Roma. Un femminismo “ragionato”, non ideologico e lontano dalle istanze più radicali, ma allo stesso tempo più profondo e universale: questo emerge dalla scrittura di Oriana Fallaci (1929-2006) secondo la giovane studiosa Giorgia Medici, autrice del saggio “Raccontare è testimoniare. Oriana Fallaci e la scrittura del dissenso” in uscita il 1° giugno per i tipi dell’editore Pagliai.
La grande giornalista e scrittrice fiorentina viene in contatto con le idee del movimento femminista in America già negli anni Sessanta, facendo propri il rifiuto di considerare la donna un oggetto sessuale o di riproduzione e la denuncia delle disparità di trattamento nel mondo economico e del lavoro.
“Questo emerge già ne “Il sesso inutile” – spiega Giorgia Medici – ma sebbene Oriana si mostri desiderosa di scrollarsi di dosso millenari stereotipi sessisti, ritiene anche che la cieca esaltazione delle prerogative muliebri debba essere sostituita da una più cauta promozione dell’uguaglianza fra individui. Sa bene che il conflitto, di qualsiasi genere esso sia, conduce inevitabilmente alla miseria”.
Le tesi sono riprese poi in “Lettera a un bambino mai nato” (1975), toccante racconto di matrice autobiografica sul tema della maternità, dove la protagonista ha a che fare con un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini (“la loro dittatura è così antica che si estende perfino al linguaggio”), ma la lotta di genere lascia spazio alla disarmante evidenza del dolore.
Nel saggio, che ha come tema centrale proprio il ruolo della donna della società, la produzione letteraria di Oriana assume i contorni di una ampia e acuta riflessione sulla condizione femminile, da cui emerge con forza una speranza: quella di una società composta da individui, non da donne che combattono gli uomini o da uomini che ostacolano le donne.