Bologna. Torna in scena la Compagnia Arte e Salute con la regia di Nanni Garella, che per questa occasione dirige oltre ad alcuni componenti stabili del gruppo, anche gli allievi del corso “L’alta formazione per la figura dell’attore”, in scena al Teatro delle Moline dal 4 all’8 dicembre con “Personaggi in cerca d’autore (Underground)”. Una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, che rinnova anche per questa stagione la felice collaborazione con Arte e Salute Onlus.
Per il suo nuovo allestimento il regista sceglie un classico di Pirandello, il suo testo più famoso che fu rappresentato per la prima volta nel 1921 al Teatro Valle di Roma, dove non fu accolto con successo, “Sei personaggi in cerca d’autore”, e che si fa ora, come dice il titolo stesso dello spettacolo, “underground”. In scena non uomini, né attori, ma solo “personaggi”, esseri di pura forma, rivestiti di apparenza e di sembianza umana, non compiuti, forniti di esistenza ma non di storia, creature condannate a ripetere per sempre la stessa scena.
“Quando immaginai, vent’anni fa, il bassorilievo da cui emergevano i sei personaggi ̶ incrostati di intonaco, fissati in maschere e abiti rigidi, come appunto ‘scolpiti’̶ chiesi agli attori che li interpretavano un tono alto, elevato, che scolpisse anche le parole. Quello fu il modo di dare ai personaggi la potenza tragica che sentivo come unico motivo dominante dell’opera: una potenza che deriva loro non dal dramma delle loro esistenze piccolo-borghesi, non dalla abortita novelletta mai scritta dall’autore, ma unicamente dalla purezza angelica della loro forma.
Non uomini, non attori, non fantasmi, ma personaggi, esseri di pura forma, rivestiti di apparenza e di sembianza umana, non compiuti, forniti di esistenza ma non di storia; creature eternamente dolenti, condannate a ripetere per sempre la medesima scena, tentano, da sole, di rappresentarsi, di scrivere quel dramma che è stato loro rifiutato; sfidano le leggi della natura, oltrepassano i limiti della verosimiglianza e producono, narrando il loro mito, il miracolo della apparizione dei corpi e del sangue.
Il mito ne racconta l’avvento, li colloca in un posto nel mondo, li fornisce di una identità, anche provvisoria, ma la loro ragion d’essere ha la forma di una leggenda ed è legata alla casualità di un incontro. E così quei personaggi, evocati, invocati e infine apparsi, sono pronti ad essere interrogati, si rivestono di parole. Ad ogni domanda rispondono parlando solo di sé e del mistero della propria forma, incompiuta e sofferente, immortale come qualcosa che non ha corpo, ma sanguinante da profonde ferite: una forma logica e divina come quella di un angelo, ma fragile come quella di una creatura.
È una forma, per così dire, pre-drammatica, non ancora scritta, raccontata e continuamente interrotta, ad un tratto vissuta al presente eppure sovrapposta al passato e al futuro; in una situazione che lascia tutti gli elementi del tragico, del mitico, del misterioso, allo scoperto; e i personaggi sospesi nel vuoto.
La Natura sembra scomparsa dall’universo dei personaggi in cerca d’autore, sembra essersi ritratta scontrosamente fuori dal teatro, fuori da quella sorta di laboratorio faustiano in cui un uomo crea per gli altri una realtà a sua immagine e somiglianza, sostituendosi a Dio. Nell’ombra del teatro, tuttavia, una Madre lontana, dolente, accorata ricorda a quell’uomo che anch’egli fu figlio; che Natura esiste anche in quel luogo di artificio; e che la fantasia più sfrenata, più orgogliosa, più sublime è pur sempre Natura”.