Roma. Dal 2017 La Nuvola, Centro Congressi della Capitale situato nel quartiere EUR, ospita “Più Libri Più Liberi”, la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria. Nata nel 2002 da un’idea del Gruppo Piccoli Editori dell’AIE (Associazione Italiana Editori), si tratta della prima fiera italiana dedicata all’editoria indipendente con l’obiettivo di dare spazio alle imprese più piccole del settore, spesso oscurate da quelle di grandi dimensioni.
Ogni anno la manifestazione ospita circa 500 editori provenienti da tutto il territorio nazionale con i propri cataloghi e le novità ed offre al pubblico un vasto programma culturale con reading, performance, incontri con gli autori, dibattiti.
Annullata nel 2020 a causa della pandemia, quest’anno la fiera ha accolto di nuovo, dal 4 all’8 dicembre, esperti del settore e operatori professionali del mondo editoriale italiano e internazionale, insieme ai numerosi appassionati di libri, ed ha visto la partecipazione di alcuni tra gli autori più importanti al mondo: a loro è stato chiesto di rivelare i libri più significativi delle loro vite, quelli che in qualche modo li hanno liberati, con un chiaro riferimento anche alla condizione di chiusura che abbiamo vissuto in questi ultimi anni. Il tema è stato, infatti, la libertà, un concetto cruciale per tutti, che la fiera contiene anche nella sua denominazione, e che può avere molteplici declinazioni: tra queste la libertà che i libri possono dare, la loro capacità di elevarci, come ben rappresentato nel manifesto di questa edizione, realizzato da Lorenzo Mattotti, che ha trasformato la nuvola in una mongolfiera con due lettori a bordo, evocando il potere della letteratura di portarci in volo.
Complice la ricorrenza dei venti anni dalla nascita o la gioia di tornare in presenza, la fiera è stata quest’anno più ricca del solito: innumerevoli gli appuntamenti con scrittori, giornalisti, artisti, attivisti, durante le cinque densissime giornate. L’8 dicembre, in particolare, c’è stato un evento che ha riguardato, a proposito di libertà, uno spirito libero e indipendente, un artista poliedrico e contro corrente. “L’eredità di un genio”, titolo dell’incontro, ha presentato, infatti, la pubblicazione dedicata all’Archivio Carmelo Bene con Luigi De Luca, direttore del Polo biblio-museale di Lecce, Goffredo Fofi, scrittore e giornalista, Salomè Bene, figlia ed erede di Carmelo Bene, Brizia Minerva, storica dell’arte del Polo biblio-museale di Lecce e Antonio Venti, esperto di restauro di materiali audio e video. L’Archivio Carmelo Bene nasce dalla volontà della Regione Puglia, della Provincia di Lecce e delle eredi, la moglie Raffaella Baracchi e la figlia Salomè Bene, in collaborazione con le soprintendenze, di riunire in un’unica sede l’immenso patrimonio materiale e immateriale dell’artista, frutto del suo lungo e inestimabile lavoro. Situato nel Polo biblio-museale di Lecce, negli spazi dell’ex Convitto Palmieri, dove tra l’altro Carmelo Bene aveva studiato, l’Archivio raccoglie l’eredità culturale del grande maestro, suddividendo un patrimonio estremamente complesso ed eterogeneo in tre nuclei fondamentali: il fondo librario, l’archivio personale e il fondo oggetti e materiali di scena.
Il fondo librario è costituito dagli oltre seimila volumi provenienti dalla biblioteca dell’artista e lascia immediatamente intuire la vastità dei suoi riferimenti culturali, letterari e artistici: Collodi, Shakespeare, Santa Teresa d’Avila, Dante, l’amato Joyce, per citare solo alcuni autori in quel mare di volumi che abbraccia ogni forma di sapere e che consente di addentrarsi nella conoscenza di un grande protagonista del Novecento. Brizia Minerva parla di una vera e propria mappa che chiarisce non solo quali erano le predilezioni di Carmelo Bene ma anche il rapporto profondo, il corpo a corpo che instaurava con i suoi autori preferiti, testimoniato da libri consunti, segnati, annotati.
L’archivio personale contiene materiale della sua filmografia e produzione teatrale, con manoscritti, dattiloscritti, copioni, agende, documenti, foto di scena, audio, video, registrazioni, dischi e rappresenta davvero il suo lavoro più vivo e pulsante.
Infine, il fondo oggetti e materiali di scena è formato da costumi teatrali di alcuni significativi spettacoli degli anni Settanta-Novanta, accessori di scena, arredi e oggetti appartenuti all’artista nella sua casa romana.
Questo progetto ambizioso e organico racconta, quindi, Carmelo Bene in tutte le sue sfaccettature in luogo pieno di tesori che in qualche modo consente al maestro di continuare a parlarci e di farlo dalla sua terra di origine, dalla Puglia e da quella Lecce barocca che molto ha influenzato le sue visioni. Un luogo, soprattutto, pubblico, fruibile agli studiosi e a tutti i cittadini per continuare a vivere la sua arte, studiarla e approfondirla o anche conoscerla per la prima volta, come ha sottolineato sua figlia, manifestando la volontà di rivolgersi ai giovani in modo particolare e di collaborare con artisti e intellettuali di diversa provenienza.
Lo spazio mira, quindi, a innescare riflessioni sull’eredità di un genio e a farne altresì un laboratorio per nuove idee, aperto al confronto, alla ricerca e all’innovazione, un luogo di creazione continua, come era nello spirito del maestro. L’augurio, a questo punto, è che possa produrre, per far sopravvivere davvero la sua lezione, un’arte libera da ogni condizionamento.