Napoli. Giovedì 30 luglio, alle ore 22:30, nel Giardino Romantico del Palazzo Reale di Napoli, Teatri di Seta e Teen Thèâtre presentano in prima nazionale “Hypàte”, spettacolo dedicato alla figura di Ipazia d’Alessandria, scritto e diretto da Aniello Mallardo, con Giuseppe Cerrone, Luciano Dell’Aglio, Serena Mazzei e Andrea Palladino. Lo spettacolo rientra nel programma della tredicesima edizione del “Napoli Teatro Festival Italia”, la quarta diretta da Ruggero Cappuccio, realizzata con il sostegno della Regione Campania e organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Alessandro Barbano.
Nel V sec d.C. una donna fu assassinata. Era bella ed era una filosofa. Fu spogliata nuda e fu dilaniata con cocci aguzzi. Le furono cavati gli occhi e i resti del suo corpo furono sparsi per la città e dati alle fiamme. A fare tutto questo furono dei fanatici cristiani.
In un limbo, luogo della memoria, Ipazia, alle prese con gli studi scientifici e filosofici, desidera ripercorrere e raccontare la sua storia per non perdersi nel nulla e non permettere ad un poeta di altra epoca di rivisitare un giorno la sua vita, trascurandone la natura di carne e di ossa. Non le resta che rappresentarsi ciclicamente nella continua dialettica con Oreste, Sinesio e Cirillo, per giungere inevitabilmente al giorno del martirio e del dolore, giorno in cui la sua vita fu brutalmente straziata. Che cosa resta allora della sua realtà? Qual è il senso del transitorio ed effimero vagare umano, di questo dibattersi continuo, affannoso, se destinato alla consunzione del tempo e alla manipolazione storica? Nella sua ineffabilità “Hypàte” si effonde come musica, non è più lei e non è altro da lei.
Nella mitologia greca, Hypàte /Ὑπάτη/ era una delle tre Muse della lira che venivano adorate a Delfi, dove si trovavano il Tempio e l’Oracolo di Apollo, inoltre designava la più alta delle tre corde su cui si articolava la scala musicale greca. Etimologicamente, dunque, la figura di Ipazia è legata alla musica che, per sua natura, secondo Schopenhauer, non esprimerà mai il fenomeno, bensì l’essenza intima del fenomeno. Infatti, proprio a causa della sua essenza transfenomenica e metafisica, Ipazia ha rivestito nel tempo divergenti e arbitrari significati: bandiera di laicità, espressione dell’intolleranza religiosa e dell’integralismo della chiesa, eroina protofemminista, martire della libertà di pensiero, agnello sacrificale dell’ultimo paganesimo, prima strega bruciata sul rogo dell’inquisizione ecclesiastica, simbolo della superiorità del paganesimo, allegoria della lotta contro gli integralismi secolari e infine emblema del radicale rifiuto delle fedi e delle ideologie pervasive. Ripercorrere le sue orme, dunque, significa, innanzitutto, affrontare la dialettica tra Storia e racconto, tra l’onestà, da un lato, di rispettare filologicamente le vite umane e la necessità, dall’altro, di rielaborare artisticamente e simbolicamente gli eventi, consapevoli che qualsiasi sforzo di adesione filologica sarà inevitabilmente violato e tradito da una visione ermeneutica dei fatti.
Nella tarda antichità la narrazione biografica si confondeva con il mito, non era fondamentale la precisione e la descrizione storica quanto piuttosto l’evocazione. Compito del biografo era quello di catturare il gesto che rivelava l’anima, corrispondesse o meno questo gesto ad un fatto realmente accaduto. Ipazia è una vita negata, in quanto barbaramente trucidata ed è una storia negata, poiché arbitrariamente violata. Che cosa resta dunque di lei e della sua realtà? All’interno di questa macrocornice dialettica tra storia e racconto, dunque, Ipazia si interroga sul senso della storia e della vita ed eleva il suo canto disperato in cerca di un ordine e di un senso. Evoca alcuni personaggi storici, Sinesio, Oreste e Cirillo per ripercorrere gli ultimi giorni della sua esistenza, lo strazio doloroso che la condurrà all’inevitabile silenzio. L’epifania di situazioni, di eventi e di relazioni ricondurrà ineluttabilmente tutti i personaggi sotto il gioco del racconto storico-simbolico e così dall’utopia di una Storia di fatti si cadrà nella loro trasformata interpretazione. Chi è Ipazia? Ipazia è la necessaria trasformazione in altro che, come afferma Mario Luzi nel suo Libro di Ipazia, non è altro ma la sua profondità medesima.