Otranto. “Ablativo assoluto” è il titolo dell’ultima raccolta di versi di Roberto Carifi (Pistoia, 1948), poeta di lungo corso, critico letterario, traduttore e filosofo. Edito da AnimaMundi edizioni, consta di 70 brevi componimenti, essenziali, scarni, solenni. Liriche di puro ermetismo che donano presenza a quell’assenza greve e perenne che per Carifi, è canto costante e mai pago. La madre del poeta è musa continuamente evocata, alla quale l’autore fa ritorno sottraendo le leggi dello spazio e del tempo.
“Figura della nostalgia eletta a trascendenza” si legge nella lucidissima postfazione critica di Benedetta Silj che sospinge il lettore alla conoscenza dell’universo spezzato da una condizione incessabile. “Il compito della discendenza” è la dimensione filiale, abitata da assenza ed abbandono, condizione essenziale per dare continuità. Per poter essere eredi. Il filosofo Cacciari ha detto che “si fa erede soltanto chi si scopre abbandonato” e che per assurgere a questo stato mentale ed emotivo, “occorre attraversare tutto il lutto per la propria radicale mancanza”.
La parola come esperienza salvifica viene a dispiegarsi in queste pagine intrise di nostalgia e di attaccamento per la vita ma anche di congedo garbato e silenzioso dal proprio, amaro, teatro di vita. Quest’ultima intesa come fedelissimo atto di resistenza, vessato dalla dimensione irreversibile, quella della semi-immobilità alla quale Carifi, dal 2004, è costretto a vivere in seguito ad un ictus. Tutto rivive intorno alla figura materna, alla rivelazione epifanica della bellezza, al credo per un orizzonte ancora nuovo. Conscio della sua condizione, quasi fiero, scrive:
“andrò verso le nevi
dimenticando la morte”.
“Quest’inverno dell’obbedienza” che ci regala il poeta altro non è che un dono, estremo e labile alle soglie della vita che sempre appare miracolosa.
“Cenere, sangue
mi accompagnano alle falde del Tibet
qui i voli dei gabbiani sono i miei fratelli
dove c’è l’immensa preghiera
pronunciata da tutti”.
Roberto Carifi dà forma ai suoi sentimenti apparentemente fragili ed eterei che mostrano la forza dirompente della sua poetica votata al connubio spirituale della presenza-assenza. Un costrutto di senso aulico, monumentale e lapidario che costituisce senza dubbio il veicolo estatico per andare oltre le barriere fisiche e raggiungere una libertà totale.