Napoli. Il 31 ottobre il San Ferdinando di Napoli ha inaugurato la propria stagione teatrale con “Radio Argo Suite” di Igor Esposito in una splendida interpretazione di Peppino Mazzotta, che ne ha curato anche la regia, musiche originali di Massimo Cordovani, eseguite dal vivo con Mario Di Bonito, le repliche sono previste fino al 5 novembre.
La pièce è frutto di un lavoro comune sulla tragedia greca – in particolare sull’“Orestea” di Eschilo – che risale ormai a più di dieci anni fa, del poeta e drammaturgo napoletano Esposito e dell’attore Mazzotta, dal quale è derivato prima un testo e poi una messa in scena che gli è valsa la vittoria nel 2011 del Premio della Critica.
L’opera ha voluto ripercorrere i temi di quel mito, rispettandone sì le caratteristiche e linee narrative, in una chiave però contemporanea, mediante anche l’inserimento del pensiero dell’autore circa la guerra, la politica e la cultura, il tutto attraverso dialoghi originali, leggeri, con parole essenziali ma al contempo cariche di un grande forza espressiva.
L’opera è oggi riproposta in una versione nuova, sempre diretta e interpretata dallo strepitoso Peppino Mazzotta, che è riuscito a calamitare l’attenzione della sala per un’ora e venti attraverso una capacità di immedesimazione nei personaggi della tragedia greca, sì da ottenere una coralità di voci e, quindi, sentimenti, espressioni, caratteri, pur essendo lui l’unico interprete e in un caso anche eseguendo un dialogo tra Clitennestra ed Egisto, essendo la partitura nata per un attore solo.
Tutto questo lo ha realizzato avanzando nel proscenio illuminato, da un palco completamento buio, per dare voce a turno ai singoli personaggi, perché ciascuno raccontasse la propria storia, secondo il proprio personale punto di vista, partendo da Ifigenia.
L’ellissi temporale l’ha risolta mediante la voce dello speaker radiofonico, sempre quella di Mazzotta, di questa Radio Argo che ha sostituito il coro greco.
Cambio di registro si è avuto nella fase finale quando Oreste ha già ucciso la madre Clitennestra per vendicare il padre Agamennone e, rivolgendosi alle guardie nascoste per timore di un suo gesto inconsulto, dichiara che lui andrà via, perché non vuole né il palazzo né il potere, non porterà nulla con sé, se non il ricordo della madre che lo supplicava di non ucciderla, perché lui “alla politica preferisce il rumore del mare”.
Un plauso ai musicisti, polistrumentisti che hanno contribuito a creare le atmosfere nelle quali i personaggi si sono alternati, rafforzandone la loro credibilità e mantenendo il ritmo della narrazione. Applausi meritatissimi di un pubblico che dopo un’ora e venti avrebbe detto: “Ancora, ancora!”.