Roma. È ormai una tradizione per l’Odin Teatret tornare a Roma al Teatro Vascello per i suoi anniversari. Nel 2014 il Teatro Vascello e l’Auditorium Parco della Musica invitarono “La vita cronica” per festeggiare i 50 anni del teatro danese di Eugenio Barba. Ora, dal 13 al 24 febbraio, l’Odin Teatret torna al Teatro Vascello con “L’albero”, la sua creazione più recente per celebrare i suoi 55 anni. Molte attività accompagnano lo spettacolo, frutto di collaborazioni con teatri, fra cui Abraxa Teatro, l’Università la Sapienza e di Roma Tre, Teatro di Roma, Biblioteche di Roma, la Libreria del Palazzo delle Esposizioni.
Ritornare nelle stesse città ha sempre fatto parte delle scelte dell’Odin Teatret. Significa rincontrare gli spettatori che hanno conosciuto il gruppo fin dai primi anni ed entrare in contatto e dialogare con nuove generazioni. Da qui le numerose collaborazioni che a Roma permettono di realizzare un folto programma di seminari, dimostrazioni di lavoro, mostre, installazioni, film, masterclass, conferenze, oltre allo spettacolo.
La permanenza ha come titolo 55 anni dell’Odin Teatret – Lo spirito del laboratorio. Laboratorio è inteso come un ambiente sviluppato negli anni in modo pragmatico e abbarbicato a una sua visione di teatro, risolvendo costrizioni e affrontando i compiti che permettono agli attori di diverse nazionalità dell’Odin di incontrare i propri spettatori in diverse parti del mondo. In questo ambiente, il teatro non si presenta solo come spettacolo in un edificio tradizionale ma si manifesta come ricerca, pedagogia, incentivo culturale, creazione di reti ed eventi per luoghi specifici. Diventa un catalizzatore che coinvolge diverse espressioni artistiche, immagini, corpi, musiche e canti come mezzo per uno scambio di contatti, relazioni e manifestazioni.
In questo ambiente è cresciuto “L’albero”, lo spettacolo con la regia di Eugenio Barba, gli attori storici dell’Odin Teatret e due artisti asiatici, collaboratori dell’ISTA – International School of Theatre Anthropology. Terza parte della “trilogia degli innocenti”, fatti storici dell’attualità si intrecciano a situazioni fittizie in una confluenza di lingue e canti che, intorno a un albero morto, evocano guerre ma anche immagini ancestrali di vita. Scene di fede e speranza additano alla natura come elemento rigeneratore di futuro in una panorama che sembra racchiudere solo distruzione.