Milano. Che cosa resta della Rivoluzione francese? Dal 25 al 29 ottobre, al Teatro Studio Melato, la risposta di Frosini/Timpano arriva con “Ottantanove”, lavoro vincitore del Premio Ubu 2022 come Miglior nuovo testo italiano: «Scaviamo nella Storia perché è attraverso i materiali che l’hanno costruita, e il modo in cui è stata manipolata, che si forma il nostro pensiero.» 1789: la Rivoluzione esplode in Francia, dilaga in tutta Europa e segna indelebilmente il mondo in cui tuttora viviamo. Ma che cosa ne rimane oggi, a 230 anni di distanza? Elvira Frosini e Daniele Timpano, affiancati in scena da Marco Cavalcoli, con la loro scrittura affilata e spietatamente ironica, scandagliano l’apparato culturale occidentale, per arrivare a smascherare tutte le sue retoriche e i suoi miti fondativi. Passato e presente, storia francese e storia italiana, modernità e postmodernità si sovrappongono in questo lavoro vincitore della Menzione Speciale “Franco Quadri” nell’ambito del Premio Riccione 2019 e del Premio Ubu 2022 come Miglior nuovo testo italiano, all’interno di un percorso volto a mettere in crisi le nostre vite “democratiche” e l’immaginario legato al concetto di rivoluzione. Sarebbe ancora possibile, oggi, una rivoluzione? E in che modo? «Ottantanove non vuole raccontare una storia, o la Storia, ma immergersi in un mito fondativo, nei materiali culturali che lo hanno prodotto e che questo ha prodotto a sua volta – spiegano Frosini/Timpano –. Il nostro è uno sguardo da italiani, da cuginetti d’oltralpe, lo sguardo dei parenti poveri, meno evoluti, da liberare e civilizzare. La Rivoluzione francese non l’abbiamo fatta noi. Anzi. L’abbiamo in parte subita. Ma il nostro è anche uno sguardo da europei occidentali, perché, nonostante tutto, siamo gli eredi della Rivoluzione. Le nostre democrazie, l’Europa di oggi, tutto il mondo in cui viviamo è stato fondato allora».