L’amore epistolare tra Kafka e Milena conclude la rassegna “Rifiorir d’estate”

Bologna. Giunge alla conclusione “Rifiorir d’estate”, la rassegna estiva nel Cortile del Teatro del Baraccano, nell’ambito di Bologna Estate 2020, il cartellone promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città Metropolitana di Bologna.
Questa sera alle 21.15 chiuderà questa lunga e particolare estate il concerto teatrale “KAFKA: LETTERE A MILENA”, una co- produzione di ATTI SONORI- Teatro del Baraccano, Museo Ebraico di Bologna, Goethe-Zentrum, Ambasciata della Repubblica Ceca, Associazione Culturale Lucerna, Centro Ceco Roma.
In scena l’Orchestra del Baraccano, diretta da Giambattista Giocoli e le voci recitanti di Rosario Tedesco e Nicola Bortolotti, sullo sfondo i dipinti scenografici di Andrea Louis Ballardini.

Partendo dal carteggio epistolare che Franz Kafka ebbe con Milena Jesenská nel 1920 viene costruito uno spettacolo declinato attraverso tre linguaggi espressivi: le parole, la musica e le immagini.
La particolare intensità delle “lettere” di Kafka, si tratta solo delle lettere da Kafka a Milena e non viceversa, viene sottolineata dalla musica del Settimino di Paul Hindemith e da Mládí di Leoš Janáček, mentre i dipinti, appositamente realizzati, ne amplificano il significato e ne stimolano le suggestioni.
La selezione delle lettere e l’adattamento teatrale sono stati curati da Rosario Tedesco, attore e regista, di cui riportiamo un estratto delle sue note.

La storia non poteva che essere una storia d’amore. Fragile e crudele, impossibile ed eterna come solo Kafka riesce ad immaginarne e a viverne.
Queste lettere a Milena sono un continuo gioco a nascondersi e a svelarsi per vaghe allusioni. Solo che Milena è troppo intelligente, perseverante e sensibile per restare al gioco.
Qui i due innamorati si spingono a svelarsi, a mettersi a nudo come mai ad entrambi forse era accaduto.
Il tutto in un tempo, che è denso di cupi presagi e di cambiamenti radicali e nefasti. L’Europa che trema sotto i loro piedi si tinge di nero, tutto vacilla: l’ordine delle cose; la conoscenza fin lì acquisita; ed infine anche il loro amore.
Kafka – irriducibile alla vita – è l’unico di cui leggiamo le lettere; le risposte di Milena possiamo solo immaginarle, intuirle e sarebbe interessante inventarle di sana pianta.

A queste lettere fa da sfondo un paesaggio naturale aspro e sublime come il cerchio di rocce aguzze che circonda Merano, dove Kafka era in vacanza.
Una lingua di legno separa gli spettatori, quasi fosse un ponte gettato sull’abisso o una zattera su cui andare alla deriva nella vita. Unica isola di certezza, la musica, sospesa come un miraggio, sul palco.
In questo tempo di Covid, in cui tutto è da ripensare: dal rapporto col pubblico e con le storie che dobbiamo portare sul palco: questa sofferta storia d’un amore epistolare mi sembra di buon auspicio per ripensare radicalmente il nostro modo d’esser dentro le storie che raccontiamo.

Le musiche scelte dal direttore Giambattista Giocoli del Teatro del Baraccano per Kafka sono di Hindemith e Janacek, opere quanto mai in linea con la fragilità di questa storia.

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