Napoli. Il 09 novembre il Teatro Mercadante ha ospitato “Medea” di Euripide, monologo adattato da Laura Morante, voce recitante, da un’idea di Elena Marazzita per la regia di Daniele Costantini, AidaStudio Produzioni.
In questi 60 minuti Medea racconta minuziosamente, a mo’ di confessione intima con il pubblico – e in questo il timbro della Morante è perfetto – il suo dolore per il tradimento e l’abbandono da parte dell’amato Giasone e la decisione lucida di uccidere non solo Creusa, la sua rivale in amore, ma anche i suoi figli, una scelta razionale, frutto di una lotta interiore con la parte emotiva.
Coprotagonista di questa narrazione e in molti tratti vera protagonista è la musica, molto bene eseguita e interpretata da Davide Alogna al violino e Giuseppe Gullotta al pianoforte, che ha contribuito, sollecitando l’immaginazione, a dare forza e senso alle parole, capace da sola di rendere le altalenanti emozioni vissute dalla donna.
Tant’è che la Morante avvolta in una stola, a ricordare il vello d’oro, unica nota di colore con l’abbinato secchiello a tracolla su un abito nero, su un fondo anch’esso nero, interrompendo la lettura, si sedeva in penombra lasciando il palcoscenico ai due maestri.
E non è un caso che i due musicisti siano partiti dalla Sonata op.80 n.1 in fa minore di Prokofiev, una delle sue opere più cupe e tormentate: l’autore, durante le prove della prima, disse che le scale graffianti alla fine del primo e del quarto movimento sarebbero dovute essere suonate come “il vento che passa in un cimitero“; raccomandando Lev Oborin, in alcuni passaggi, di essere molto aggressivo, proprio per rendere da un lato il pungente dolore, attraverso le note del violino, e dall’altro l’atmosfera intrisa di tristezza e paura attraverso quelle del pianoforte. Il senso che se ne ricava è la cupa disperazione dell’animo di Medea.
La scelta poi di una Mazurca di Chopin, nello specifico Op.17 n.4, la più celebre del genere, è stata dettata dal desiderio di incarnare la nostalgia di Medea per la sua terra e i suoi profumi.
La brevità e semplicità della raffinata costruzione lenta, inoltre, ne hanno sottolineano il ricordo affettuoso, intimistico delle scene familiari, tutto avvolto da una velo di tristezza.
Con la Sonata in La maggiore di César Franck, capolavoro della musica da camera francese, si è creato un dialogo intenso – nella sua tipica forma ciclica – tra il pianoforte, con il suo tema dolcissimo, e il violino, con il suo tema drammatico, che intrecciandosi hanno dato voce alla coscienza di un destino avverso che Medea ha cercato di contrastare con ogni mezzo in un duetto incessante con il proprio io più profondo, per poi dichiararne la resa.
Ne è seguita la Sonata n° 3, L 140 di Debussy, che nella fase iniziale non è caratterizzata da un tema particolare, ma è un susseguirsi di variazioni della melodia del violino, per poi aprirsi a raffinati arpeggi.
Un omaggio infine a Guido Alberto Fano, musicista e compositore padovano, spesso dimenticato, con la Romanza da Pagine D’album Op 2C.