Salerno. Un applauso scrosciante ha sancito l’inizio e la conclusione dell’incontro con Lino Guanciale, ospite tra i più attesi della nona edizione di “Salerno Letteratura”, il festival culturale che ormai dal 2013 trova nel centro storico della città il suo palcoscenico ideale e che in meno di un decennio ha visto alternarsi circa 1000 autori di rilievo internazionale.
Il tema di questa edizione, svoltasi dal 18 al 26 giugno, sono state le Occasioni, un omaggio doveroso a 40 anni dalla morte di Eugenio Montale ma anche un’esaltazione di quel saldo baluardo che questo festival letterario è riuscito a conquistarsi in pochi anni: una fucina che produce cultura non solo nel corso della kermesse estiva ma che durante tutto l’anno lavora alacremente per mantenere vivo l’interesse nei confronti della letteratura in tutte le sue più nobili accezioni.
E allora, ci si potrebbe chiedere, un attore quale contributo può apportare?
Basta però dare uno sguardo fugace alla storia artistica e culturale di Lino Guanciale per rendersi conto che la sua presenza non è stata affatto fuori luogo: nato ad Avezzano poco più di quarant’anni fa e pago di una carriera studentesca di alto profilo, Lino sceglie la facoltà di Lettere e Filosofia ma ben presto si accorge che è la recitazione ad attirarlo al pari del canto delle sirene, nonostante lo smarrimento del padre medico terrorizzato da una carriera così ricca di incognite per il figlio. Ma la strada si lascia percorrere senza intoppi, senza alcun ripensamento, un iter che in pochi anni ha consacrato Guanciale come uno degli attori più amati nel panorama artistico italiano perché il pubblico sa riconoscere il talento autentico e lo strenuo lavoro di chi non si tira indietro dinanzi alle prime difficoltà. Tanto, tantissimo teatro, una palestra che ha formato Lino consentendogli di approcciarsi poi alla tv senza superficialità e di spaziare tra i ruoli riuscendo ad essere credibilissimo sia nelle interpretazioni umoristiche che in quelle dense di pathos. Chi lo segue sa che la sua forza interpretativa sul palcoscenico teatrale è la medesima che traspare attraverso il piccolo schermo perché il lavoro alla base è lo stesso, poco importa se i tempi teatrali sono molto più diluiti rispetto a quelli della televisione. Il pubblico – come ha ribadito Lino citando l’indimenticabile Gigi Proietti – merita sempre il medesimo rispetto.
Quando Paolo Di Paolo, che ha condotto l’intervista, gli ha chiesto “Qual è stato il momento in cui hai compreso di essere diventato un attore?”, lui ha risposto citando Ronconi: “Si ha conferma di ciò che si è diventati quando sono gli altri a riconoscercelo”.
Il talento è – a suo dire – un’attitudine e in questo senso l’attività sportiva come rugbista gli ha insegnato tanto, soprattutto per la sua imprevedibilità dovuta anche alla particolare conformazione della palla utilizzata durante il gioco. Ma il talento di Lino non è stato solo il pubblico a riconoscerlo ma anche personalità illustri come Edoardo Sanguineti, poeta, scrittore e drammaturgo tra i più importanti della letteratura italiana contemporanea. L’incontro tra i due avvenne in scena quando Lino era poco più che ventenne: Saguineti si avvicinò al giovane e timido attore apostrofandolo con un “Lei ha talento”, un ricordo che Lino – giustamente – serba nell’album degli episodi più cari della sua vita tanto da definire Sanguineti come un autore che “faceva l’amore con il linguaggio”.
L’incontro di ieri sera non poteva esimersi dal menzionare anche l’indimenticato Gigi Proietti, uno dei primi ad intuire il potenziale di Guanciale. Scelto da Proietti per il ruolo di Paride in “Romeo e Giulietta”, Lino non riusciva a proferire parola dinanzi all’istrione romano tanto da far esclamare a Proietti un “Ma questo parla? Al provino sembrava bravo!”. Poi, il colpo di scena nel corso dello spettacolo quando Lino recitò il suo ruolo con tale foga e convinzione da ripagare Proietti delle settimane di mutismo. Una luce dolcissima attraversa gli occhi di Guanciale quando ricorda l’emozione che pervadeva Gigi ogni volta che doveva salire sul palco e, a chi lo prendeva in giro non capendo questa sua remora, Proietti rispondeva serafico: “Bisogna sempre aver paura del palcoscenico e del pubblico, dargli del lei. Quando inizi a dargli del tu allora vuol dire che non provi più lo stesso rispetto nei loro confronti”.
Ripercorrendo le tappe salienti della sua carriera – decollata soprattutto nell’ultimo decennio – Lino ha ribadito “non rinnego nulla di ciò che ho fatto, anzi sono grato perché mi sono trovato sempre al posto giusto nel momento giusto. Ho scelto di dedicarmi prima al teatro e poi alla televisione perché non mi sentivo pronto, soprattutto ai ritmi incalzanti del piccolo schermo. Volevo prima formarmi adeguatamente. Il successo – ha aggiunto – diventa una trappola se ciò che vuoi dire è determinato dalla quantità di pubblico che vedrà quel determinato prodotto. Ecco perché va salvaguardata sempre la qualità di ciò che fai”.
Confondere un attore con il personaggio che interpreta è, purtroppo, un errore in cui incorrono molti e tale domanda è stata ovviamente posta a Guanciale il quale ha risposto: “l’attore non è il personaggio che fa, piuttosto direi che il lavoro di un attore è quello di costruire un ponte tra sé e il testo. Il bello di questo mestiere è che attraverso la recitazione ritrovi in te aspetti ed emozioni che credevi di aver perso, ecco perché non riesco a fare una gerarchia o ad esprimere una preferenza sui personaggi che ho impersonato finora”.
In chiusura una domanda del pubblico in linea con gli intenti del festival: “Lino quale libro regalerebbe a chi ama?”. E lui: “Non è facile rispondere ma se proprio dovessi scegliere opterei per “Microcosmos” di Sanguineti o per “Dove eravate tutti” di Paolo Di Paolo, che affronta il declino di un paese traendo spunto dagli accadimenti più importanti della nostra storia contemporanea”. Una conferma dell’appassionato impegno civile di Lino Guanciale a cui il solo abito di artista – a ragion veduta – va terribilmente stretto.
Crediti foto Manuel Scrima.