Martina Franca. Quinta edizione di “Piano Lab”, la festa della città dedicata al pianoforte, con concerti da giugno ad agosto, ormai diffusa su tutto il territorio pugliese ed arrivata fino a Matera. Durante “Suona con noi”, la due giorni centrale della manifestazione in cui le vie del centro storico si animano di pianisti professionisti ed amatoriali, il direttore artistico del Festival, il Maestro Luca Ciammarughi, pianista, scrittore e conduttore radiofonico, mi ha rilasciato una generosa intervista.
Come e quando nasce la collaborazione con “Piano Lab” in veste di direttore artistico?
Sono al terzo anno di “Piano Lab”. Ho preso parte ai primi due in veste di artista con alcuni talk e lezioni concerto. Poi, nella primavera 2021 sono stato contattato da Giovanni Marangi, ideatore del festival che ha voluto affidarmi la direzione artistica per l’edizione di quest’anno: credo che il mio spirito divulgativo sia in linea con quello della festa del piano. La filosofia della rassegna è appunto quella di portare il pianoforte fuori dai “sentieri” tradizionali. La musica è, infatti, eseguita nei chiostri, nelle chiese, nelle piazze, nei cortili, insomma lontano dalle classiche sale da concerto: l’intento è quello di far arrivare la musica ad un pubblico eterogeneo, fatto non solo di addetti ai lavori, utilizzando un linguaggio aperto.
Qual è lo spirito di “Piano Lab” ed in particolare lo spirito di quest’edizione?
Essenzialmente “Piano Lab” cerca di superare la competitività del mondo pianistico. Il limite di molte eccellenze artistiche italiane è proprio la rivalità.
Qui, invece, non evidenziamo pianisti di serie A e di serie B; invitiamo, infatti, chi capisce e condivide il nostro spirito. La festa del pianoforte vuole avvicinare il pubblico allo strumento in modo spontaneo e non sacerdotale.
C’è uno spirito un po’ bohémienne, quasi avventuroso: ad esempio, siamo stati costretti a cambiare una location un giorno prima del concerto a causa di un imprevisto che impediva l’accesso al pubblico.
Qual è la differenza con un’altra rassegna dedicata al pianoforte, come “Pianocity”?
“Piano Lab” è una festa, “Pianocity” un festival. Quest’anno abbiamo avuto circa trecento pianisti e non facciamo selezione: hanno suonato tutti a prescindere dal livello tecnico proprio per dare seguito all’idea di una musica diffusa.
Sei un artista a tutto tondo: diplomato al Conservatorio “G. Verdi” di Milano, hai realizzato cd e scritto libri. Quest’ampia esperienza quanto ha aiutato nella direzione artistica?
Credo che sia importante evitare l’alta specializzazione della seconda metà del Novecento, epoca in cui si è arrivati ad un livello di perfezione fin troppo elevato. Intendo dire che ci sono artisti le cui opere non possono essere ripetute: ad esempio, in materia pianistica si pensi alle interpretazioni di Arturo Benedetti Michelangeli.
Oggi viviamo in un’epoca che si avvicina al Rinascimento e pertanto ritengo che rinunciare ad un po’ di perfezione permetta di usare un linguaggio proprio del nostro tempo, trasmettendo così un messaggio contemporaneo.
Infatti, abbiamo organizzato qui a “Piano Lab” un talk sull’evoluzione dell’abito del concertista dal Settecento ad oggi. È importante riflettere sul rapporto tra pianoforte e società: ad esempio, nell’Ottocento suonare il piano faceva parte della dote mentre nel Novecento il mondo pianistico si è chiuso, si è persa la cultura diffusa dello strumento. Ecco, “Piano Lab” è anche un laboratorio per meditare su come la musica si intrecci con la società.
Quali sono state le difficoltà organizzative di quest’anno considerate anche le misure per contingentare la pandemia?
Non è stato facile. Ho controllato personalmente uno ad uno i programmi affinché fosse garantito il rispetto delle norme sanitarie. Inoltre, ho cercato di distribuire le location in modo da valorizzare ciascun pianista ed in particolare i professionisti.
Poi ci sono altre difficoltà, ad esempio di carattere amministrativo: per suonare nella Riserva Naturale di Torre Guaceto occorrono autorizzazioni speciali al fine di garantire la tutela della fauna locale.
La kermesse si è svolta nel primo weekend in cui era necessario il green pass, anche per accedere ai concerti all’aperto: ho notato che molte persone preferivano ascoltare anche solo di passaggio senza prendere posto a sedere, seppure munite del green pass. Quanto ha inciso questa novità?
A mio avviso molto, il green pass ha frenato un po’ il pubblico. È una pratica burocratica che costituisce un ostacolo psicologico: le persone sono in vacanza e dopo questo periodo molto difficile non vogliono pensare al green pass e alla pandemia, si vogliono solo rilassare.
“Piano Lab” è una manifestazione aperta ed inclusiva che abbraccia diversi generi musicali: cosa pensi della musica cosiddetta contemporanea?
La musica d’avanguardia ha negato troppo a lungo il piacere. Conclusi gli studi al Conservatorio mi sono avvicinato a questo genere per poi allontanarmi: si fonda sull’ “antiedonismo”, su un’eccessiva tecnica. Si tratta di una musica che diventa quasi fredda matematica.
Dall’altro lato ci sono autori come Nino Rota che hanno composto opere che arrivano al pubblico in modo immediato e allo stesso tempo sono raffinate. Oggi c’è una profonda esigenza di ritornare alla musica come momento di piacere. La musica contemporanea dovrebbe essere (e talvolta lo è) profonda, intelligente, dovrebbe recuperare l’“eros”. Si pensi ad artisti come Einaudi o Glass: sono essenziali e profondi. Il minimalismo è servito per tornare alla semplicità. Occorrerebbe proprio unire le due anime della musica contemporanea: non bisogna trovare un punto intermedio ma raggiungere un’unione tra i due opposti.
Cosa vuole fare “Piano Lab” da grande?
In verità già quest’anno c’è stata un’importante novità: è stata data la possibilità ad alcuni pianisti di esibirsi accompagnati dall’Orchestra Sinfonica “Galilei” della Scuola di Musica di Fiesole diretta da Danila Grassi.
Poi, abbiamo realizzato una costellazione di eventi da giugno ad agosto e sono culminati con “Suona con noi” il 7 e l’8 agosto. In futuro mi piacerebbe creare dei percorsi tematici aventi come filo conduttore il rapporto tra musica e società.
“Piano Lab” deve andare avanti ed ha bisogno del suo direttore artistico. Saluto Luca Ciammarughi ringraziandolo per i tanti spunti di riflessione offerti.