Milano. Dal 27 giugno al 10 settembre, Fabrizio Plessi, tra i pionieri della videoarte, approda nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano, a bordo di gigantesche barche, al cui interno scorre su degli schermi televisivi un flusso continuo di oro.
In uno dei luoghi più evocativi della storia di Milano, la mostra “Fabrizio Plessi MARIVERTICALI”, promossa e prodotta da Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Studio Plessi è curata da Bruno Corà, Alberto Fiz e Marco Tonelli, con il progetto espositivo di Lissoni & Partners e accoglie una spettacolare installazione site-specific.
Opera storica attualizzata per la Sala delle Cariatidi è composta da dodici strutture in acciaio, lunghe nove metri, dedicate ai mari del pianeta, inclinate al limite della caduta, nel tentativo di mantenere la fragile tenuta.
Con il loro precario equilibrio, le barche rappresentano la metafora della condizione umana contemporanea, fatta di instabilità, incertezze e tensioni. Con il suo linguaggio, Plessi riesce ad esprimere con forza ed emozione, messaggi collettivi urgenti.
Nell’ultimo triennio, a partire dai primissimi mesi della pandemia nel 2020, l’artista ha fatto subire all’acqua, suo elemento d’elezione in gran parte delle sue creazioni, la trasformazione in oro: questa metamorfosi è avvenuta per una serie di opere intitolate “L’Età dell’Oro”, a cui appartiene anche il progetto ideato per l’area archeologica di Brixia romana e per il Museo di Santa Giulia di Brescia, in occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023.
Sono proprio le risorse naturali e in particolare l’acqua i beni più preziosi della nostra società e questo spiega l’alchimia creata da Plessi.
Nella ricorrenza degli ottant’anni dal bombardamento che ha segnato l’attuale aspetto della Sala delle Cariatidi, le imbarcazioni dell’artista si ergono a difesa della storia e della bellezza del luogo, contro la violenza e la distruzione, così come fece Pablo Picasso quando nel 1953 scelse proprio questa sala di Palazzo Reale per esporre “Guernica”, uno dei suoi capolavori più dolorosi.
“Tutto dunque è pronto per salpare su queste nuove elettroniche arche di Noè, innalzate al cielo per noi, increduli e stupefatti aborigeni-digitali del nostro tempo” (Fabrizio Plessi).