Firenze. Da martedì 5 a domenica 10 febbraio Piero Maccarinelli dirige al Teatro della Pergola Alessandro Haber e Lucrezia Lante della Rovere ne “Il padre” di Florian Zeller, che racconta con ironia e delicatezza lo spaesamento di un uomo affetto da Alzheimer, la cui memoria inizia a vacillare e a confondere tempi, luoghi e persone.
“L’intuizione geniale – afferma Haber – è quella di far sentire il pubblico nella testa di Andrea, il mio personaggio. Condividendo con me la paura, l’ansia, lo sgomento di un pensiero che regredisce fino a essere più nulla. C’è, però, una straordinaria leggerezza di fondo: per questo in platea vedo la gente ridere, ma con le lacrime agli occhi”.
Lucrezia Lante della Rovere è Anna, la figlia di Andrea, preoccupata dal decadimento del padre: è l’inizio di un percorso complicato e doloroso. Affrontato con una sensibilità che addolcisce il dramma ed emoziona.
“È una commedia – dice Lante della Rovere – ma dentro c’è il dolore, che è un sentimento complesso e non esclude l’ironia. Soprattutto Il padre aiuta a capire molte cose. In tanti ci vengono a salutare a fine spettacolo, ci raccontano le loro esperienze. È quello che vogliamo: rendere tangibile qualcosa sul palco, trovare un senso”.
In scena ci sono anche Paolo Giovannucci, Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo, Riccardo Floris.
Una produzione Goldenart Production.
S’intitola Il padre, ma non è l’August Strindberg portato in scena la scorsa stagione da Gabriele Lavia. L’autore è Florian Zeller, 40enne drammaturgo francese. In questa commedia dolce amara, prima capitolo di una trilogia che comprende anche “La madre” (prossimo debutto a New York con Isabelle Huppert) e “Il figlio” (pronto per il 2020), si parla di Alzheimer. Quando Andrea, 70enne ancora brillante, alle spalle una carriera da ingegnere, comincia a mostrare i primi segni della malattia, sua figlia Anna, fresca di secondo matrimonio, decide di prenderselo in casa. Ma l’uomo che accoglie non è più il genitore autoritario e molto amato, è un’altra persona: bizzarra, imprevedibile, difficilissima.
A portare la pièce in Italia è stato il regista Piero Maccarinelli, che ha voluto come protagonisti Alessandro Haber e Lucrezia Lante della Rovere (insieme a Paolo Giovannucci, Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo, Riccardo Floris), Le musiche sono di Antonio Di Pofi, le scene di Gianluca Amodio, i costumi di Alessandro Lai, il light designer è Umile Vainieri. Una produzione Goldenart Production.
“Dopo tre anni viaggiamo sull’onda di oltre 200 repliche – dichiara Alessandro Haber – e pensare che la prima volta il testo non mi era nemmeno piaciuto. L’ho letto in tournée, non lo capivo, ero lì lì per rifiutare. Fortunatamente, quando sono tornati a propormelo, per una volta ho contato fino a 10 e l’ho riletto, scoprendo una scrittura di grande potenza, eppure leggera, ironica, intelligente. Valeva la pena affrontare il rischio di un titolo sconosciuto da noi che parla di Alzheimer”.
Haber è Andrea, Lante della Rovere è la figlia Anna, che è molto legata a lui e cerca solo il suo benessere e la sua sicurezza. Le cose, però, non vanno del tutto come previsto: l’uomo si rivela essere un personaggio fantastico, colorato, che non è affatto deciso a rinunciare alla sua indipendenza.
“Si maneggia un tema delicato – interviene Lucrezia Lante della Rovere – intorno a cui bisogna costruire emozioni, ma senza retorica né piagnistei. È il pregio di questo testo: tocca questioni come la malattia, la vecchiaia, la perdita di memoria e identità, ma è costruito in modo sorprendente. A cominciare dall’escamotage con cui restituisce il punto di vista di Andrea”.
Da drammaturgo che conosce il mestiere di scrivere, Zeller mette lo spettatore nella stessa condizione di spaesamento del padre: nelle prime scene i personaggi che si muovono intorno al protagonista (la figlia, il marito, la badante) entrano ed escono rapidamente, si cambiano d’abito, si sovrappongono, si mescolano, diventano altro come nella testa di Andrea, che gira senza più punti di riferimento. Ruolo complicato, istrionico e dolente.
“Nella vita ho avuto la fortuna di fare parti belle – riflette Haber – questa è forse la più bella. Un continuo cambio di registro, su e giù, lucidità e assenza. Un personaggio che rischia di strabordare e che invece va tenuto a misura. Ci ho lavorato molto, ho scavato, recuperato emozioni, esperienze. La mamma del mio amico Gigio Alberti era malata di Alzheimer. Dell’ultima volta che l’ho incontrata ricordo lo sguardo vuoto, un modo di camminare: mi sono restati dentro e adesso li ritrovo per Andrea”.
La sua progressiva degenerazione getta nella costernazione i familiari. Tuttavia, la sapiente penna di Zeller riesce a descrivere una situazione che, seppur tragica per la crescente mancanza di comunicazione causata dalla perdita di memoria, viene affrontata con leggerezza e amara, pungente ironia. L’uomo è avviato verso un misterioso altrove che la figlia accudisce sentendone tutto il peso.
“Anna è una donna combattuta tra la fatica emotiva di occuparsi del padre amatissimo e il resto della sua vita – dice Lante della Rovere – c’è l’Alzheimer, ma c’è anche il senso della perdita, quel momento particolare della vita in cui diventiamo genitori dei nostri genitori”.
Tutto a poco a poco va scomparendo: i punti di riferimento, i ricordi, la serenità familiare. La perdita di autonomia di Andrea progredisce a tal punto che Anna è costretta a dover prendere decisioni al suo posto e contro la sua volontà. Fino al finale a sorpresa.
“La progressiva caduta nell’oblio è interrotta da brevi momenti di rabbiosa lucidità. L’Alzheimer – conclude Alessandro Haber – è una malattia drammatica, a me ricorda il movimento delle maree, inesorabili nel far scomparire certe piccole isole. A quel punto, non c’è più passato, né presente, né futuro. Alla fine, il pubblico è come se si sentisse abbracciato e sua volta riabbracciasse qualcosa che ha perso”.