Tbilisi. Una personalità poliedrica che ha fatto della musica il suo tratto distintivo, una passione autentica per l’opera lirica di cui intende preservare la bellezza, non disdegnando però un aiuto concreto da parte delle nuove tecnologie. Stiamo parlando di Enrico Stinchelli, voce cara al pubblico di Rai Radio 3 per la conduzione della “Barcaccia” – programma noto agli estimatori della lirica – ma il curriculum del Maestro non si limita a questo. La sete di conoscenza è alla base del suo lavoro che annovera la regia di produzioni italiane e straniere come “Tosca”, “Aida”, “Carmen”, senza trascurare pregevoli registrazioni discografiche, tra cui la prima incisione mondiale della “Zazà” di Leoncavallo per la Bongiovanni e la versione in dvd di “Der Schauspieldirektor” di Mozart.
Inoltre, Stinchelli è stato premiato dalla Presidenza del Consiglio per il volume “Le stelle della Lirica”, ha vinto il Premio “Hondas” a Barcellona, il Premio “Flaiano” a Pescara, il Premio “Satira politica” a Forte dei Marmi ed ha ottenuto la menzione speciale al “Prix Italia” del 2009 insieme a numerosi altri riconoscimenti per il già menzionato programma “Barcaccia”.
Lo raggiungiamo telefonicamente mentre è in Georgia, a Tbilisi, dove sta curando la regia del “Nabucco”.
Maestro, può raccontarci nel dettaglio questa esperienza che sta vivendo all’estero?
È importante che il pubblico capisca su cosa stiamo lavorando. In questo periodo, dal punto di vista delle impostazioni, l’opera lirica sta attraversando un delicato passaggio dal tradizionalismo al modernismo. Gli spettatori sono divisi in due fazioni: attualmente la più numerosa è composta dai tradizionalisti ma la regia teatrale alla tedesca ha creato una contrapposizione tra chi desidera l’opera alla “vecchia maniera” e chi, invece, vuole modernizzarla decontestualizzando così il periodo. Il progetto che sto portando avanti da un po’ di tempo a questa parte può contare su una stretta collaborazione con Angelo Sgalambro, giovanissimo videomaker e lighting designer: insieme stiamo compiendo un lavoro che si configura come una piccola, grande rivoluzione nella regia, ovvero coniugare la tradizione con la modernità. La drammaturgia deve restare chiara, ossia ciò che avviene sul palcoscenico non deve lasciare spazio a dubbi, i ruoli devono essere ben definiti, senza inutili provocazioni. Occorre distinguere tra arte e provocazione, ora più che mai: noi rispettiamo il libretto e l’intento dell’autore, mentre negli ultimi tempi sto notando che il margine tra vilipendio e libertà si sta assottigliando pericolosamente. È nostra intenzione difendere gli autori e far sì che il pubblico comprenda appieno la vicenda. La novità che intendiamo apportare, invece, si concentra sulle luci e le proiezioni che, così, diventano narrative, ovvero entrano a far parte della storia e non si configurano più come un meccanismo puramente decorativo. Abbiamo abolito anche i cambi di scena ed è previsto un solo intervallo. Nutro massimo rispetto e venerazione per i geni che ci hanno preceduto, penso a Franco Zeffirelli in primis, ma tentare di rifare il suo lavoro è pura follia.
Dal 1988 lei è autore nonché conduttore della “Barcaccia” (insieme a Michele Suozzo n.d.r.), programma di Radio 3 considerato un cult per gli appassionati dell’opera. Come si è evoluto il programma nell’arco di oltre un trentennio?
Nell’arco di oltre 6000 puntate abbiamo cercato sempre di seguire l’andamento dei tempi senza indulgere nelle nostalgie del passato ma tenendoci sempre aggiornati sulle nuove realtà. Quest’anno, insieme al nuovo regista Andrea Montanari, abbiamo lanciato il primo concorso Rai dedicato all’opera lirica dal titolo “Voci in Barcaccia”. Sono previsti sei appuntamenti più una serata finale che si svolgerà il prossimo 21 giugno, Festa della Musica: saranno selezionati concorrenti giovanissimi fino ai 30 anni di età tra soprani, tenori, bassi e baritoni. Ogni sera verrà decretato un vincitore e la finalissima vedrà la partecipazione dei sei concorrenti ritenuti migliori. Siamo “laureando” voci straordinarie che saranno valorizzate adeguatamente.
Nel 2021, in piena pandemia, lei ha accettato una nuova sfida ed è diventato direttore artistico per la lirica del Teatro “Verdi” di Pisa. Ci spiega come ha impostato il suo metodo di lavoro?
A parte la pandemia che ha inferto un colpo durissimo alla cultura, io credo che il teatro abbia bisogno di contributi più importanti da parte dello Stato. Solitamente, il budget viene liquefatto per due terzi dai costi fissi e dalla manutenzione, mentre un solo terzo è dedicato alla lirica, alla danza e alla prosa. Spero di non essere frainteso nel dichiarare che l’opera è un giocattolo molto costoso e prezioso.
Per quanto riguarda il mio lavoro al Teatro “Verdi” di Pisa, ho cercato di ottimizzare questi costi e di puntare al risparmio, cosa per nulla facile perché ci sono contrapposizioni date da una forte sindacalizzazione che sprona al risparmio ma che, al contempo, fa pressioni anche per evitarlo. La gestione di oggi è particolarmente difficile perché gli introiti sono pochissimi e le spese di produzione sono molto alte. Bisogna puntare ad un modo diverso di fare teatro, ovvero produrre di più spendendo nel modo giusto.
Il mondo dello spettacolo sta pagando il prezzo più alto in seguito all’avvento del Covid – 19: qual è la sua riflessione in merito?
L’arte, la musica ed il teatro sono stati mortalmente ed inutilmente penalizzati, è desolante vedere che allo stato attuale ci sono spettacoli a cui la gente non partecipa minimamente per paura del contagio. Sono dell’idea che oggi più che mai la vera rovina dei teatri d’opera sia la burocrazia.
Ringraziamo il Maestro Stinchelli per la sua preziosa disponibilità, augurandoci che la cultura possa riacquistare presto il ruolo di prestigio che merita nel panorama italiano.