Roma. Si è chiusa domenica 10 dicembre “Più libri più liberi”, la fiera dedicata alla Piccola e Media Editoria, promossa e organizzata dall’Associazione Italiana Editori (AIE) che, come ogni anno, si svolge nello scenografico edificio de La Nuvola dell’Eur. Cinque giorni dove scoprire le novità e i cataloghi, più di 600 appuntamenti in cui ascoltare autori, assistere a letture, dibattiti e incontrare gli operatori professionali. “Nomi Cose Città Animali” il tema di questa edizione, dal titolo di un famoso gioco per bambini: “Come nel gioco – si leggeva nel comunicato stampa – ogni autore potrà comporre la propria categoria lessicale, perché giocando si comprenda che per essere liberi in una comunità è necessario stabilire, e cambiare quando serve, alcune regole”. E proprio come un gioco si preannunciava l’evento “Utopia”, che si è tenuto sabato 9 dicembre nella Sala Elettra, in cui provare a scoprire il collegamento tra la parola del titolo con la lingua, la letteratura, la Brexit e gli psichedelici. La linguista Vera Gheno per “La Lingua come utopia”, lo scrittore Vanni Santoni per “Gli psichedelici come utopia” e la scrittrice Cristina Marconi per “La Brexit come utopia” sono stati i giocatori dell’incontro mentre non è potuta intervenire la scrittrice e giornalista Loredana Lipperini per “La letteratura fantastica come utopia”. Partendo dal nome fittizio di un paese ideale coniato da Tommaso Moro nel suo famoso “Libellus”, presente in una vivace edizione argentata e rossa della casa editrice Timeo, i tre relatori si sono confrontati parlando, ciascuno nel proprio ambito, di Utopia, di immaginario e della loro possibilità di trovare riscontro nella realtà. Vera Gheno ha iniziato con una riflessione sul linguaggio, mettendo in risalto come, attraverso la lingua, si tenti di cambiare la realtà: in una cultura dove il maschile è sovraesteso e considerato il plurale, se chiamiamo le cose in maniera diversa cominciamo anche a vederle in maniera diversa e l’attenzione alla parola può servire per spianare la strada a una società più equa e consapevole. Il potere decide i nomi, definisce le cose, ed ecco allora che l’utopia è una lingua che lascia spazio alla parola, a chi ha subito una discriminazione, una lingua aperta che consente alle persone di sentirsi chiamate nel modo in cui si riconoscono. E, probabilmente, da una battaglia semantica nasce anche il “Rinascimento psichedelico” di cui ha parlato Vanni Santoni riferendosi alla riscoperta, nell’ambito della ricerca scientifica, delle potenziali applicazioni terapeutiche di alcune sostanze allucinogene. Catalogate tra le droghe illegali fin dalla loro comparsa, tali sostanze sono tornate, già da qualche anno, oggetto di nuove riflessioni, studi, ricerche scientifiche e in alcuni luoghi si assiste anche alla depenalizzazione dell’uso e del possesso di psichedelici. Associate spesso alla cultura hippie, le sostanze psichedeliche hanno rappresentato un mondo che ha avuto un notevole impatto sulla cultura, influenzando musica, cinema, letteratura, arte, un mondo fatto anche di esperienze spirituali, di forte connessione tra le persone e di una profonda coscienza collettiva che potremmo racchiudere nel famoso “Peace & Love”. Da qui il legame con l’utopia, là dove gli hippies, le visioni psichedeliche e la filosofia pacifista vagheggiavano un mondo migliore, promuovendo apertura, tolleranza, amore e libertà. Di Brexit, infine, quale esempio di utopia per una Gran Bretagna più indipendente, potente e prestigiosa, ha parlato Cristina Marconi, sottolineando che quelli che l’hanno votata ora non ci sono più mentre i giovani, che non la volevano, subiscono le conseguenze di quell’immaginario utopico che si è realizzato. La funzione dell’utopia, infatti, non è tanto di imporsi e realizzarsi, con il rischio di divenire una realtà orribile, ma è forse proprio il suo non attuarsi e rimanere una tensione, dinamica e in perenne espansione, da cui trarre la spinta per provare a cambiare la realtà e immaginare altri mondi possibili. In fondo, con utopia si fa riferimento ad un luogo o una situazione che non esiste, ma che si sogna comunque.