Napoli. Apre il 21 settembre al Museo e Real Bosco di Capodimonte, la mostra “Napoli Napoli di lava, porcellana e musica”, a cura di Sylvain Bellenger (21 settembre – 21 giugno 2020), promossa dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, in collaborazione con il Teatro di San Carlo di Napoli, con la produzione e organizzazione della casa editrice Electa.
Le 18 sale dell’Appartamento Reale, riproposte in una spettacolare e coinvolgente scenografia, ideata dall’artista Hubert le Gall come la regia di un’opera musicale, saranno il palcoscenico d’eccezione sul quale andranno in scena il Teatro di San Carlo e le porcellane di Capodimonte, con la musica, vero filo conduttore della mostra.
L’allestimento racconterà la storia di Napoli capitale del Regno nel corso del Settecento e oltre, dagli anni di Carlo di Borbone a quelli di Ferdinando II, come una favola, con il susseguirsi di scene della vita quotidiana caratterizzate da estrema raffinatezza estetica e gioia esistenziale ma che hanno come sottofondo il passaggio del potere, i cambiamenti della storia, delle mode e dei gusti estetici. Il visitatore potrà immergersi in un mondo incantato e, grazie all’uso di cuffie dinamiche, potrà ascoltare le musiche (da Giovanni Pergolesi a Domenico Cimarosa, da Giovanni Pacini a Giovanni Paisiello, da Leonardo Leo a Niccolo Jommelli) selezionate per i vari temi artistici di ciascuna sala.
Il percorso di mostra inizia con la sala della musica sacra (con Pergolesi e lo Stabat Mater), poi l’omaggio a Napoli capitale della musica con strumenti musicali provenienti dal Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli (pianoforti di Paisiello e Cimarosa e l’arpetta Stradivari) messi a confronto con un dipinto di Gaspare Traversi e un quadro di Louise Nicolas Lemasle raffigurante le Nozze della principessa Maria Carolina di Borbone con il duca di Berry, del 1816, in cui si riconoscono Paisiello e Paganini, e la sala della Restaurazione con il ‘trasloco’ della famiglia Murat e il ritorno dei Borbone al potere, dopo l’esilio palermitano, immortalato come in un’istantanea nel tentativo di coprire il ritratto dell’imperatore Napoleone con la bandiera borbonica.
Ampio spazio è riservato al Grand Tour, nato dalle epocali scoperte di Ercolano nel 1738 e di Pompei nel 1748, espressione di una civiltà classica sofisticata che si raccontava nella sua quotidianità. Gli scavi furono il più grande evento culturale della fine del secolo e furono utilizzati dai Borbone, che ne controllavano gli accessi, come un vero e proprio strumento di propaganda e grande attrazione del Regno delle Due Sicilie. Il Grand Tour divenne la meta imprescindibile per gli aristocratici e gli intellettuali di tutta Europa per completare la propria formazione sociale e intellettuale. È scenograficamente riproposto da Hubert Le Gall nel salone Camuccini con sculture di Righetti, biscuits di Tagliolini, bronzetti della fonderia Chiurazzi, terraglie e porcellane Del Vecchio e Giustiniani, vasi archeologici della collezione De Ciccio, e manichini che indossano i costumi di scena di Emanuel Ungaro.
“L’episodio più interessante del mio viaggio è stata la visita a Pompeia. Qui ci si sente davvero trasportati nell’antichità” scriveva Stendhal nel 1817. A sottolineare il ruolo di Napoli capitale è Charles de Brosses intorno al 1740: “A mio parere Napoli è l’unica città d’Europa ad avere davvero l’atmosfera di una capitale: il movimento, l’affluenza di persone, la grande quantità di servitori e il frastuono che ne consegue; una corte bene organizzata e decisamente brillante, il seguito e lo sfarzo dei gran signori: tutto contribuisce a darle quell’aspetto vivace e animato che hanno Parigi e Londra. Il basso popolo è turbolento, la borghesia frivola, l’alta nobiltà fastosa…”. E, qualche anno dopo, nel 1787 Goethe affermava: “Se mi propongo di scrivere parole, sono sempre immagini quelle che sorgono ai miei occhi: della terra feconda, del mare immenso, delle isole vaporose, del vulcano fumante; e per rappresentare tutto ciò mi mancano gli strumenti adatti”.
Il percorso di mostra continua con l’Egittomania, un gusto nato a Napoli e poi diffuso in tutta Europa con le campagne napoleoniche in Egitto, la Cina e le cineserie con lo spettacolare boudoir cinese della Regina Maria Amalia portato a Capodimonte nel 1865 dalla reggia di Portici, la sala della materia con la nascita degli studi di mineralogia e vulcanologia che incantarono l’ambasciatore di Inghilterra lord Hamilton, provenienti dal Real Museo Mineralogico, inaugurato nel 1801 che oggi raccoglie oltre 3.000 reperti, e dal Museo Zoologico nato nel 1813. Entrambi sono attualmente confluiti nel Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università Federico II di Napoli.
Tra i reperti prestati è presente in mostra una medaglia coniata nella lava del 1819 e raffigurante Ferdinando, re del Regno delle due Sicilie. Il Vesuvio è narrato in pittura nelle sue più importanti eruzioni ed è testimoniato dai reperti minerari esposti: vesuvianite, granato, leucite, lazurite, ematite e altri. In queste sale le porcellane, quasi in rivalità con la natura, da una parte imitano la materia mineraria, dall’altra illustrano il sublime del Vesuvio.
Particolarmente interessante la sala dedicata agli animali, presenti in esemplari tassidermizzati provenienti dal Museo Zoologico dell’Università Federico II di Napoli. I reperti ornitologici del Museo Zoologico, risalenti al IXX e XX secolo, sono stati raccolti in differenti località geografiche, ed alcuni di questi reperti sono provenienti da importanti collezioni storiche tra cui quella di Mario Schettino, amico di Francesco Saverio Monticelli e valente tassidermista, realizzata tra il 1901 e il 1937 e poi donata al Museo, e quella di Cecilia Picchi, ornitologa fiorentina attiva a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.
Tra i prestiti, sono da segnalare le specie provenienti dal Bosco di Capodimonte, che aiutano ad individuare una rappresentazione della fauna locale nel primo ‘900: lo Sparviere, il Falco cululo, il Gufo reale, il Lodolaio, molti dei quali a rischio estinzione, e la Volpe, ancora oggi abitualmente avvistata nel sito reale. Molti di questi uccelli, esposti in una grande voliera che occupa la sala, sono raffigurati sui principali servizi di porcellana e terraglia delle Manifatture di Napoli che competevano, per maestria, con quelle di Vienna e di Sèvres. Si comprende, così, che un servizio da tavola è anche un catalogo naturalistico della fauna del Regno, come nel servizio di Carditello, storica fattoria e tenuta di caccia reale, finemente decorato con uccelli del Bosco.
Nel Salone delle Feste trionfa il personaggio ermafrodita di Pulcinella, protagonista della commedia dell’arte settecentesca: comico e tragico, ingenuo e scaltro, approfittatore e generoso, sbeffeggiatore del potere che, proprio con il suo ermafroditismo, sovverte la rigida e tradizionale organizzazione sociale dei sessi, autofecondandosi partorisce altri Pulcinella: il trionfo ironico della vita. Muore Pulcinella e passa la maschera, come succede per la Corona reale. Pulcinella, proprio come il re, non può morire. Morto il re, viva il re. Morto Pulcinella, viva Pulcinella.
Le ultime sale espositive sono dedicate al gioco, una tradizione di Napoli, affascinata dall’azzardo e dal destino (carte, scacchi, dama, roulettes, tric-trac e altri); seguono i vezzi della moda (la passione per parrucche, orologi, tabacchiere, bastoni, ventagli); le feste e più in generale il sentimento di vivere della corte e della plebe rumorosa, dei lazzari che non rinunciano ad adornarsi e a sedurre. Non a caso, i più lussuosi costumi della collezione del San Carlo sono quelli dei lazzari di Odette Nicoletti per “L’osteria di Marechiaro” di Giovanni Paisiello, messa in scena nella stagione 2001-2002 per la regia del M° Roberto De Simone.
L’ultima sala ospita un videomapping dell’artista Stefano Gargiulo che riporta su quattro grandi monitor immagini della Napoli di ieri e di oggi, scene delle principali opere tratte dall’archivio storico del Teatro San Carlo, molte delle quali sotto la direzione artistica del M° De Simone (maggio 82 – dicembre 87) e poi Capodimonte, reggia e museo, sintesi di quella Napoli del Settecento ancora capitale delle arti.
È questa l’atmosfera unica che la mostra “Napoli Napoli di lava, porcellana e musica” vuole ricreare accompagnando il visitatore nella vita teatrale e quotidiana di Napoli, vivace, frivola e gioiosa quanto tragica, sotto la continua minaccia delle eruzioni del Vesuvio. Un viaggio multisensoriale all’interno della Reggia borbonica, trasformata per l’occasione in un vero e proprio spettacolo teatrale, nato dall’incontro tra la musica e le arti applicate. Un’esposizione con oltre 1000 oggetti, 600 porcellane delle Reali Fabbriche di Capodimonte e di Napoli, più di 100 costumi del Teatro di San Carlo con firme prestigiose (da Ungaro e Odette Nicoletti) strumenti musicali del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, dipinti, oggetti d’arte e di arredo e animali tassidermizzati oggi conservati al Museo Zoologico di Napoli (oggi confluito nel Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università Federico II di Napoli).
Un progetto ambizioso, l’ultimo di una trilogia di esposizioni volute dal direttore Sylvain Bellenger, dedicate alla valorizzazione delle collezione museali, dopo Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire (12 dicembre 2017-12 dicembre 2018), Depositi di Capodimonte. Storie ancora da scrivere (21 dicembre 2018-30 settembre 2019).
La mostra narra, mettendola letteralmente ‘in scena’, una storia senza tempo, quella della Napoli del XVIII secolo, attraverso due protagonisti d’eccezione: il Teatro San Carlo e la Reggia di Capodimonte con i suoi tesori d’arte, entrambi voluti da Carlo di Borbone.
Dal suo arrivo nel 1734 Carlo di Borbone, il sovrano, creativo e grande imprenditore, che voleva rilanciare Napoli al rango di una grande capitale, mise in atto una politica di rinnovamento della vita culturale, elemento fondante di ogni Stato illuminato.
Nei 25 anni del suo regno, tra le altre imprese riformatrici, fece trasferire da Parma, ducato di cui aveva ereditato i beni, la celebre collezione Farnese. Commissionò una reggia destinata ad ospitarla, Capodimonte, realizzata da Giovanni Antonio Medrano, lo stesso architetto a cui affidò la costruzione nel 1737, in soli 9 mesi, del Teatro San Carlo. Nel 1743 fondò, con la moglie Maria Amalia, all’interno del Real Sito di Capodimonte, una manifattura di porcellane che potesse competere con le celebri fabbriche europee di Vienna, Sèvres e Dresda e che si è poi rivelata fra le più grandi in Europa.
La mostra abbraccia anche il Regno del figlio Ferdinando I, che incrementò la collezione di Capodimonte; il Regno di Napoli all’inizio dell’Ottocento retto da Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, durante il quale la Reggia, esclusivamente residenziale, venne disseminata di manufatti di gusto neoclassico in gran parte provenienti dalla Francia; e infine gli anni di Francesco e Ferdinando II autore del completamento della reggia.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo in grande formato di oltre 200 pagine, pubblicato da Electa, riccamente illustrato e completato da fotografie della mostra allestita nell’Appartamento reale, realizzate da Luciano Romano. I testi scientifici del volume approfondiranno, con contributi originali, temi vari e molteplici della Napoli illuminata, toccando, grazie alla penna di numerosi autori specializzati (tra gli altri Patrick Barbier, Sylvain Bellenger, Piergiulio Cappelletti, Alessandro De Simone, Paola Giusti, Giusi Giustino, Linda Martino, Giuseppe Merlino, Antonio Palma, Patrizia Piscitello, Rosanna Purchia) aspetti quali la musica, il teatro, l’opera, ma anche la vulcanologia, le scienze naturali, le manifatture e le arti applicate, in un connubio di punti vista che ricreerà la ricercata magia della corte di Carlo e Ferdinando.
L’allestimento è curato da Hubert le Gall, un artista e scenografo francese, nato nel 1961. Le Gall realizza sculture e arredi poetici combinando diversi materiali, come ha fatto con il bronzo, con una libertà tale da diventarne la cifra artistica.
In quanto designer, si distingue dai suoi contemporanei per lo sguardo da scultore e per la riflessione ironica sulla forma e la funzione degli oggetti. Molte sue creazioni sono esposte nelle collezioni permanenti di musei francesi e internazionali come il Musée des Beaux-Arts di Montréal (Québec) o il Musée “La piscine” di Roubaix. Ha realizzato molteplici progetti per il Mobilier National e per numerose ambasciate francesi all’estero. È rappresentato nel mondo da una decina di rinomate gallerie.
Nel 2014 e 2015 tiene due esposizioni personali al Musée de Beaux-Arts di Riom e al Château Borély a Marsiglia.
Dal 2002 Hubert le Gall conduce, parallelamente al suo lavoro di artista e designer un’attività di scenografo per i più grandi musei di Francia e d’Europa. A lui si deve, tra la altre, gli allestimenti della mostra su Claude Monet al Grand Palais e su Pierre Bonnard al Musée d’Orsay.
Nel 2015 collabora con grandi nomi dell’alta moda. La Maison Hermès gli affida il ruolo di direttore artistico dell’esposizione “Wanderland”, che farà il giro del mondo. Per la Maison Ruinart realizza una serie di sculture intitolate “Calendrier de verre” (Calendario di vetro).
Precursore di quella che è oggi l’attività dello scenografo, contribuisce a conferire alle esposizioni una dimensione narrativa e plastica che ne garantisce il successo. Numerosi musei fanno appello ai suoi consigli per l’assetto delle sale delle esposizione permanenti.