Napoli. Intervistiamo Pasquale Catalano, compositore napoletano, classe 1966, più volte candidato ai David di Donatello e vincitore dei Nastri d’Argento 2020 e 2022 rispettivamente per la miglior colonna sonora con il film “La dea fortuna” di Ferzan Özpetek e per il miglior cortometraggio di animazione “Dreamland” di Gianluigi Toccafondo. Oltre a questo, ha collaborato con grandi registi quali, ad esempio, Antonio Capuano (per il film “La guerra di Mario”) e Paolo Sorrentino (per i film “L’uomo in più” e “Le conseguenze dell’amore”).
Maestro, come si è avvicinato al mondo della composizione?
Ho iniziato a studiare chitarra in età adolescenziale, quindi tardi e, solo successivamente, ho approfondito lo studio del violino. Provengo da una famiglia che lavorava nel mondo dello spettacolo: infatti, mio padre è stato parrucchiere per la RAI e per il teatro. Poi, a 19 anni, ho realizzato la mia prima opera, anche se solo dall’età di vent’anni ho cominciato a studiare composizione, non intraprendendo però un percorso istituzionale. In seguito, ho collaborato con la Compagnia della Fortezza di Armando Punzo, a Volterra, senza mai trasferirmi stabilmente in Toscana.
E, nello specifico, quando ha iniziato ad occuparsi di composizione per il cinema?
In effetti, il cinema è una passione adolescenziale, periodo in cui la nostra generazione andava ad assistere alla proiezione dei cosiddetti film di repertorio. Con il lungometraggio “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick ho compreso che il cinema non rappresenta solo il racconto di una storia. In verità, inizialmente il lavoro teatrale “Occhi gettati” di Enzo Moscato ha segnato il punto di partenza per comporre musica per il teatro. Poi, negli anni ‘90, “Libera” di Pappi Corsicato è stata la mia prima opera per il cinema.
Passando alle sue collaborazioni, lei ha lavorato con tanti registi e, tra gli altri, con Paolo Sorrentino: com’è stato lavorare con il Premio Oscar?
Con Paolo siamo amici da tempo e cinefili. Frequentavamo un cineclub napoletano in via Caldieri che teneva anche dei laboratori. Questo contesto è stato il punto di partenza per molti di noi: da Paolo a Ivan Cotroneo passando per lo stesso Pappi Corsicato. Io ho fatto un po’ da trait d’union tra la prima new wave napoletana, di cui ha fatto parte, ad esempio, Antonio Capuano e la seconda. Devo dire che sono stati anni di cinefilia assoluta.
Uno dei suoi brani più noti è il tema principale de “Le conseguenze dell’amore”. Ci può raccontare com’è nato?
Di questo brano esistono due versioni: la prima, è uno staccato in cui ho voluto dare un tono quasi vivaldiano. La seconda, quella più famosa che accompagna il piano sequenza, è figlia di una scelta molto consapevole, fatta prima del film. In effetti, si è trattato di uno di quei rari casi in cui il piano sequenza è stato costruito sulla musica, ovvero in base ad un metodo di lavoro che consente di esaltare massimamente la composizione. In fin dei conti, sono un minimalista figlio de “I misteri del giardino di Compton House” ed in un certo senso ho voluto richiamare queste sonorità dando loro allo stesso tempo una veste italiana. Voglio aggiungere, inoltre, che “Le conseguenza dell’amore” è un pezzo che, negli anni, tantissimi artisti mi hanno chiesto di eseguire dal vivo. Tuttavia, non l’ho mai permesso perché credo che un’esecuzione sinfonica non sarebbe adeguata ad un tema concepito solo per essere registrato. È infatti molto complesso: basti pensare, ad esempio, che ha sette sezioni di violini e quattro di violoncelli. In sostanza, è frutto di un nuovo modo di scrivere musica per il cinema, ovvero secondo una logica in virtù della quale il brano, una volta completato, sarà inciso.
Per quanto riguarda invece i suoi lavori più recenti, ha realizzato la colonna sonora per la serie tv “Le fate ignoranti” disponibile sulla piattaforma Disney Plus, ultima in ordine di tempo di diverse collaborazioni con Özpetek. Com’è stato comporre per questa serie?
È un lavoro che adoro profondamente. Purtroppo non avrà il cosiddetto sfruttamento secondario perché non è prevista la pubblicazione ad hoc della colonna sonora. Devo ammettere che ho avuto una libertà creativa rara per un’opera televisiva, forse simile solo a quella raggiunta con “Romanzo criminale – la serie”. Ho mescolato le mie idee con alcune opere del passato ed è stata una linea artistica che è andata avanti in modo molto fluido. Si tratta di un esperimento che già avevo fatto con Özpetek, unendo alcune mie frasi musicali con passaggi de “La Traviata”, ad esempio. Non sono un melomane ma amo l’opera lirica. Inoltre, per questa serie, ho lavorato molto sulla vocalità femminile: ad esempio, ho accostato un soprano ad una voce etnica, nello specifico di origini turco-napoletane.
Naturalmente, ho voluto anche omaggiare Andrea Guerra, con chiari riferimenti alla sua colonna sonora del film.
Per concludere, quali sono i suoi prossimi progetti? Ha mai pensato di portare il suo lavoro dal vivo?
In verità, non sono interessato all’esecuzione dal vivo. Faccio parte del Consiglio Direttivo dell’Associazione Compositori Musica per Film (ACMF) che ancora ha quale Presidente Onorario Ennio Morricone. A mio avviso, è una bella comunità fatta da chi si occupa di musica per immagini e, negli ultimi anni, sono stati organizzati due grandi concerti all’Auditorium della Musica di Roma e al Teatro Regio di Torino in cui sono state eseguite le più celebri colonne sonore da noi arrangiate e rielaborate.
Quanto ai miei futuri progetti, sto collaborando con l’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma e ad uno spettacolo dedicato a Pier Paolo Pasolini che si terrà al Teatro Mercadante di Napoli.
Voglio dire una cosa: dalla mia esperienza in contatto coi giovani, noto che le nuove generazioni sono sempre più brave e motivate. In Italia, purtroppo, assistiamo ad un paradosso: da un lato, diplomiamo musicisti bravissimi che però per lavorare sono costretti a trasferirsi all’estero anche per mancanza del giusto supporto statale; dall’altro, non sono istituite grandi orchestre per registrare e, normalmente, i compositori italiani devono andare in studi che si trovano in città come Sofia e Praga o in Macedonia. Ad esempio, due su cinque dei candidati agli ultimi David di Donatello hanno registrato all’estero le loro composizioni per i film. Infatti, non disponiamo di uno spazio di registrazione così grande da ospitare ad esempio settanta elementi. Ritengo che il cinema italiano abbia la capacità di sostenere un’orchestra anche perché all’estero il nostro Paese ha ancora un’importante reputazione. In definitiva credo che ci siano le condizioni per progettare l’istituzione di almeno una grande sala d’incisione, allontanandoci così dalle dinamiche dei piccoli appalti di alcune grandi aziende radiotelevisive italiane.