Le “ASSENZE” di Andrea Dami in mostra a Monsummano Terme

Monsummano Terme. La comunità di Monsummano Terme, l’Assessore alla Cultura Elena Sinimberghi, il Direttore del Museo di arte contemporanea e del ‘900 – Mac,n Marco Giori e la Responsabile scientifica del Mac,n Paola Cassinelli hanno voluto ricordare Leonardo da Vinci nel cinquecentenario della morte, avvenuta a Amboise nel 1519, con la mostra “ASSENZE” dell’artista Andrea Dami che presenta una serie di opere-installazioni, alcune delle quali dedicate al Cenacolo di Leonardo da Vinci, che si potranno vedere dal 30 marzo al 29 settembre 2019.

La mostra “ASSENZE” verrà inaugurata sabato 30 marzo alle ore 17.30 e, dopo l’intervento dell’Assessore Elena Sinimberghi, seguirà la relazione della curatrice e storica dell’arte Lucia Fiaschi: L’Ultima Cena da Venturino Venturi a Andrea Dami.

Chissà quante volte Leonardo, nato a Vinci nel 1452, a qualche chilometro da Monsummano, per la sua curiosità indagatrice nel voler scoprire i meccanismi che fanno “muovere il tutto”, è salito sui dolci crinali del Montalbano per disegnare le valli, le pietre, i ruscelli. A volo d’uccello disegnò anche la “pianta” del territorio che si estende dalla zona umida della Valdinievole a quella dell’Ombrone per il progetto del canale artificiale che da Firenze, attraverso Pistoia e Serravalle, avrebbe poi interessato l’attuale Padule di Fucecchio per raggiungere l’Arno e quindi il mare.

Certamente il suo interesse per il paesaggio lo ha portato anche a fermare sui suoi piccoli fogli dalle alture, come quella abitata dalla comunità di Montevettolini o quella conica del colle di Monsummano, i lontani monti azzurrini del Serra o le affascinanti nebbioline che salivano dalla zona umida sottostante. Ecco il motivo per cui il territorio monsummanese si sente parte “attiva” nelle celebrazioni, presentando, proprio per ricordare la poliedrica personalità indagatrice di Leonardo da Vinci, una mostra dell’artista contemporaneo Andrea Dami (che si firma anche andrea da(mi) pistoia, o A.D.), che usa per le sue espressioni creative vari materiali: dalla carta al legno, dal metallo al “suono” e che da tempo lavora sugli “insegnamenti” del grande “da Vinci”. Oggi ci propone alcune opere alle quali ha dato il nome di ASSENZE, che hanno preso spunto proprio dal capolavoro che Leonardo dipinse a Milano tra il 1495 e il 1498: “l’Ultima Cena”.

Andrea Dami ci presenta “Giardino sacro”, un rettangolo d’erba finta situato al primo piano del Museo d’Arte Contemporanea e del Novecento, che è una presenza, ma è anche “assenza” della tovaglia tradizionale, perché quel verde finto (la plastica è una prerogativa nel bene e nel male del nostro tempo, dice l’autore) è “apparecchiato” con ben trentatré vettovaglie, come quelle dipinte dal genio di Vinci nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano.
Anche i commensali sono “assenze”. Rimangono le loro immagini (del dipinto milanese), ora “evanescenti”, per ricordare un rito, un sacrificio avvenuto un giovedì sulla collina di Sion, oltre le mura della città vecchia di Gerusalemme.
“L’arte serve a stimolare altri modi di pensare – dice Dami –, a promuovere la consapevolezza”.
Ecco dunque la riflessione che ci propone: “Cosa è rimasto in noi di quell’“evento?” Gli antichi piatti, come i bicchieri e i vassoi sono assenti ma possiamo immaginare quante volte sono stati toccati e anche quante volte le mani hanno intinto il pane nello stesso piatto e poi le parole, i rumori che hanno inondato quella stanza… oggi, grazie alle proprietà fisiche di questi piatti di metallo posati sulla tovaglia-erba-sintetica di questa mia opera, si realizza una “cerimonia del dono”, per usare le parole di Bonito Oliva, perché mi libero dalla “solitudine creativa” grazie ai suoni-parole, o suoni-emozioni che si espandono nell’aria, tra le stanze della villa per farci partecipi degli attimi prima che il pane diventasse corpo e il vino sangue, grazie alla musica del compositore-musicista Jonathan Faralli, alla quale ha dato il nome: “Evanescenti suoni”, che fu presentata in prima assoluta nel concerto-acusmatico con il tecnico del suono Fabio Machiavelli all’Istituto Superiore di Studi Musicali Mascagni di Livorno”.

Andrea Dami si è fatto rapire dal “fermo immagine” di quel “Cenacolo” milanese che si verifica nel momento dell’incredulità dei discepoli sul traditore.
“Leonardo ci lascia come “sospesi”, intrappolati in questo lasso di tempo – dice Dami –; quell’uomo, che aveva lavato i piedi ai suoi discepoli e poi condiviso il cibo della tavola, ora, svelando che uno di loro sta per tradirlo, è “altro”. Conosce il futuro, il Sacrificio a cui si sottoporrà e ci interroga, ci pone di fronte a un concetto complesso che certamente appartiene alla fede, al credo religioso e va al di là della morte, quindi fuori dalla “realtà”, ma “udibile” per il suo alto contenuto “filosofico”, che mi ha “fermato”, immobilizzato davanti all’opera d’arte… Poi i piatti, come li aveva disposti Leonardo sul suo tavolo. Le figure intorno ormai erano ricordo, le voci degli Apostoli, intrappolate nelle cavità delle stoviglie, uscivano e “parlavano” divenendo suono”.

L’altra grande installazione si compone di un elemento verticale, un menhir, un monte-tomba (il Gòlgota), e tre quadri-tovaglia, il cui fondo è blu: il colore simbolo del non reale, ci ricorda l’autore. Tutto è vuoto. Non ci sono presenze. Rimangono delle tracce di vino-sangue che generano dei “fiori sonori”: è Rinascita.
“Il tavolo vuoto – dice Dami – in un certo senso nasce dall’opera: “Tavolo bianco” di Velasco Vitali, che scrive: “Il tavolo della Cena del Signore è nudo, non ci sono alimenti, mancano le persone; i discepoli chissà che fine hanno fatto. Gesù non c’è”. Ecco l’ASSENZA, ma nel mio lavoro piccole tracce di vino testimoniano che c’è stata “presenza”, escono dalla “tovaglia”, si materializzano divenendo “fiori” (la Rinascita) con i quali possiamo interagire toccando i metallici petali…
Suoni di campane per vincere la nostra indifferenza”.

Il grande quadro Assenze – che ha dato il titolo alla mostra – è anch’esso dedicato all’Ultima Cena, dove il “vuoto”, l’ASSENZA si contrappone al “pieno”, il “luogo” di forma quadrata, perché per Andrea Dami questo quadrilatero regolare è il pittogramma di uomo-casa-città. Il fondo, anche qui, è di colore blu, non è polvere di pietra preziosa (lapislazzuli), ma come nell’antichità è metafora di spiritualità e trascendenza; evoca il non reale che si contrappone al bianco del reale. È un “mosaico” fatto di frammenti di carta, posizionati secondo una trama, una texture tutta sua, in quanto usa frammenti non regolari che si susseguono in linee oblique, che per l’autore non sono “impure”, come alcuni artisti le hanno considerate, ma anzi ci dice: «la loro leggera inclinazione, rispetto all’ideale orizzonte, sinonimo di un procedere sicuro, senza “scosse”, per me è rappresentazione del “caso”, evidenziato sia dall’irregolarità della linea obliqua, sia dalla forma delle stesse “tessere” che si susseguono… Linee di “frammenti” che evocano i “frammenti” occasionali del nostro percorso vitale».

Una breve nota sulle ultime tre opere.
Una, dal titolo “Il quadrato assente”, è un bassorilievo, sempre eseguito con la tecnica del mosaico ma con “tessere” di una carta non consueta per un’opera d’arte; “si potrebbe dire – precisa l’artista – che l’uso di questa carta sia più un’elaborazione con intento plastico, che il semplice supporto per lavori grafici, perché i frammenti che uso, dalla carta bianca, o colorata, o di stoffa, o altro, come in questo caso, li considero un materiale “scultoreo”, perché la resa plastica di ogni “frammento-tessera” è dovuta alla loro sovrapposizione, al loro ispessimento, anche se minimo, che genera vibrazione, o se volete, anche vitalità”.
L’altra è una scultura sonora di metallo dedicata all’unico satellite che abbiamo e che l’artista ha chiamato: “Presenza/Assenza”, aggiungiamo noi: “lunare”, per ribadire il concetto che Dami ci propone, un leitmotiv che, come un filo rosso, si snoda guidandoci, o seguendoci per le stanze del Mac,n. La faccia della Luna, che nel suo ciclo tutti noi vediamo brillare in cielo, è presenza; l’altra faccia che rimane nascosta alla nostra vista è assenza.
Infine l’opera “Barca-carro”, la cui forma, che ricorda un’imbarcazione antica, richiama al mare ma l’elemento liquido è assente. Le ruote, quasi fosse un giocattolo, evocano un mezzo di trasporto terrestre, ma non c’è nessuna strada. La vela ha bisogno del vento per muovere la “barca” ma il vento è assente. Possiamo farla vibrare, se vogliamo.
La “barca” non segna una rotta ma è divisione tra il di qua e un di là che non vediamo: l’assenza.
Il suono della vela-tam è presenza, ma contemporaneamente è anche assenza, perché non lo possiamo afferrare mentre si dilata tra i vuoti delle sale, non ha peso…

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