Firenze. Un’inedita rilettura del capolavoro di Alessandro Manzoni, che intreccia potere e oppressione, bene e male, carne e anima, desiderio e fede. In prima nazionale al Teatro Era di Pontedera (9 – 10 marzo) e poi al Teatro della Pergola di Firenze (12 – 17 marzo), debutta “I Promessi sposi” alla prova di Giovanni Testori con Luca Lazzareschi e Laura Marinoni, regia di Andrée Ruth Shammah.
“Questo è un tempo di inquietudini, di perdita di confini e valori che chiede di tornare indietro per fare il punto – afferma Andrée Ruth Shammah – confrontarsi e rimettersi ‘alla prova’. Con questo spettacolo, non solo si vuole restituire al pubblico uno dei capisaldi della letteratura italiana e far conoscere e amare la riscrittura di Testori, ma si intende esortare a camminare con una nuova consapevolezza nel nostro tempo e a riscoprire i fondamenti del teatro, come lo intendo io, ancora e sempre di più”.
Una ricerca dei principii della scena e del mestiere dell’attore che erano veri allora, nel 1984, quando il testo fu messo in scena la prima volta da Shammah, con protagonista Franco Parenti, al Salone Pier Lombardo di Milano (oggi Teatro Franco Parenti), ma che sono veri e attuali anche e soprattutto ora.
Sul palco ci sono anche Filippo Lai – iNuovi, Laura Pasetti, Nina Pons, Sebastiano Spada – iNuovi e Carlina Torta. La scena è di Gianmaurizio Fercioni, le luci sono di Camilla Piccioni, le musiche di Michele Tadini e Paolo Ciarchi. Una produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana, con il sostegno dell’Associazione Giovanni Testori.
Un’azione teatrale in due giornate in cui una compagnia di giovani attori, chiamati a rappresentare I Promessi sposi, dialogano sulle sue possibili interpretazioni sotto la guida di un maestro. Giovanni Testori rilegge Alessandro Manzoni con “I Promessi sposi alla prova” affrontando temi come la necessità della presenza di una guida nella vita e la scoperta del talento. Per Testori, infatti, nel capolavoro manzoniano “è il popolo, l’uomo, a incarnare la storia”, riconoscendola come un dono da portare a compimento.
“Ci sono momenti storici in cui alcuni testi ci sembrano necessari – afferma Andrée Ruth Shammah – la prima volta che ho messo in scena “I Promessi sposi alla prova” con Franco Parenti ne sentivo la necessità e la sento adesso, come e forse più di allora. Per quanto lontano da noi e dallo spirito del nostro tempo, un classico è tale perché capace di risvegliare dubbi ed emozioni proprie a tutti gli esseri umani, in qualsiasi epoca. Testori ha accolto, tradito o tradotto le parole di Manzoni in una nuova forma che rende contemporanee e facilmente comunicabili verità antiche di cui abbiamo nuovamente bisogno”.
Su uno spoglio palcoscenico di provincia, le pareti biancastre, l’attrezzeria falsamente in disordine, le porte, i pontili, le scalette a vista, un gruppo di giovani attori, un po’ smarriti e un po’ curiosi, prova, sotto la guida di un maestro, I Promessi sposi. Tra le pagine del copione si cela il senso del fare teatro; personaggi/uomini provano a uscire dai ruoli, quelli teatrali, ma anche umani ed entrare nel loro tempo. Luca Lazzareschi è il maestro, Laura Marinoni l’attrice che fa Gertrude, Filippo Lai l’attore che fa Renzo, Nina Pons l’attrice che fa Lucia, Laura Pasetti l’attrice che fa Perpetua, Sebastiano Spada l’attore che fa don Rodrigo e Carlina Torta l’attrice che fa Agnese.
“Si crede – interviene Shammah – di non poter far altro che abbandonare I Promessi sposi alla patina di antico che li ricopre. E se invece fosse proprio questo testo, emblema italiano dei classici, a poter parlare al presente e a raccontarne la complessità, come proprio i classici fanno? Lo pensava Testori – ragiona – quando li ha messi ‘alla prova’ del suo tempo, 30 anni fa. Lo penso io ora, che li ritrovo messi in scena, senza averli riletti, appositamente per non cedere al fascino della nostalgia. Perché è al tempo presente che parlano, questi Promessi Sposi alla prova, a un tempo di inquietudini che si avverte con forza, orfano di maestri, guide accorte e umanissimi nelle contraddizioni del reale”.
Sono ragazzi, Renzo e Lucia, a cui il maestro racconta che non fanno che vivere quel che vivono i loro coetanei di ogni tempo. Per questo, la densa intensità del lavoro è affidata a una compagnia di giovani attori, chiamati a infondersi in queste parole, con la leggerezza della loro età e la lucidità della loro passione, rivestendosene, ribellandosi, giocando al grande gioco del teatro e della vita. Le lezioni non sono soltanto educazione alla scena e al significato dell’essere attori, ma soprattutto educazione a vivere e a quello dell’essere uomini, come sosteneva, ad esempio, Orazio Costa.
“I Promessi sposi vengono sottoposti a una ‘impossibile prova di realtà’ – spiega Andrée Ruth Shammah – perché raccontino la vita, che solo sulla scena può farsi carne, inossarsi, farsi realtà. Una realtà il cui mezzo è la parola (di cui il teatro ormai sempre più diffida), e di cui invece Testori fa strumento di scavo e non di cesello. Allora – prosegue – il mio compito di regista non è portare a sé il testo, facendone strumento di messa in mostra, ma tendersi a esso, cercando di proteggere Testori con quella stessa cura con cui, a sua volta, protegge Manzoni, assumendosi, attualmente come 30 anni fa, l’audacia e il rischio di tradurlo e quindi tradirlo”.
Arte e vita si fondono. Non si tratta semplicemente di teatro nel teatro, non è “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello, in scena ci sono prima di tutto uomini, attori e dunque uomini. Il compito del maestro, regista, ma soprattutto guida, è di farsi esploratore assieme ai suoi allievi dell’animo umano e del mestiere dell’attore.
“L’obiettivo è restituire alla lucentezza che gli appartiene la ricchezza che la vita porta con sé nel farsi scena – conclude Shammah – mettendo il romanzo e mettendosi costantemente alla prova, ogni sera in modo nuovo, verso una comprensione ancora a venire delle battute e quindi di sé, in un futuro ancora tutto da immaginare: se debutto sarà, per queste vite comuni prestate al palcoscenico per essere specchio di quelle di tutti, verrà solo quando la scena sarà scomparsa dentro la vita, e viceversa”.