Ostia Antica. L’Area Archeologica di Ostia Antica è stata recentemente insignita del Marchio del Patrimonio Europeo, assegnato dalla Commissione Europea – Direzione Generale Istruzione e Cultura. Nella pagina web dell’iniziativa si legge: “il valore europeo di Ostia Antica è nella multiculturalità che l’ha sempre caratterizzata, visibile ancora oggi nei suoi monumenti. Emblematici sono i mosaici pavimentali del Piazzale delle Corporazioni, nei quali si leggono i nomi delle genti provenienti dai principali porti delle attuali Francia e Spagna, e dell’Africa mediterranea, che ad Ostia avevano propri uffici e sedi corporative. Ostia, inoltre, è stato il luogo attraverso il quale sono penetrati a Roma culti provenienti dal Mediterraneo Orientale, tanto che vi si conserva la più antica sinagoga ebraica al di fuori dall’antica Palestina”. Abbiamo incontrato il nuovo Direttore del Parco Archeologico, il dottor Alessandro D’Alessio, che ci ha illustrato le specificità del sito, le problematiche connesse alla gestione di un patrimonio di tale rilievo e le prospettive di sviluppo per l’immediato futuro.
Direttore, lei è entrato in servizio lo scorso novembre, dopo varie esperienze alla direzione di altri importanti siti archeologici, da ultimo la Domus Aurea, nel cuore di Roma. Ci può illustrare quali sono le peculiarità del Parco Archeologico di Ostia Antica che lo rendono così importante?
In primo luogo, occorre evidenziare che l’impianto urbano di Ostia attualmente visibile – fatto di strade, piazze, edifici pubblici e privati relativamente ben conservati – costituisce uno dei rari casi in cui è possibile osservare l’evoluzione di una città romana in un arco di tempo quasi millenario che va dal IV secolo a.C. (data della fondazione della colonia marina in epoca repubblicana) fino al V-VI secolo d.C. Conseguentemente Ostia ci offre una testimonianza di tutta l’età romana antica e ciò costituisce un patrimonio di conoscenze inestimabile. In secondo luogo, Ostia riveste una particolare importanza storica legata al ruolo che ha svolto nella storia romana. Sin dal momento della fondazione, Ostia è stato un importante punto di approdo fluviale proprio grazie alla vicinanza con la città di Roma. Successivamente, con la costruzione dei porti imperiali di Claudio e di Traiano, è diventato il più grande scalo marittimo dell’antichità, assimilabile, volendo fare un parallelismo con i nostri giorni, agli odierni porti di Shangai ed Hong Kong. Ci troviamo, pertanto, di fronte ad un vero e proprio crocevia, nel quale transitavano non solo merci, ma genti, idee, culture e religioni provenienti da ogni parte dell’Impero. Proprio queste caratteristiche di apertura verso l’esterno e di multiculturalità, le cui tracce sono immediatamente riscontrabili nei reperti, sono state determinanti per l’attribuzione del Marchio del Patrimonio Europeo.
Restando sull’argomento del Marchio del Patrimonio Europeo, che prospettive si aprono per Ostia con tale riconoscimento?
Lo scorso 14 maggio abbiamo svelato la targa che la Commissione Europea ha voluto assegnare ad Ostia (primo sito archeologico in Italia a riceverla) proprio in ragione dei valori di integrazione culturale, etnica, linguistica e religiosa che l’hanno storicamente caratterizzata e dei quali parlavo poc’anzi. Questo ci deve stimolare a guardare al futuro con lo scopo di una sempre maggiore apertura del sito, cercando di attrarre un numero crescente di visitatori. Ostia Antica, nel periodo pre-Covid, si era attestata su una media di circa 300.000 presenze annue, un numero che io ritengo estremamente basso. Data l’importanza del patrimonio presente, sarebbe legittimo puntare almeno a raddoppiare quel numero. Non si deve dimenticare che il Parco Archeologico non è formato soltanto dall’area degli scavi di Ostia Antica ma si sviluppa su un vasto territorio costellato di numerosi siti che, purtroppo – a causa di carenze, sia a livello economico, sia nell’organico del personale addetto all’accoglienza ed alla vigilanza – non possono essere aperti al pubblico. Il mio impegno personale è diretto a creare le condizioni di una sempre maggiore fruibilità da parte del pubblico.
In quest’ottica, il Castello di Giulio II (che, pur non risalendo all’epoca romana, rientra nella competenza del Parco Archeologico, n.d.r.) sarà nuovamente aperto ai visitatori?
Nella mia visione il Castello dovrà tornare a vivere, anche per restituire centralità al vicino Borgo. Abbiamo un progetto di restauro e consolidamento, finalizzato a trasferire, auspicabilmente entro la fine del 2022, la sede istituzionale e di rappresentanza del Parco proprio all’interno del Castello.
Ritiene che il riconoscimento appena ottenuto in sede europea possa costituire il viatico per l’inclusione, di cui si parla da molti anni, di Ostia Antica nel Patrimonio dell’Umanità Unesco?
La tematica del riconoscimento di Ostia come patrimonio Unesco è assai articolata. C’è da dire, innanzitutto, che la procedura è molto complessa in quanto, oltre alla realtà archeologica, vengono approfonditamente valutati anche altri aspetti accessori quali i collegamenti, la capacità ricettiva dell’indotto, ecc. Da questo punto di vista Ostia presenta delle criticità, specialmente per quanto riguarda i trasporti pubblici. Inoltre, l’Italia conta già numerosi siti Unesco e ciò può costituire, almeno nell’immediato, un ostacolo ad ulteriori designazioni nel nostro Paese. Infine, l’Unesco sembrerebbe attualmente più concentrato sul patrimonio immateriale e sulla costruzione di reti tra una pluralità di siti aventi caratteristiche comuni. In quest’ottica, ritengo che possa essere maggiormente perseguibile il riconoscimento come Patrimonio Unesco di una rete – quale potrebbe essere, ad esempio, la rete dei principali porti antichi o quella, che già forma oggetto di dibattito, della “Rotta di Enea” – all’interno della quale Ostia Antica potrebbe figurare accanto ad altri importanti siti che affacciano sul Mediterraneo, sia in Europa che in nord Africa. Ecco che si torna, ancora una volta, a parlare dell’incontro e del dialogo costruttivo tra popoli e culture diverse.
La normativa vigente riconosce al Parco un discreto margine di autonomia nella gestione patrimoniale. Come si trova a dover svolgere un ruolo “manageriale” così lontano dalla formazione umanistica che è caratteristica dell’archeologo? Che tipo di azioni cercate di condurre al fine di integrare i fondi assegnati dal MiC?
Certamente nel corso degli anni mi sono trovato ad acquisire sul campo delle competenze in materia di pianificazione e gestione economica del tutto estranee al mio percorso di studi. A tale riguardo, è importante sottolineare che non è sufficiente reperire i fondi necessari, bisogna anche essere in grado di spenderli in maniera rapida e funzionale al raggiungimento degli scopi prefissati, sempre nel rispetto della massima legalità e trasparenza. Per far questo vi è la necessità di un’adeguata dotazione di personale amministrativo; purtroppo, anche in questo ambito soffriamo le medesime carenze riscontrate per il personale di custodia. Nei limiti del possibile ho ripotenziato l’ufficio preposto al fundraising, che si occupa, tra l’altro, dell’Art bonus e della partecipazione a bandi nazionali ed europei. In questa attività il personale interno viene coadiuvato da società esterne specializzate nel settore e spero che presto si possano raccogliere i frutti del lavoro che abbiamo avviato.
Gli scavi di Ostia Antica hanno un consolidato rapporto con il mondo dello spettacolo avendo ospitato, nel corso degli anni, importanti manifestazioni teatrali ed eventi musicali. Non sempre, però, questo aspetto è stato adeguatamente valorizzato. Qual è la sua posizione in ordine a questa tematica?
Sono fermamente convinto (e questa, d’altronde, è anche la linea seguita attualmente dal Ministero) che si debbano superare certe rigidità del passato. I grandi spazi a disposizione, non solo nell’area archeologica di Ostia Antica, devono senz’altro essere utilizzati per eventi culturali ed artistici, l’importante è che questo tipo di “contaminazioni” portino un valore aggiunto. È quindi fondamentale che gli eventi proposti – concerti, pièce teatrali o manifestazioni culturali di altro genere – siano sempre di alta qualità. Si può realizzare qualunque progetto, purché vengano rispettate tre condizioni irrinunciabili: alta qualità della proposta, garanzia dell’integrità del patrimonio e sicurezza delle persone. Per l’estate, non solo siamo intenzionati a riproporre la stagione teatrale nel teatro all’interno degli scavi, ma stiamo pensando anche ad alcune iniziative che si svolgeranno al Porto di Traiano ed al Castello di Giulio II.
Per chiudere il nostro dialogo, c’è un aspetto della vita del Parco Archeologico al quale lei tiene in modo particolare e sul quale ritiene che si dovrebbe prestare maggiore attenzione?
In questo, come in molti altri campi, ritengo che sia fondamentale la ricerca. Fino ad ora abbiamo parlato di fruizione, comunicazione e valorizzazione del patrimonio ma queste non possono esistere senza tutela (vale a dire conservazione del patrimonio), d’altro canto non può esservi una efficace azione di tutela se alla base non vi è conoscenza del patrimonio stesso. Tale conoscenza può essere acquisita soltanto mediante la ricerca. Ostia ha una tradizione più che centenaria di ricerca svolta da archeologi sia italiani che stranieri ed è necessario trovare le modalità ed i fondi per incentivare questo tipo di attività.