Milano. Al Piccolo Teatro Strehler, da ieri e fino 23 maggio, con “Macbeth, le cose nascoste” prosegue l’incursione di Carmelo Rifici tra i classici. La sua versione del Macbeth – scritta a quattro mani con Angela Dematté – nasce da un viaggio nell’anima degli attori, alla ricerca dei loro lati nascosti, indagando gli archetipi dell’inconscio di tutti noi.
Quattro anni dopo “Ifigenia, liberata”, Carmelo Rifici prosegue la sua esplorazione dei classici e degli archetipi dell’inconscio collettivo con “Macbeth, le cose nascoste”: se la filosofia è lo strumento che ha accompagnato il lavoro su Ifigenia, la psicoanalisi è la chiave della genesi e della realizzazione di Macbeth.
Parte integrante del progetto sono state le sedute di analisi, guidate da Giuseppe Lombardi, psicoanalista junghiano, e Luciana Vigato, psicoterapeuta, nelle quali, gli attori hanno ripercorso, in bilico tra le proprie esperienze personali e le suggestioni dell’opera, i temi del testo.
Il regista sottolinea che il progetto è stato articolato in tre parti, “la prima consiste in un’analisi degli attori coinvolti nello spettacolo. Dai loro lati “nascosti” si passa alla seconda fase, quella del lavoro sui personaggi: Macbeth vuole scoprire che cosa c’è oltre le cose conosciute, vuole distruggere il senso delle cose. […] La terza sezione è invece legata al mondo infero delle streghe, di Ecate, il mare nero nel quale nuota inconsapevolmente la collettività, la comunità degli uomini”. L’intento del progetto è offrire al pubblico la possibilità di riagganciarsi alla “strega interiore” lasciandosi guidare in un sogno collettivo, in un dialogo/confronto con la pulsione e il desiderio.