – Dai chiù valore a la cultura ca tieni”. Quanto è stata importante questa radice nella tua carriera di musicista?
“Le radici ca’ tieni” rappresenta per me e per i Sud Sound System un grande messaggio di unione contro il razzismo, e questo lo dico anche da cittadino del Sud in cui il Sud è inteso come un’altra parte del mondo e non come Italia, soggetto a vessazioni, scherno e gesti razzisti. È un messaggio che viene proprio dal cuore e serve anche per dare uno schiaffo morale a tutti quelli che si ritengono al di sopra di altre persone, consci del fatto che non esistono esseri umani migliori o peggiori, ma solo esseri umani. Purtroppo, l’abilità degli esseri umani è dettata anche dal contesto in cui vivono e proprio le difficoltà hanno forgiato le persone del Sud a lottare senza mai perdere il sorriso. Non dobbiamo mai dimenticare che è la nostra Terra ad alimentare la nostra arte e il Sud Italia è una fucina di musicisti, attori e poeti che hanno ancora tanto da dire e, visto che parliamo di radici, il Sud è anche quella culla del mondo che è chiamata Magna Grecia e se oggi c’è un mondo occidentale che si occupa di scienze, filosofia, letteratura e quanto altro lo deve proprio a quegli illustri signori che popolarono queste terre. Queste sono le mie radici ed anche la mia identità che non vuol dire ribadirla ai danni di qualcuno, ma come messaggio di fratellanza, di unione e di amore che ancora una volta il Sud lancia verso il mondo.
Anche se sei entrato successivamente nei Sud Sound System hai comunque contribuito a creare e a diffondere uno stile che fa parte della storia della musica pugliese. In questo percorso fatto di sperimentazione e tradizione, com’è cambiata la musica in Puglia e i suoi interpreti che ruolo hanno avuto?
Sono entrato nel 1993 ma già dal 1987 ho iniziato a frequentare le prime dancehall. La cosa più bella di questa esperienza è stata quella di riscoprire la musica salentina. Il mondo ha conosciuto la pizzica soltanto dopo che abbiamo iniziato a suonare. Gli antropologi e i sociologi la conoscevano già, grazie alle scoperte di Ernesto de Martino. Conoscevo cos’era la taranta, mentre la pizzica era un genere per pochi e noi abbiamo fatto capire ai giovani che la danza comunicata e manifestata era una danza di lotta. Infatti, ricordiamo che queste donne che si agitavano sul ritmo del tamburello erano di un periodo storico in cui venivano considerate l’ultimo anello della società, destinate a diventare mogli di uomini che non amavano e ad avere figli finché fosse possibile. Era un vero dramma perché non erano libere di vivere la loro vita sia nella sfera privata che in quella pubblica. Oltre a questa ricerca storica abbiamo unito al suono della taranta quello del raggamuffin (una musica polare di ex schiavi neri in un’isola dei Caraibi) come motivo di lotta. Questo è l’insegnamento più bello, grazie alla sperimentazione fatta. Il passaggio più importante è stato riiniziare una lotta popolare e sociale al fine di smuovere le coscienze. Ecco perché mi ricollego al “simu salentini de lo munnu cittadini” che non è un’ostentazione della propria provenienza, ma una identità da cui bisogna ripartire con le persone della provincia, le quali raccontano le bellezze di questi luoghi, enunciando anche i temi dell’ecologia con l’amore verso la propria terra.
ll lockdown ha rappresentato per tutti i musicisti e i lavoratori dello spettacolo l’allontanamento dal pubblico e quindi dai concerti. Come hai vissuto questo periodo? Cosa ci dobbiamo aspettare quando tutto tornerà alla normalità, un tour, un nuovo album o tutti e due insieme? Che progetti hai per il futuro dei Sud Sound System?
È stato veramente drammatico anche perché siamo un’etichetta indipendente e tutte le nostre produzioni vengono finanziate da noi o dalle tournée che ci permettono di mettere da parte i capitali necessari per poter produrre nuove canzoni, nuovi album. Inoltre, ci sono una dozzina di persone che lavorano con noi, sia in studio che nei live, per cui non abbiamo voluto lasciare a casa nessuno e abbiamo sofferto e stiamo soffrendo perché anche se si parla di vaccini siamo sicuri che nel 2021 non ci sarà una tournée negli stadi e nelle piazze. È pronto l’album del trentennale in cui ci sono delle stupende collaborazioni che non posso spoilerare, ma posso solo dirvi che ci saranno grandissimi artisti italiani e salentini. Io, intanto, ho scritto un nuovo libro che è stato letto dal direttore artistico dei cantieri teatrali Koreja, Salvatore Tramacere, e dal quale abbiamo tirato fuori uno spettacolo teatrale che avrà la stessa sorte dell’album, quindi aspettiamo la fine del lockdown per poter circolare indisturbati per il mondo. Anche se abbiamo innumerevoli mezzi di comunicazione digitale che posso abbattere molte barriere, penso che il rapporto umano è ancora oggi insostituibile.
Anche tu sei un candidato della lista “La Squadra per la Musica” per le elezioni del Nuovo IMAIE del 22-23-24 maggio. In un periodo di grande cambiamento come questo cosa può rappresentare il Nuovo IMAIE per la Puglia e il Sud intero? In cosa è necessario lavorare per il mondo dei diritti connessi?
Mi sono candidato con “La Squadra per la Musica” perché credo in questo progetto. Il Nuovo IMAIE deve rappresentare un’ottima esperienza per gli artisti indipendenti e ci siamo messi in gioco perché vogliamo migliorarla, facendola arrivare nelle provincie, nei piccoli luoghi dove appunto gli artisti indipendenti descrivono la musica sotto diverse sfumature. Un po’ com’è stata la sperimentazione dei Sud Sound System che non è passata inosservata alle major che, spesso, anche senza pagare dazio, prendono spunto per poi riproporla nel mainstream. La cosa importante per questa lista è che del Nuovo IMAIE vuole fare trampolino di lancio di tutte le istanze degli artisti. Migliorare la comunicazione tra la collecting e i suoi iscritti per avere un controllo più oculato delle sue opere. Puglia Sound e tutte le realtà del Salento sono molto contente del lavoro svolto dalla lista “La Squadra per la Musica”. Penso che questo sforzo nei confronti dell’arte degli artisti sia importante per permettere alle etichette e agli artisti indipendenti di avere un peso maggiore nei confronti del mainstream che diffonde contenuti molto frivoli e, invece, ha bisogno di messaggi rivoluzionari, volti a tutelare la musica indipendente che bussa all’anima e vede quello che c’è nella strada e non nella vetrina del corso di una grande città. Proprio per questo “La Squadra per la Musica” ed il Nuovo IMAIE devono prendere una direzione segnando il passo, facendo capire che l’arte per gli artisti deve essere fonte di redditi e di diritti, anche e soprattutto per tutti i lavoratori dello spettacolo. Questo è il vero spirito della lista “La Squadra per la Musica”.