“Nel segno di Annibale”, volge al termine la settimana dedicata al drammaturgo Ruccello

Napoli. Si va concludendo la settimana che Sala Assoli ha dedicato alla memoria del drammaturgo/antropologo Annibale Ruccello, dal titolo “Nel segno di Annibale”, organizzata da Casa del Contemporaneo.
Al via il 14 novembre in una sala gremita di amici, artisti, registi e quanti lo hanno conosciuto personalmente o attraverso i suoi testi messi in scena o ai quali hanno solo assistito come spettatori.
L’occasione è stata la presentazione dell’edizione critica di alcune sue opere – “Le cinque rose di Jennifer”, “Weekend”, “Ferdinando” e “Anna Cappelli” – edizione curata dall’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Dipartimento degli Studi Umanistici, diretta da Simone Magherini, Andrea Mazzucchi, Matteo Palumbo, Pasquale Sabbatino e Piermario Vescovo.
È stata annunciata dal Prof. Pasquale Sabbatino la creazione dell’Archivio Annibale Ruccello, grazie alla sua ricca biblioteca e ai materiali inediti, donati dalla madre dell’autore, così che tutti possano avere contezza dei testi che hanno rappresentato la fonte di ispirazione per Ruccello.
Numerose le testimonianze che ne hanno messo in risalto le qualità umane e artistiche, strumento indispensabile insieme alla sua capacità di poggiare lo sguardo attento sull’essere umano e attraversarlo nel profondo, per dare vita a scritti in cui ogni parola è scelta con cura, precisione e talvolta cruda umanità, non priva però di amore e comprensione per la condizione degli ultimi, degli emarginati, di cui fa proprio il peso del vivere.
E grazie alla sua sensibilità Ruccello è riuscito a trattare con grande delicatezza argomenti che a distanza di 40 anni sono attualissimi, come in “Anna Cappelli”: l’incomunicabilità, la labilità psichica accentuata dalla gelosia e dalla possessività capaci di alterare la percezione della realtà, dando vita a una vera e propria dipendenza affettiva frutto dell’insicurezza e della paura del futuro, che portano la protagonista a non accettare il rifiuto, preferendo la morte sua e dell’amato per mano sua, incapace di elaborare la perdita.
Carlo De Nonno che si occupa della gestione dei diritti patrimoniali di Ruccello ha definito il suo come un teatro classico che non ha bisogno di essere tradito, deve esserne rispettato lo spirito e gli adattamenti, per questo bisogna avvicinarsi con basi solide di conoscenza, mentre su Internet sono finiti testi spuri. E la comprensione dei manoscritti ha bisogno di essere affiancata dall’emozione della messa in scena.
Giulio Baffi ha sottolineato come ci sia una generazione di attori desiderosa di mettere in scena autori che non hanno potuto vedere e tra questi c’é Ruccello che alimentava la propria fantasia ovunque: nella cantata dei pastori, nei mercati, nelle piazze, capace di anticipare la realtà, dotato quasi di una virtù profetica.
È stata poi la volta di Benedetto Casillo che ha divertito tutti con il racconto della sua Jennifer per la regia di Pierpaolo Sepe, andata in scena nel 2012 al Teatro San Ferdinando di Napoli, con una scenografia priva di arredi e di qualsivoglia accessorio, in un ambiente asettico di pareti bianche e con protagonisti due uomini anziani, Casillo appunto nei panni di Jennifer e Franco Javarone in quelli di Anna.
Michelangelo Dalisi ha ricordato la sua interpretazione nel 2003 di “L’Ereditiera”, per la regia di Arturo Cirillo, e di come la drammaturgia ruccelliana possa essere definita classica per la capacità di conoscere e rappresentare l’animo umano.
Non poteva mancare il regista Gabriele Russo che ha diretto il fratello Daniele nella sorprendente interpretazione di Jennifer, proposta per cinque volte al Teatro Bellini, pensata inizialmente per uno spazio piccolo, con la necessità poi di adottare correttivi che la rendessero pronta per un luogo con più ampio respiro, con il timore di cadere nel forte eco dell’originale.
Il risultato è stato un successo inaspettato, grazie a un rispetto filologico del testo e un Anna sempre in scena, diventando Daniele posseduto da Jennifer.
Numerosi gli intervenuti: Marina Confalone, Angelo Curti, Isa Danieli, Stefano de Stefano, Igina Di Napoli, Annalisa Di Nuzzo, Cristina Donadio, Lello Guida, Gea Martire, Giovanni Petrone, il sindaco di Castellammare di Stabia Luigi Vicinanza e Antonella Morea.
In chiusura Benedetta Buccellato, che ha raccontato come proprio lei chiese nel 1986 ad Annibale Ruccello di scrivere un monologo ispirato a un fatto di cronaca apparso su tutti i giornali: un ragazzo giapponese a Parigi, aveva invitato a cena una ragazza di cui era innamorato e, in seguito al suo rifiuto, l’aveva uccisa e ne mangiato il cuore strappatole dal petto.
Ha ricordato quanto fosse divertente lavorare con Ruccello, che prima delle vacanze le consegnò il monologo scritto a macchina e di come entrambi abbiano lavorato a quella messa in scena che lui non ebbe mai avuto modo di vedere.
Dal 15 al 17 Benedetta Buccellato ha rivestito nuovamente i panni di Anna, la protagonista della storia, proprio per rendere omaggio all’amico e mantenere viva la sua opera che ha bisogno di essere diffusa, domandandosi cosa sarebbe stato capace di regalarci ancora, se non fosse stato strappato così repentinamente alla vita.
Grande la forza emotiva e la capacità della Buccellato di rendere le sfaccettature della psiche femminile, come tratteggiate in maniera puntuale nel testo.
E si è avuta l’impressione che recitasse per Annibale e che cercasse il suo sguardo davanti a sé, in mezzo al pubblico, come se ne avvertisse la presenza ad ogni parola, ad ogni gesto con lui condiviso 40 anni prima.
Conferma ne è stata la malcelata commozione nei suoi bellissimi occhi vivi e trasparenti, che si sono velati di malinconia quando alla fine i meritatissimi applausi del pubblico per la sua interpretazione li ha dedicati a lui.

Crediti foto: Pino Miraglia.

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