Napoli. Il Centro Nazionale di Produzione della Danza “Körper”, venerdì 2 febbraio, sabato 3 e domenica 4 ha ospitato la “Fattoria Vittadini”, collettivo eterogeneo di danzatori nato a Milano nel 2009, di cui fa parte Chiara Ameglio esibitasi sabato scorso con “Lingua”, produzione di Fattoria Vittadini e coreografia sempre di Chiara Ameglio.
Con il pubblico seduto su singoli cuscini e le musiche di Keeping Gaga a riempire lo spazio e dare il ritmo alla narrazione, Chiara ha proiettato il suo corpo verso l’altro da sé, superando la distanza con lo spettatore.
Si è insinuata così nei corridoi lasciati liberi dalle sedute, in alcuni casi cingendo qualcuno con le braccia senza toccarlo, in altri accogliendo nelle proprie quelle di qualcuno giunte in preghiera, in altri ancora solo sfiorandolo nell’atto di passargli il pennarello per invitarlo con lo sguardo a segnare il proprio corpo.
Questo, come una tela bianca, è stato da lei generosamente offerto perché diventasse strumento affinché lo spettatore – con il quale precedentemente aveva stabilito un contatto visivo – vi riversasse le proprie emozioni che a sua volta restituiva mostrando le reazioni del proprio corpo a questi segni: molti lineari, che le hanno poi consentito la proiezione del movimento verso il basso, secondo la tecnica floorwork, taluni punteggiati, che sono stati la causa di sussulti, e pochi disegni veri e propri, come un fiore, ma tutti tratteggiati con molta delicatezza e rispetto della sua individualità.
Assente una vera e propria trama, la danzatrice in assoluta libertà ha dato vita a movimenti autentici e tecnici, destrutturati, di cui era assolutamente padrona, e al contempo fluidi e concatenati e scevri dalle formalità, soprattutto rappresentate dal distanziamento e dal pubblico che è diventato coautore della performance, attraverso un dialogo continuo di scambio di emozioni bidirezionale, di cui il pennarello è stato solo lo strumento per far cadere le barriere del pudore, della timidezza e dare sfogo alla fantasia.
Chiara ha manifestato attraverso la comunicazione non verbale e paraverbale grande apertura mentale e artistica, essenza stessa del collettivo di cui fa parte, capace di trasmettere le emozioni catturando lo spettatore con lo sguardo, col proprio corpo che, in movimento, diventa cassa di risonanza delle sensazioni proprie e altrui, per fondersi e dare vita ad altro ancora.
Da qui il titolo “Lingua” per la capacità di quel corpo di farsi linguaggio, capace di transcodificare “parole non dicibili, eco di micromovimenti e memorie collettive, portatore di un’identità singola e comune”, quindi, lingua che dall’individuale diventa dell’intera collettività partecipata.